Tacheles è l’edificio occupato più famosa di Berlino, una delle ultime testimonianze della Berlino degli anni ’90, degli edifici decadenti, delle case vuote che ospitavano feste, bar, associazioni culturali di tutti i tipi negli anni immediatamente dopo la caduta del muro.
Una ricchezza ormai da tempo definitivamente a seguito di un noto fenomeno dai risvolti purtroppo non sempre positivi, ben noto nelle grandi metropoli moderne e particolarmente attivo a Berlino, denominato Gentrification.
Di quella Berlino non resta quasi nulla. La situazione dell’edificio e delle numerose attività culturali è lunga ed intricata, la questione con la pubblica amministrazione ancora aperta e tutta da discutere (per chi desidera ulteriori dettagli sulla storia del luogo può consultare il sito ufficiale: www.tacheles.de ), tuttavia nelle ultime settimane sono intervenute nuove forze ed avvenimenti che in qualche modo ora coinvolgono direttamente lo stesso Alexander Rodin, già noto da anni per le sue posizioni dissidenti nei confronti del governo bielorusso ed in favore di una maggiore democrazia, facendone una vittima sacrificale e inerme che convinca definitivamente tutti coloro che animano l’attività dell’associazione a sgomberare definitivamente l’edificio perchè venga abbattuto.
Il fatto grave è che ad intervenire non sono state forze dell’ordine, magistrati e funzionari pubblici, ma poliziotti privati, avvocati e funzionari di banca: una iniziativa privata illegittima, volta non solo a minacciare, ma anche ad aggirare la decisione della politica e il benestare dei cittadini di un edificio privato su suolo pubblico.

In breve, i fatti avvenuti così come descritti anche sui numerosi blog presenti in rete e dedicati alla questione: martedì 3 gennaio 2012 ha avuto luogo un incontro (annunciato con molto poco preavvis0) in cui il Segretario alla Cultura della Città di Berlino, Dr. Andrè Schmitz dichiarava di voler discutere della kunsthaus e degli avvenimenti accaduti ad Alexander Rodin con i diretti rappresentanti del Tacheles:

Mercoledì 7 gennaio al mattino, trenta uomini vestiti di nero (presumibilmente di un corpo di sicurezza privato) si sono presentati al quinto piano, all’atelier di Rodin insieme ad un avvocato rappresentante dello Studio Legale Schwemer, Titz & Tötter, intimando all’artista sessantaquatrenne di lasciare immediatamente l’ambiente con tutti quanti i suoi averi e le sue opere in seguito ad una ingiunzione di sfratto immediato.

Attualmente le esposizioni sono sospese, le porte sigillate e sorvegliate, le serrature cambiate, ogni accesso negato. Nei giorni seguenti sembra addirittura che siano state danneggiate numerose tele e schizzi, l’intera carriera pluridecennale di proprietà dell’artista è sigillata tra quelle pareti.

Il tema della riunione del 03 gennaio 2012 ha riguardato quindi inevitabilmente, oltre la situazione generale del Tacheles, il sequestro dei dipinti di un artista quotato da parte dei curatori del fallimento – lo Studio Schwemer, Titz e Tötter -, di Anno August Jagdfeld/HSH Nordbank e presumibilmente anche di Harm Müller Spreer insieme all’avvocato Michael Schulz, tutte parti coinvolte nell’intricata vicenda immobiliare.

Conseguenza di questo incontro è stato l’intervento non troppo convinto del Senato per la Cultura di Berlino che, annunciando la richiesta di restituzione dei dipinti da parte dei legali, ha dato pieno appoggio e sostegno all’artista. In questo modo i quadri sarebbero potuti ritornare nella sala del teatro del Tacheles, al quarto piano dove Rodin si è per ora trasferito, per prevenire ulteriori danni.
Il Segretario ha mantenuto la sua parola e ha contattato i rappresentanti legali degli azionisti e della banca, ma questi ultimi continuano a trattenere i dipinti, senza fare nulla per conservarli o per proteggerli. La restituzione dei quadri, dichiarano gli avvocati, verrà presa in considerazione solo se questi “verranno trasferiti in un altro luogo, esterno al Tacheles e per nessuna ragione nella sala del teatro o in altri ambienti dell’edificio, che deve essere sgomberato una volta per tutte”.
L’artista deve essere sfrattato, i dipinti sequestrati messi in vendita: danni e minacce che vogliono costringere Rodin a lasciare il Tacheles e con lui gli altri artisti, le associazioni e gli esercizi commerciali.
Il Senato per la Cultura al momento tace ed ha completamente evitato di pubblicizzare troppo il caso, probabilmente perchè lo sgombro dell’immobile farebbe molto comodo, risolvendo una volta per tutte la questione della vendita e della gestione (costi di luce, gas, acqua ecc…). Comprensibile, senonchè in questo caso si tratta di un caso estremo e importante di violenza privata e azioni minatorie contro stato, arte e cultura e vorremmo non scoprire che la politica e l’amministrazione pubblica restano a guardare mentre vengono così apertamente sfidati in un braccio di ferro che mette questioni di potere e d’economia davanti alla democrazia e alla libertà dei cittadini, per di più in una questione ancora aperta e tutta da stabilire nelle dovute sedi di pertinenza. Questi signori dovrebbero aspettare il responso della giustizia e della legge.

Chi desidera informarsi sulla storia di questo luogo unico della capitale tedesca e sostenere la causa di questi artisti o semplicemente promuoverla e farla conoscere può informarsi presso gli indirizzi internet a fondo dell’articolo.
Aiutando l’artista bielorusso Alexander Rodin, si aiuta il Kunsthaus Tacheles. La possibile soluzione? Un decreto legge che stabilisca la nascita di una fondazione e legittimi una volta per tutte l’esistenza di una reltà che è entrata a far parte preponderante delle sorti della città e ospita milioni di cittadini tutto l’anno e porterebbe introiti alla cittadinanza intera. È una questione che riguarda la sopravvivenza della cultura, dell’arte in sé e del disprezzo che il potere mostra per la democrazia, nel cuore della nostra vecchia Europa, sempre più in difficoltà.

Approfondimenti:
Sito ufficiale
www.tacheles.de

Petizione internazionale
(con versione anche in italiano)

Su You tube e su FB:
http://www.youtube.com/watch?v=SsrpxsdGUzI
http://www.youtube.com/watch?v=LjorX5pYsIQ&feature=youtu.be
http://www.facebook.com/?ref=tn_tnmn#!/groups/159761680792554/?notif_t=group_activity

Creare un precedente che valga come esempio per situazioni analoghe sparse per l’Italia, trasformando in un museo dell’arte moderna e contemporanea una ex-caserma dismessa in abbandono: è questo il progetto ideato a Mantova per l’edificio che ospitava il convento cinquecentesco dei carmelitani, diventato poi caserma, in Largo XXIV maggio e portato avanti dall’associazione MAC (Mantova arte contemporanea) e dal suo presidente, l’architetto Eristeo Banali. L’edificio è chiuso dagli anni’80 e versa ormai in condizioni di degrado, il che rappresenta un vero spreco, considerato il valore artistico della struttura e la posizione strategica in cui si trova, a ridosso del tempio di San Sebastiano – a cui sino al 1925 era connesso – in un’area di pregio circoscritta tra la casa del Mantegna, palazzo Te e palazzo San Sebastiano. Alla denuncia dello stato di incuria quindi è seguita una petizione on-line promossa dall’Associazione MAC e dalla Gazzetta di Mantova per la realizzazione del museo all’interno dell’edificio monumentale abbandonato che si estende su tre livelli. Il progetto di recupero è stato delineato in un documento redatto dalla stessa Associazione ed inviato alle istituzioni, dove è prevista la creazione di un polo museale meridionale che comprenda il museo e tutti gli edifici di valore artistico adiacenti. “Il primo a promuovere l’idea del museo fu il critico d’arte mantovano Francesco Bartoli, che raccolse la provocazione del futurista Boccioni, il quale riscontrò la necessità di una galleria d’arte moderna già nel lontano 1916” racconta l’architetto Banali, che dell’associazione MAC è il fondatore e promotore. Della nascita a Mantova di un museo d’arte contemporanea, sino ad oggi assente e volto a valorizzare il patrimonio pubblico, si discuteva quindi sin dagli anni’80 nelle riunioni del comitato di gestione del Museo di Palazzo Te, presieduto all’epoca da Francesco Bartoli: nacque così “Il sogno di Bartoli”, a cui sono ispirati i principi dell’associazione. L’iter del progetto prevede due convegni, uno fissato per l’autunno del 2012 e il secondo per la primavera del 2013, che saranno due momenti di studio fondamentali per definire l’evoluzione del futuro spazio museale. Due tappe per riunire studiosi ed esperti che apportino il loro contributo su come ripensare globalmente l’intera area. “Che l’edificio abbia una destinazione culturale è stato stabilito dal piano regolatore in vigore e auspichiamo che questo venga confermato nel nuovo PRG” continua Banali. Una volta completati i lavori di ristrutturazione e allestimento delle sale museali, un ulteriore passo sarà quello di trasformare l’associazione MAC in una fondazione vera e propria, che non si occuperà da sola dell’area: l’obiettivo è quello di coinvolgere insieme al comitato scientifico, non solo il Comune e la Regione, ma anche lo Stato (proprietario del sito) come soggetto gestore e privati che ne finanzino la ristrutturazione, affinché l’iter della genesi di questo museo diventi un riferimento esemplare da replicare in altri siti, caserme o edifici dismessi dal demanio e intorno a cui è forte il rischio di speculazioni edilizie.

 

Approfondimenti:

Mantova Arte Contemporanea
http://www.mac-francescobartoli.it/index.php