chefareDopo il successo della prima edizione è tornato anche quest’anno il bando Che Fare volto a premiare con 100 mila euro progetti culturali innovativi e con forte impatto sociale. Per capire le novità introdotte abbiamo intervistato Marco Liberatore, responsabile comunicazione del bando, che ci ha spiegato non solo come partecipare, ma ci ha fornito anche qualche dritta per aggiudicarsi il premio.

 

È partita la nuova edizione del Bando Che Fare 2013. Quali sono le novità rispetto all’anno passato?
Il 28 ottobre abbiamo aperto la seconda edizione del nostro bando, quella dell’anno passato è stata la prima e ci è stata utile per lanciare a livello nazionale un dibattito su uno dei temi che riteniamo di grande interesse collettivo, quello del finanziamento alla cultura, che non vuol dire solamente “Come si pagano i musei” o “dove trovano i soldi gli enti lirici” ma anche, e più semplicemente, in un paese che investe sempre meno in ricerca e in istruzione, come posso rendere sostenibile un’iniziativa culturale se i referenti tradizionali di un tempo (enti locali e istituzioni) si sono eclissati?L’edizione dello scorso anno ci è quindi stata utile per sollevare un problema e per metterci nell’ottica di cercare delle possibili risposte. Data la situazione politica ed economica come muoversi? Che strade percorrere? Di fatto il bando è espressione di un’operazione culturale più ampia.
Preso atto dell’esperienza molto positiva abbiamo deciso di riprovarci. Quando rifai una cosa del genere per la seconda volta cerchi di farla meglio, naturalmente, e questo vuol dire soprattutto potenziare la struttura, lavorando sulla squadra e ottimizzando gli aspetti critici, che ci sono sempre, individuati alla prima esperienza. Gli aspetti più evidenti sono ovviamente legati al sito, nuovo, più funzionale e ricco di contenuti. Uno di questi è il Vademecum, una sorte di guida che abbiamo stilato grazie all’apporto di alcuni nostri partner (Fondazione Fitzcarraldo, Tafter, Fondazione <ahref, Avanzi). L’altra novità è legata all’allargamento della rete dei partner.

 

Squadra che vince non si cambia. Con chi collaborate quest’anno e quale il valore aggiunto del vostro network?
Alcuni partner sono gli stessi dell’anno scorso: Avanzi, Fondazione<ahref, Tafter, Domenica del Sole 24 ore. A questi si sono aggiunti altri: Fondazione Fitzcarraldo, Societing, Vita, Bollenti Spiriti della Regione Puglia, Enel e Lìberos, il progetto che ha vinto l’anno scorso.
L’allargamento della rete è fondamentale, rafforza cheFare e ci permette di collaborare con realtà di cui abbiamo grande stima. Soprattutto ci permette di unire competenze e capacità differenti.

 

Ho un progetto nel cassetto riguardante l’innovazione sociale e culturale. Come faccio a partecipare al bando? Ci sono dei requisiti da rispettare?
Il bando e aperto a organizzazione profit e non profit e per partecipare è sufficiente andare sul nostro sito (www.che-fare.com), scaricare il bando e compilare il form online. Noi però suggeriamo prima di tutto di leggere il vademecum e di scaricare il fac-simile del modulo da compilare, in modo da avere tutto il tempo per rispondere al meglio alle domande e alle richieste lì esposte. E solo in un secondo momento riempire il modulo online.
In generale sono soprattutto due gli elementi da tenere in considerazione, gli otto requisiti richiesti ai progetti e il business model. Il nostro bando si rivolge a progetti culturali di innovazione sociale e abbiamo cercato di identificare otto criteri utili a identificarli: collaborazione, progettazione innovativa, scalabilità e riproducibilità, sostenibilità, equità, impatto sociale, approccio open source, capacità di coinvolgimento delle comunità.

 

Cosa è successo a chi ha vinto lo scorso anno?
Ha potuto dare un impulso significativo al proprio progetto, rafforzando l’organizzazione e realizzando una buona parte degli obiettivi. La prima edizione è stata vinta da Lìberos, un comunità di lettori scrittori, editori, librai e associazioni della Sardegna, un social network del libro che sfrutta la filiera editoriale per creare valore sociale, una rete virtuale e fisica, radicata sul territorio che promuove e organizza incontri, reading ed eventi culturali in mille forme e modi diversi. Per dieci mesi, dopo la premiazione, abbiamo monitorato il progetto, confrontandoci con loro sulle possibilità di crescita della loro iniziativa. Tra pochi giorni, inoltre, si terrà il loro convegno annuale (durante il fine settimana del 30 novembre) e avremo modo di conoscere quali saranno le loro prossime mosse. È un progetto molto bello e valido e anche per questo li abbiamo voluti come partner per la seconda edizione del nostro bando.

 

È tempo di consigli. 3 consigli che daresti a chi decide di partecipare…
Studiare il vademecum, fare network, guardarsi intorno e imparare da chi ne sa di più.
Sul vademecum e sul collaborare e fare rete abbiamo già detto, sull’imparare da chi ne sa di più le cose stanno così: a scuola ci insegnano che copiare dal compagno di banco è sbagliato ma nella vita come nel mondo animale si apprende soprattutto per imitazione. È il primo passo per poi fare le cose a proprio modo. C’è sempre qualcuno più bravo di noi o che ha più esperienza e che magari ha già affrontato e superato problemi che noi incontriamo per la prima volta. Credere di sapere tutto non è l’atteggiamento giusto per fare innovazione e vedere come fanno gli altri può essere il modo migliore per creare qualcosa di veramente unico e originale.

 

TAFTER è mediapartner di Che Fare

 

Dopo il successo della scorsa edizione, torna anche quest’anno il bando cheFare volto a premiare il miglior progetto culturale di innovazione sociale con 100 mila euro.

Il termine per inviare la propria partecipazione è per il 9 dicembre prossimo.

I progetti saranno selezionati da un gruppo di esperti scelti dall’associazione culturale Doppiozero, promotrice del bando. Ai partecipanti che avranno superato la prima selezione, sarà garantita visibilità on line per due mesi, così da consentire alla community della Rete di esprimere il proprio voto. Tra gli otto finalisti, una giuria di saggi sceglierà infine il vincitore che potrà ricevere i 100 mila euro in premio.
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Attraverso il bando più realtà hanno la possibilità di presentarsi e farsi conoscere da esperti del settore in modo orizzontale e democratico. Ci sono infatti parametri ben precisi cui attenersi sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo: di ciascun progetto presentato sarà considerata la sostenibilità economica, l’impatto sociale e la rilevanza culturale. Questi aspetti sono alla base di esperienze di successo, come dimostra Lìberos, il vincitore del bando cheFare 2012.

Lìberos è una rete sociale creata e costituita da alcuni scrittori, editori, librai, biblioteche, associazioni, festival e altri professionisti dell’editoria. Il progetto propone un sistema operativo culturale, un social network e un laboratorio permanente di progettazione comune volto a sostenere il comparto editoriale in Sardegna e non solo.

Quest’anno Lìberos figura tra i partner di cheFare insieme a TAFTER, Avanzi, Fondazione Ahref, Fondazione Fitzcarraldo e Societing.

L’obiettivo è sempre lo stesso: “CheFare è uno strumento per indagare le trasformazioni del presente e le strade del futuro” sostenendo le realtà capaci di innovare e progettare nel campo culturale.

 

 

paesaggioeccellenzaintervistaIn un momento difficile come questo per le imprese italiane, ci sono notizie che aiutano a sperare. L’Associazione “Il Paesaggio dell’Eccellenza” ha infatti ricevuto il prestigioso Premio Internazionale sullo Sviluppo Locale. La consegna del riconoscimento è avvenuta lo scorso 4 ottobre a Cluses, il più famoso distretto industriale francese.
Questa realtà marchigiana e italiana è stata premiata per la capacità di coinvolgere aziende diverse su temi di interesse generale, riservando grande attenzione per la preservazione del paesaggio, la tutela di prodotti di qualità e la valorizzazione del lavoro. Il Paesaggio dell’Eccellenza è inoltre da sempre impegnato a conservare quella memoria storica delle imprese e delle competenze professionali che hanno fatto del Made in Italy un valore riconosciuto in tutto il mondo.

Abbiamo voluto saperne di più dell’attività di questa associazione culturale, rivolgendo qualche domanda al direttore Alessandro Carlorosi.

 

Quando e come nasce l’Associazione “Il Paesaggio dell’Eccellenza”?
L’Associazione “Il Paesaggio dell’Eccellenza” nasce da un’ipotesi progettuale partita nel 2003 su proposta del gruppo FIMAG iniziative Guzzini, che ha istituito un comitato promotore cui hanno aderito il Comune di Recanati, l’Università di Camerino e lo Studio Conti.
Dal comitato promotore è stato elaborato un documento progettuale per la costituzioni di un Centro Studi e documentazione della realtà produttiva del distretto recanatese. Successivamente sono state coinvolte altre importanti imprese del territorio, delle vallate del Potenza e del Musone, distretto a cavallo tra le province di Macerata e Ancona a forte vocazione multisettoriale, che hanno deciso di aderire a questo progetto culturale.
Nel 2005 si è deciso di istituire questa associazione no profit. Aderirono circa 20 imprese ed alcuni enti locali, come appunto l’Università di Camerino, il Comune di Recanati, la Camera di Commercio di Macerata, formando un fronte comune estremamente eterogeneo, ma motivato nel raggiungere le finalità del Paesaggio dell’Eccellenza.

 

Quali le finalità che l’Associazione si è posta? Con quali risultati fino ad ora?
Le finalità sono quelle di perseguire scopi culturali, di promozione e valorizzazione del patrimonio industriale ed artigianale, inteso come complesso di tradizioni ed esperienze innovative, in riferimento a tecniche, tecnologie, attività della produzione, professioni, uomini e imprese. Più in generale ci impegniamo nella conservazione, valorizzazione e promozione della cultura di impresa e del paesaggio marchigiano quale elemento coesivo.
E’ stato fondamentale fare una prima consultazione con tutti gli imprenditori associati, ascoltandoli uno ad uno, cercando una via comune sulla quale abbiamo cominciato a lavorare.
La necessità primaria è stata quella di avviare rapporti con le scuole e i giovani, coinvolgendo gli istituti locali e gli stessi docenti su questi temi. Il risultato è stato quello di avvicinare, con attività concrete, l’impresa alla scuola.
Iniziative, eventi e attività hanno invece portato alla costituzione del museo del patrimonio industriale, uno tra i primi obiettivi posti nel progetto, creando in questo modo un luogo fisico per far conoscere questo patrimonio e queste storie.
Sul fronte iniziative è interessante ricordare le partecipazioni annuali alla Settimana della Cultura d’Impresa promossa da Confindustria e organizzata da Museimpresa. In queste occasioni abbiamo portato, spesso nelle Università del territorio, delle iniziative mirate a trasferire esperienze locali e nazionali, sui temi legati al lavoro e alla cultura d’impresa, invitando ad esempio importanti professionisti del settore.
Alla costituzione del museo ha contribuito anche tutto il lavoro di raccolta della documentazione che è avvenuto a seguito della realizzazione di eventi o iniziative mirate, come l’organizzazione del concorso fotografico “Paesaggi del Lavoro”. Il contest ha permesso a molti fotografi di entrare nelle imprese e raccontare i luoghi del lavoro e analizzare il rapporto tra architettura industriale e paesaggio, costituendo così un fondo di circa 500 immagini di grande valore documentativo.
Il Museo, denominato Centro Studi Il Paesaggio dell’Eccellenza, ha trovato sede stabile nel giugno del 2010 presso la Galleria Civica Guzzini a Recanati e ospita un’area permanente che racconta l’Associazione e uno spazio dove si alternano esposizioni e iniziative organizzate dall’Associazione o in alcuni casi dalle imprese associate.

 

Cosa ha significato vincere il Premio Internazionale di Sviluppo Locale?
Sicuramente è stata una grande soddisfazione per il lavoro svolto in questi anni, cominciato da zero, attraverso cui si è potuto creare un qualcosa che non esisteva nel nostro territorio. Grande soddisfazione anche per le imprese e gli enti associati, che hanno investito tempo e denaro in un progetto culturale che sta dando frutti soddisfacenti, iniziando ad essere considerato a livello nazionale ed internazionale per la sua capacità di aver messo insieme aziende eterogenee, sia in dimensioni che in produzione, con istituzioni pubbliche.
Nel contesto del Premio Internazionale di Sviluppo Locale abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con altre case history, a livello internazionale, provenienti ad esempio da Tunisia, Argentina, Marocco e altri progetti simili in altri Paesi.

 

In che modo l’Associazione si impegna nel sostenere le imprese del territorio, molte delle quali colpite dalla crisi?
Il ruolo dell’Associazione è quello di lavorare su un piano differente da quello del business e di profitto economico delle aziende. Vogliamo fornire un terreno comune, quello della cultura, in cui identificarsi e poter partire, creando una nuova occasione di dialogo tra le imprese, associate e non, e soprattutto tra le aziende e le istituzioni pubbliche per dare una solida base alla crescita futura delle comunità.

 

Quello dell’Associazione rappresenta un modo per far rete?
Attraverso il nostro progetto, negli incontri associativi, sono nate opportunità per le imprese, come commissioni di lavori sul territorio, che contribuiscono al miglioramento del paesaggio e dei centri storici, o addirittura il semplice incontro tra imprenditori durante un evento o una riunione, hanno avviato strategie comuni in campo economico. C’è un bilancio sociale, ma anche risultati in termini di possibilità di collaborazioni tra le imprese, che sono state poi proseguite sul piano commerciale autonomamente.
Ovviamente la rete è nata e prosegue con il principale intento di lavorare sul terreno della Cultura d’Impresa a favore del territorio con tante iniziative in cantiere o da avviare.

 

Quale collocazione ritiene avranno le imprese marchigiane e italiane nel prossimo futuro, anche in considerazione della concorrenza estera?
A mio avviso hanno tutti i numeri sul piano industriale e del lavoro per competere; hanno meno numeri sul piano burocratico, creditizio e in termini di politiche industriali del nostro Paese. Molto spesso, per tali motivazioni, ascoltiamo imprenditori con progetti interessanti che trovano però difficoltà a realizzarli nel contesto nazionale. Le nostre imprese possiedono però tutte le caratteristiche per vincere la crisi e la concorrenza estera.
Nello specifico, le aziende marchigiane puntano ad un ritorno sulla produzione, non dei grandi numeri, ma dall’elevata qualità. In questo caso l’associazionismo può essere utile per esportare l’idea di fronte unito.
In questo momento lo scenario economico vede venir meno l’esternalizzazione di alcune fasi produttive per gli elevati costi, soprattutto nel controllo, nella gestione e nel trasporto dei beni, che rischiano di far uscire i prodotti dal prezzo di mercato.
Le imprese del nostro distretto hanno la straordinaria capacità di ideare e realizzare i loro prodotti totalmente al loro interno, in una filiera estremamente corta che garantisce l’elevata qualità del prodotto e la capacità di creare ricchezza economica e sociale sul territorio.

 

Si tornerà dunque a produrre interamente in Italia?
Questo non so dirlo. Ma posso assicurare che esistono molte imprese nella Marche, è bene dirlo, che vantano 50, 100 anni di esperienza. Hanno dunque produzioni totalmente interne, poiché in questi anni si è creata una competenza molto alta e specializzata, e anche la tecnologia è all’avanguardia, grazie agli investimenti fatti nel tempo.
Ci sono dunque le possibilità per affermarci e farci ancora valere.

 

 

 

Associati de “Il Paesaggio dell’Eccellenza”

Acrilux – Banca di Credito Cooperativo di Recanati e Colmurano – Brandoni – Campetella Robotic Center – Castagnari Organetti – Clementoni – Fbt elettronica – Garofoli Vini – Pigini Fisarmoniche – Rainbow – Soema – Studio Conti – Valenti&Co.

Gruppo Guzzini: Fratelli Guzzini – Gitronica – iGuzzini illuminazione – Teuco

Gruppo Garofoli: Garofoli Porte – Gidea

Gruppo Pigini: Eko Music Group – Eli edizioni – Rotopress International – Tecnostampa

Gruppo Somi: Somidesign – Somipress

 

Soci onorari

Comune di Recanati – Fondazione ITS Recanati – ITIS “E. Mattei” Recanati – Università di Camerino

 

 

L’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti, riunitasi il 19 dicembre 2011, ha riconosciuto che “lo sviluppo e l’investimento nelle ragazze che si trovano in condizioni critiche costituisce uno dei Millennium Development Goals”, uno degli obiettivi fondamentali a cui si deve giungere per poter proseguire nella strada fondamentale verso il progresso, l’emancipazione, la democrazia e l’assicurazione globale dei diritti umani.

Partendo da questo fondamentale principio è stata istituita la Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze, celebrata per la prima volta l’11 ottobre 2012 attraverso migliaia di iniziative in tutto il mondo: convegni, conferenze, tavole rotonde, eventi culturali e manifestazioni di impatto, come la colorazione di rosa dei principali monumenti, da Londra a Milano, da New York a Nuova Delhi.

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Lo scopo dell’11 ottobre dell’anno scorso era di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sul tema delle mogli bambine, piccole donne sottratte alla possibilità di godere dell’innocenza e della spensieratezza dell’infanzia, perché costrette a sposarsi in età infantile, spesso con uomini molto più grandi di loro.

Il tema scelto per il 2013 è stato “l’innovazione nell’istruzione femminile”. Moltissime bambine e ragazze, specialmente nei Paesi sottosviluppati, non hanno accesso all’istruzione, non solo per impossibilità materiali o economiche, ma perché andare a scuola è proibito, è un reato, una colpa. La tecnologia, intelligente e sostenibile, può allora venire in aiuto, sia che si tratti di utilizzare un nuovo tipo di mattoni resistenti agli agenti atmosferici, come accade in Madagascar; sia che si tratti di coinvolgere le ragazze in iniziative di tutoraggio aziendale a tema tecnologia e ingegneria, come accade in Sudafrica. Continue reading “Una Giornata dedicata alle Bambine e alle Ragazze” »

Ai più di ottant’anni (l’età di una signora non si specifica mai) e sono le 4 del mattino. A quell’età due sono le possibilità: o sei già sveglio perché l’insonnia è ormai parte di te, o dormi profondamente come un bambino. Se stai ronfando come tutte le notti, lo squillare del telefono difficilmente riuscirà a svegliarti. Anche se a chiamare è nientepopodimenoche l’Accademia di Svezia. E anche se quello che vuole annunciarti è che… hai vinto il Premio Nobel per la Letteratura (insieme a circa 900mila euro)! È successo proprio questo, poche ore fa, alla scrittrice canadese Alice Munro, Nobel per la Letteratura 2013. Scopriamo insieme chi si cela dietro il sorriso aperto di questa donna dai capelli argentei.

VITA (e qualche spettegolezzo): Alice Munro si chiamava Alice Laidlaw prima di sposare James Munro, compagno di Università alla Western Ontario, lavorava in biblioteca e per arrotondare serviva ai tavoli come cameriera e raccoglieva tabacco. Eppure la passione per la letteratura fermentava in lei, tanto che il primo racconto, “The Dimensions of a Shadow”, lo scrisse a 19 anni. James non fu l’unico uomo della sua vita, però, e un altro compagno dei tempi dell’università fece breccia nel suo cuore, Gerald Fremlin, che condivise con lei gioie e dolori fino alla sua scomparsa, in una casa in Ontario che pare sia deliziosa quanto le villette degli Hobbit nella Terra di Mezzo di tolkeniana invenzione.

 

Alice-Munro-005

 

OPERE: dopo quel primo racconto, “The Dimensions of a Shadow”, la vena letteraria della Munro produsse senza sosta opere entrate nella storia della letteratura anglofona. A partire da La danza delle ombre felici (Dance of the Happy Shades) del 1968, per continuare con Chi ti credi di essere? (Who Do You Think You Are?) del 1995, passando per Nemico, amico, amante… (Hateship, Friendship, Courtship, Loveship, Marriage) del 2001, fino ad arrivare a La vista da Castle Rock (The View from Castle Rock) del 2006, la Munro ha suscitato il favore del pubblico e della critica, ottenendo premi prestigiosi e riconoscimenti internazionali. La chiave del suo successo sta nella semplicità complessa, nella capacità di raccontare con profonda intensità le vicende di uomini e donne comuni dell’Ontario, senza cadere mai nello stucchevole o nel banale. I suoi sono personaggi nei quali tutti possono rispecchiarsi e magari trovare quel senso di ambiguità, incertezza, instabilità che costella la vita di ciascuno di noi.

 

View from Castle Rock_1

LATI OSCURI: l’unica ombra nella carriera della Munro potrebbe essere il rimpianto di non aver mai scritto un vero e proprio romanzo. Il suo editore, Doug Gibson, ha raccontato che durante i loro primi incontri la scrittrice si sentiva terribilmente sottopressione proprio perché desiderava “diventare seria” e scrivere un romanzo. Fu lo stesso Gibson, però, a riconciliarla con la sua natura creativa: il suo punto di forza era proprio quello di essere una velocista e non una maratoneta. Da parte nostra possiamo dire che Gibson ci aveva visto benissimo, considerate le innumerevoli soddisfazioni che la scrittura di racconti ha riservato alla Munro nel corso degli anni, fino all’ambitissimo Nobel.

LA CITAZIONE: Il racconto non è una strada da seguire, è più una casa. Ci entri e ci rimani per un po’, andando avanti e indietro e sistemandoti dove ti pare, scoprendo come le camere e i corridoi sono in relazione tra loro, e come il mondo esterno viene alterato se lo si guarda da queste finestre. E tu, il visitatore, il lettore, sei cambiato, allo stesso modo, dal fatto di trovarti in questo spazio chiuso, che può essere ampio e semplice da percorrere, o pieno di svolte improvvise, scarno o sontuosamente decorato. Puoi tornarci tutte le volte che vuoi, ma la casa, la storia, conterrà sempre qualcosa in più di quello che ci hai trovato l’ultima volta.

 

Alice Munro ha risposto con deliziata sorpresa all’annuncio della vittoria del Nobel per la Letteratura, onore che ha definito “quite wonderful” e si augura che questo suo successo possa ridare meritato lustro all’intera letteratura canadese. Noi non passiamo che farle i più sentiti auguri e… tutto il resto è storia.
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Alfred Nobel inventò la dinamite. Poi un giorno morì e lasciò il suo patrimonio di circa 200 milioni di euro a un fondo specifico da distribuire annualmente a coloro che, durante l’anno precedente, avessero contribuito maggiormente al benessere dell’umanità. E da lì tutto ebbe inizio.

Oggi i Premi Nobel sono considerati tra i riconoscimenti più importanti e prestigiosi e probabilmente tutti, almeno da bambini, abbiamo sognato di ottenerne uno. Quantomeno quello per la pace.

Il giro di interessi, economico e mediatico, che gira attorno ai Premi Nobel è vastissimo. Dopo la già avvenuta assegnazione dei Premi Nobel per la medicina, per la fisica e per la chimica, il 10 e l’11 ottobre sarà la volta dei Premi più attesi e discussi, quello per la letteratura e quello per la pace.

Dr. Francis Crick's Nobel Prize Medal on Heritage Auctions
Nobel per la Pace
Il Nobel per la Pace viene assegnato “alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace”. Rispetto agli altri Premi, al Nobel per la Pace ci si candida e quest’anno, come è leggibile sul sito ufficiale, è stato raggiunto il record di candidature: 259 di cui 50 da parte di organizzazioni. Sarà il Comitato per il Nobel della Norvegia a scegliere a chi attribuire il Premio. Tra i candidati più in vista ci sono:

malala-yousafzai-ftr1) Malala Yousufzai (La più quotata): è il vessillo dei diritti civili delle donne pachistane, in particolare del loro diritto allo studio, dopo che nel 2012 è stata aggredita dai talebani di ritorno da scuola. Malala, infatti, a soli tredici anni, si occupava di un blog per la BBC nel quale raccontava delle condizioni di vita sotto il regime talebano.

 

 
bradley_manning2) Bradley Manning (L’informatico): ha soli 26 anni eppure ha già messo in grave imbarazzo il governo americano, tanto da guadagnarsi 35 anni di prigione. Il suo reato è stato quello di rilasciare all’organizzazione Wiki Leaks documenti riservati sull’esercito americano in Iraq. È candidato al Nobel perché ha denunciato diversi soprusi da parte dei militari, tra cui omicidi di civili disarmati, ha messo in discussione la politica estera USA, ed è ritenuto una delle ragioni del ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq.

 

 
Mukwege4583) Denis Mukwege (Il meno conosciuto): è un ginecologo del Congo che ha curato migliaia di donne vittime di abusi sessuali. Dopo aver pubblicamente condannato l’oltraggiosa impunità delle violenze sessuali nel suo Paese, nel 2012 è scampato ad un tentativo di omicidio.

 

 
lampedusa4) Lampedusa (L’esempio più attuale): tutti sono a conoscenza delle recenti stragi di immigrati, morti nel tentativo di raggiungere le coste dell’isola siciliana. Lampedusa dovrebbe ottenere il Premio Nobel per la Pace perché è esempio quotidiano di fratellanza e solidarietà. Sarebbe anche un buon modo per sensibilizzare l’Unione Europea sulla necessità di intervenire nella questione immigrazione.

 

 

Vladimir Putin5) Putin (L’assurdo): nonostante i diritti civili dei russi siano giornalmente messi in discussione da quello che da molti è considerato un regime a tutti gli effetti, l’“International Academy of Spiritual Unity and Cooperation of Peoples of the World” ha ritenuto opportuno candidare il leader russo al Nobel per la Pace. Il suo merito? Aver scongiurato in maniera decisiva (e disinteressata?) i bombardamenti in Siria e lo scoppio di un’altra guerra internazionale.

 

 

Nobel per la Letteratura:
È il premio più chiacchierato. Assegnato dall’Accademia di Svezia a chi “abbia prodotto il lavoro di tendenza idealistica più notevole”, diventa annualmente mira degli scommettitori più accaniti. L’agenzia di scommesse britannica, Ladbrokers, fornisce una lista degli artisti più quotati.

murakami61) Murakami Haruki (Il più quotato): è lo scrittore giapponese, autore di “Norwegian Wood”, “Kafka sulla spiaggia”, “1Q84”. Da più anni il suo nome gira attorno a quello del Nobel per la Letteratura perché effettivamente ha stregato milioni di lettori con il suo stile onirico, intricato e avvincente.

 

 
Alice-Munro-0052) Alice Munro (La donna): questa scrittrice canadese, ottantenne, è considerata la maggiore autrice di racconti vivente. Le sue raccolte di narrazioni, dal taglio intimista ed emozionale, hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti da parte della critica. La sua quotazione al secondo posto è molto rilevante se si considera che, dei 109 premiati al Nobel per la Letteratura, solo 12 erano donne.

 

 

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3) Ngugi wa Thiong’o (L’impegnato politicamente): è un eclettico scrittore, poeta e drammaturgo Keniota, considerato uno dei più grandi maestri della letteratura africana. Ha subito arresti e persecuzioni per essersi schierato apertamente contro il governo del suo Paese.

 

 

eco4) Umberto Eco (L’italiano): è il più alto in classifica tra i papabili italiani al Nobel per la Letteratura. Maestro riconosciuto di semiotica, arte e critica letteraria, è uno dei maggiori uomini di cultura in Italia.

 

 

Roberto_Vecchioni5) I cantautori Bob Dylan, Leonard Cohen, Roberto Vecchioni (Gli improbabili): hanno scritto decine di canzoni dai testi immortali. “Buckets of rain”, “Halleluja”, “Samarcanda” sono  canzoni entrate definitivamente nella storia della musica. Eppure, i più considerano eccessiva e fuori luogo un’eventuale assegnazione del Nobel per la Letteratura a questi indiscussi maestri della canzone, perché non ritenuti paragonabili agli altri nomi in lizza.
Staremo a vedere.

vecnobCapisco bene l’urgenza. Il Paese va a rotoli, Pompei va in polvere, le Imprese vanno all’estero, la Concordia va dove il mare luccica e siamo alle prese con l’ennesima emergenza democratica: la candidatura di Roberto Vecchioni al premio Nobel per la Letteratura.

Pare che gli accademici di Stoccolma debbano scegliere tra lui Bob Dylan, Leonard Cohen e Roberto Vecchioni. Come può essere accaduto?

Sconcertata, la lobby politica italiana si è data subito da fare per affossarne la candidatura e dunque ci sono buone chance che vada in porto. Il Pdl sta murando per protesta l’ingresso dell’ambasciata svedese con l’intera tiratura delle opere invendute di Bondi. Il M5S evidenzia come la Sindrome di Stoccolma non sia prerogativa dei propri deputati, felici prigionieri nel movimento. Il PD si interroga sulle regole, temporeggia, propone nuove primarie con le candidature di Michele Serra, Zerocalcare e Carla Bruni, poi chiede una sospensione costruttiva. L’ala renziana pare abbia detto “No, i Vecchioni no, vanno rottamati per definizione. Meglio i Giovanotti”.

È una reazione in fondo comprensibile: se si parla di letteratura si parla a vanvera perché altrimenti si dovrebbe leggere qualcosa, investire tempo nel comprendere le ragioni dei testi, le strutture, i riferimenti, le novità linguistiche e concettuali, togliendo l’attenzione dai comunicati stampa e dalle attività social.

In fondo, il paese non si è ancora ripreso dal Nobel assegnato a Dario Fo nel 1995 e un altro menestrello sugli allori potrebbe destabilizzare i mercati editoriali e spiazzare i talk show. A ricordarci che la cultura è libertà e che la libertà non ha casa sono proprio le proteste di chi usa il metro dell’ideologia per valutare lo spessore di un autore e la portata dei suoi slanci lirici.

Vecchioni candidato? Ma no. È che qualcuno deve aver chiesto “Ci sono candidati italiani?” Alla risposta: “Dall’Italia? Ma lì sono tutti vecchioni, altro che candidati” l’interprete Smilla ha equivocato e ora eccoci qui a immaginare che effetto possa fare un professore di liceo nell’Olimpo della Letteratura, con chitarra e cancellino.

Se penso a come il testo di “Chiamami ancora amore” abbia additato il re nudo e sfraccicato i cabbasisi del capobastone direi che il premio dai cittadini italiani Vecchioni l’ha comunque già ricevuto.

 

“Per il poeta che non può cantare

per l’operaio che non ha più il suo lavoro

per chi ha vent’anni e se ne sta a morire in un deserto come in un porcile

e per tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero

così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il pensiero

 

per il bastardo che sta sempre al sole

per il vigliacco che nasconde il cuore

per la nostra memoria gettata al vento da questi signori del dolore

 

Chiamami ancora amore

Chiamami sempre amore

Che questa maledetta notte dovrà pur finire”.

 

 

 

Samuel Saltafossi è sociologo della complessità

 

 

greendropGreen carpet per la Biennale, dove anche quest’anno verrà assegnato il premio collaterale Green Drop Award (promosso da Green Cross Italia e dal Comune di Venezia) al film, tra i 20 della selezione ufficiale, che abbia meglio “interpretato i valori dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alla conservazione del Pianeta e dei suoi ecosistemi per le generazioni future, agli stili di vita e alla cooperazione fra i popoli”.

Il fondatore di Green Cross International è il premio Nobel per la Pace Mikhail Gorbaciov ricorda: “Stiamo vivendo una crisi ecologica senza precedenti. Secondo i calcoli degli scienziati, la nostra domanda di risorse ecologiche rinnovabili e dei servizi che esse forniscono ora equivale a quella di più di una Terra e mezzo. Siamo sulla strada per aver bisogno di due pianeti molto prima di metà secolo. Quando la scienza e la ragione non ci possono aiutare, solo una cosa può salvarci: la nostra coscienza, e i film posso contribuire a stimolarla”.

In occasione del Festival si terranno alcuni incontri, tra cui, il 6 settembre, uno sul tema: “cinema e green economy”.

La giuria, presieduta dal regista Mimmo Calopresti, ha tra i suoi componenti il climatologo Vincenzo Ferrara e l’attrice Ottavia Piccolo.

Una notizia per i collezionisti di premi: il trofeo consiste in un elegante vaso a forma di goccia, realizzato da un maestro di Murano, che contiene un campione di terra proveniente ogni anno da un paese diverso. Un prezioso oggetto dal contenuto fortemente simbolico: rappresenta Venezia (sintesi armoniosa tra terra e acqua) e le gocce con cui è possibile stimolare comportamenti virtuosi nel rispetto dell’ambiente.

Sarà invece l’ex ministra per le pari opportunità, la senatrice Josefa Idem, a consegnare l’ambito Leone d’oro, Queer Lion Award, al miglior film di contenuto omosessuale. Questo premio è alla sua settima edizione a Venezia.

Tra i nove film sul tema sarà selezionato il vincitore: due italiani, Via Castellana Bandiera di Emma Dante, che ha già riscosso il plauso della critica, Piccola Patria di Alessandro Rossetto; sette gli stranieri, Gerontophilia di Bruce Labruce (destinato a fare scandalo: la storia di un diciottenne che si innamora di vecchio ottantenne ricoverato in ospedale), per le tematiche trans: L’armée du salut del primo scrittore arabo che ha fatto outing, Abdellah Taïa, Tom à la ferme del giovane canadese, Xavier Dolan, Kill Your Darlings di John Krokidas, Eastern Boys di Robin Campillo, Julia, un documentario sulla vita di una transessuale, di Jackie Baier e 3 bodas de mas di Javier Ruiz Caldera.

Il 7 settembre, alle ore 16, al cinema Astra del Lido, sarà proiettato Il rosa nudo di Giovanni Coda, ispirato alla vita di Pierre Seel, deportato nel campo di Schimerck. Alle 17.30 è prevista la consegna del Queer Lion. Dopo la premiazione ci sarà un incontro con il pubblico sul tema “La lotta all’omofobia: quali strumenti?”, a cui parteciperanno Franco Grillini, presidente di Gaynet, e il deputato Alessandro Zan del Sel.

Non perdetevi la sigla del Queer Lion Award, molto fashion, glam e accattivante.

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moscinvenIl Lido di Venezia si prepara ad accogliere, dal 28 agosto al 7 settembre, l’edizione numero 70 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, sotto la direzione di Alberto Barbera e giuria presieduta da Bernardo Bertolucci.

Anche se le tematiche che attraversano le pellicole non lanciano segnali di ottimismo e rispecchiano una realtà conflittuale, il Festival non perde il suo fascino e apre con due star hollywoodiane, Sandra Bullock e George Clooney, presenti con il film fuori concorso Gravity del regista Alfonso Cuaró. Debutto al lido per l’attrice americana e primo film in 3D ad aprire la Mostra più antica del mondo. La pellicola racconta la storia dell’ingegnere Bullock che, alla sua prima missione su uno shuttle comandato dall’astronauta Clooney, si perde nello spazio senza avere più contatti con la Terra.
Altro film di fantascienza è anche Under the skin di Jonathan Glazer dove la sensuale Scarlett Johansson è un’aliena in incognito a caccia di prede umane che cattura con la sua vorace bellezza.

Una rassegna di film dai temi forti che rispecchia una contemporaneità dove ricorre spesso la violenza e la crisi: esistenziale, sociale e affettiva. Scomparse le commedie. Presenti molti giovani esordienti, una selezione quella di Barbera molto coraggiosa. Tra i film in gara e in corsa per aggiudicarsi il Leone d’oro Philomena, di Stephen Fears. Tratto dal libro di Martin Sixsmith, “The Lost Child of Philomena Lee”, la pellicola è il racconto della vera storia di Philomena Lee che negli anni ’50 si vede sottrarre il proprio figlio, dato in adozione, e per cinquant’anni non smette di cercarlo. Dopo il successo di The Queen (che ha portato a Helen Mirren un premio Oscar), si annuncia un’altra notevole interpretazione della quasi ottantenne attrice inglese Judy Dench, regina di talento e possibile candidata alla Coppa Volpi.

Grande interesse per l’interpretazione di James Franco, attore, regista, sceneggiatore e scrittore di romanzi. Il poliedrico talento americano sarà presente con due film, Child of God, in concorso e Palo Alto di Gaia Coppola (nipote di Francis Ford), fuori concorso. Tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarth, Franco firma la sua seconda regia e descrive la storia di un uomo emarginato e violento che si rifugia in una caverna e precipita in una condizione di degrado totale diventando un assassino.
Ancora fantascienza nel film del regista inglese Terry Gilliam, The Zero Theorem con Matt Damon, Tilda Swinton e Christoph Waltz. Il premio Oscar austriaco interpreta un solitario genio del computer interessato a scoprire il senso dell’esistenza risolvendo uno strano teorema.
Questi i tre film stranieri in concorso che potrebbero avere maggiori chance di vittoria.

Da cinefili italiani lo sguardo è rivolto all’Italia e ai tre film in concorso diretti da un documentarista, una esordiente e un grande ritorno.
Sacro GRA di Gianfranco Rosi, primo documentario ammesso in gara. Il regista racconta un mondo invisibile e situazioni paradossali. Girato sul Grande Raccordo Anulare di Roma, uno spazio urbano che nasconde vite ai margini.
Via Castellana Bandiera segna il debutto alla regia di Emma Dante, autrice del romanzo da cui è tratto il film, con Alba Rohrwacher alle prese con un duello tutto al femminile tra donne che rappresentano mondi differenti.
L’intrepido di Gianni Amelio con Antonio Albanese e Sandra Ceccarelli, rivela l’attualità e la precarietà di un uomo senza lavoro che si inventa il mestiere del “rimpiazzo”. Prende il posto di chi si assenta, anche solo per qualche ora dalla propria occupazione, e diventa: muratore, bibliotecario, pagliaccio nei centri commerciali, venditore di fiori, autista di tram. Un personaggio scritto dal regista proprio per Albanese che nel film si chiama, simbolicamente, Antonio Pane.
L’Italia non vince il Leone d’oro da quindici anni, l’ultimo regista è stato proprio Gianni Amelio con Così ridevano. Questo potrebbe essere il suo anno fortunato.

 

E’ partita una sfida che coinvolgerà più di 60 mila persone in sei continenti: non si tratta delle Olimpiadi o dei Mondiali di calcio, bensì di un progetto ambizioso e creativo che ha l’obiettivo di far emergere i nuovi e migliori talenti nell’ambito della filmografia.

The 48 Hour Film Project, questo è il nome dell’iniziativa internazionale, nasce nel 2001 dall’idea visionaria di Mark Ruppert, che tentò appunto di realizzare un film “guardabile” in soli due giorni.
Da questa originale scommessa è emerso il valore del gioco: il tempo ridotto stimola infatti la creatività e lo spirito di squadra, oltre a dar precedenza alla “pratica” piuttosto che alla “teoria”, con risultati spesso sorprendenti.
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Da allora l’esperimento si è ripetuto più e più volte, giungendo a ben oltre 700 competizioni tenutesi nel mondo. The 48 Hour Film Project è infatti itinerante e nel tempo ha interessato sempre più città.
Il concorso arriverà anche in Italia: l’11, il 12 e il 13 ottobre prossimi i filmmaker nostrani sono chiamati a rispondere alla sfida partecipando alla call di Roma. Nella capitale sarà infatti selezionato il team che rappresenterà il nostro Paese alla finale prevista negli USA.

Il premio in palio è di ben 5.000 dollari, ma la vera soddisfazione sarà quella di veder proiettata la propria opera in un parterre davvero d’eccezione, al Festival di Cannes 2014.

Le regole del gioco sono semplici: sarà assegnato un personaggio, materiale scenico e un dialogo che dovranno essere perentoriamente inseriti nel film; ai partecipanti è richiesta la piena autonomia nel comporre ed organizzare il proprio team di lavoro; la deadline è per le 48 ore successive dall’inizio della competizione.
Ogni opera realizzata viene poi proiettata in uno teatro o cinema della città in cui la gara si è tenuta, ma solo quella vincitrice sarà poi presentata alla finale di Filmapalooza a Hollywood.

Questo il miglior film della scorsa edizione: si tratta del corto “Jaques Serres”, realizzato dalla squadra francese Les Productions avec Volontiers of Paris. Direste mai che ci sono voluti solo due giorni di lavoro?
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iifcarlaConclusa l’undicesima edizione dell’Ischia Film Festival, è tempo di bilanci.

Tra gli ospiti speciali di questa undicesima edizione, anche il premio Oscar Bille August che ha aperto il focus sul cinema del Nord Europa. In questo ambito sono stati proiettati lungometraggi provenienti da Islanda, Danimarca, Norvegia, Svezia e Lapponia che hanno molto bene raccontato la cultura e la storia dei paesi Scandinavi.

August ha presentato all’Ischia Film Festival il suo “Treno di notte per Lisbona”, film ambientato nel Portogallo contemporaneo, che ha strappato innumerevoli applausi; grande interesse anche per l’intervista pre-proiezione, nella quale August ha ricordato, tra l’altro, la sua esperienza nel raccontare la prigionia di Nelson Mandela, al quale, in questi giorni, il mondo è molto vicino.

L’apertura del Festival, ne abbiamo parlato qualche giorno fa, è stata dedicata a Benoit Jacquot, che ha presentato il suo ultimo film “Les adieux à la reine”, con Diane Kruger nei panni della Regina Maria Antonietta e ad Angelo Cretella, che ha portato al festival “Emilio”, ambientato nel Salento.

Questa edizione del Festival è stata, particolarmente, internazionale. Infatti è da evidenziare la presenza di Kiarostami, ospite d’onore di quest’anno che, durante la chiacchierata con Boris Sollazzo, ha parlato del suo film “Qualcuno da amare” e dei motivi che gli impediscono, già da un po’, di impiantare un set cinematografico in Iran (suo paese d’origine). Le motivazioni, ha raccontato, sono tante, ma “certamente tra esse c’è anche il fatto che in questo momento storico non è facile fare cinema in Iran. Ma non è solo quello, visto che le cose si evolvono. Dobbiamo uscire fuori dagli schemi, dai confini geografici e politici: siamo cittadini del mondo ed è proprio il cinema a insegnarcelo”. Dall’intervista è emersa anche una nota curiosa: il primo personaggio che lo ha colpito nel cinema è stato – difficile a credersi – Totò, il principe della risata. Per chi ha sempre amato il grande attore napoletano (e non solo), comico (e non solo), questo suona come un ulteriore riconoscimento.

All’Ischia Film Festival, inoltre, tra gli ospiti anche Vittorio Storaro, presidente onorario di questa edizione, che nel suo speech a “Parliamo d’artista” ha calamitato l’attenzione raccontando come la fotografia funga da “scrittura della luce”.

Tra i premiati (la giuria era composta da Vittorio Giacci, Giuliana Muscio, Chiara Martegiani e Antonio Capellupo), nella sezione documentari, “La guerra dei vulcani” di Francesco Patierno; come miglior cortometraggio “Margerita” di Alessandro Grande, ambientato in una Roma multietnica ed i cui protagonisti sono per la maggior parte nomadi; nella sezione Location negata, “L’alfabeto del fiume” di Giuseppe Carrieri, ambientato sulle rive del Gange. Kiorostami si è aggiudicato, invece, il Premio Castello Aragonese, come miglior regista per “Qualcuno da amare”.

Protagonista, non protagonista, il Castello Aragonese, location del festival; luogo di grande fascino e suggestione e, sicuramente, tra le ‘cose’ per cui vale la pena recarsi e soggiornare ad Ischia.

Un plauso all’organizzazione che, nonostante le grandi difficoltà, riesce a portare avanti un festival del cinema di qualità e di eccellenza, focalizzando l’attenzione su temi quanto mai attuali e determinanti per il futuro e la ricrescita culturale ed economica, del nostro Paese ed internazionale: la valorizzazione delle location e dei territori.

Appuntamento, dunque, alla dodicesima edizione.

 

Leggi lo Storify

 

Foto di Carla Di Martino

Sono stati assegnati, come ogni anno, gli scatti del Sony World Photography Awards, che seleziona le immagini più emozionati e rappresentative delle tradizioni, culture e avvenimenti in ogni angolo del mondo. Ad aggiudicarsi il premio dell’Iris d’or di questa edizione 2013 è stato il reportage di Andrea Gjestvang, dedicato ai ritratti dei sopravvissuti alla strage nell’isola di Utoya il 22 luglio 2011. Le categorie in gara sono quindici, esattamente quanti i premi che vengono assegnati. Tutte le foto sono visibili durante la mostra allestita al Somerset House di Londra sino al prossimo al 12 maggio 2013. Nel frattempo qualche scatto ve lo proponiamo nel nostro Crop&Frame.

 

Mentre l’America intera e buona parte del mondo era davanti alla televisione per non perdersi neanche un minuto dei vincitori della notte degli Oscar 2013, su una spiaggia di Santa Monica andava in scena un altro show, che in antitesi con i premi più tradizionali è stato ribattezzato come gli anti Oscar. Si tratta dell’Indipendent Spirit Awards, un premio che dal 1984 ha come obiettivo quello di dare risonanza ai film indipendenti che raramente riescono a raggiungere il palco degli Academy Awards. Il film indipendente che ha fatto incetta di premi quest’anno è stato Il lato Positivo (Silver Linings Playbook il titolo originale) che ha vinto la nomina di miglior film, regia, sceneggiatura, e attrice protagonista.

Ecco tutti i vincitori:
Best feature Silver Linings Playbook
Best director David O. Russel
Best screenplay David O. Russel “Silver Linings Playbook”
Best first feature The Perks of Being a Wallflower
Best first screenplay Safety Not Guaranteed
Best cinematography Beasts of the Southern Wild
John Cassavetes Award Middle of Nowhere
Best Female Lead Jennifer Lawrence “Silver Linings Playbook”
Best Male Lead John Hawkes “The Sessions”
Best Supporting Female Helen Hunt “The Sessions”
Best Supporting Male Matthew McConaughey “Magic Mike”
Best Documentary The Invisible War
Best International Film Amour
Robert Altman Award Starlet

 

Se volevate invece scoprire qual è stato il peggior film dell’anno, non dovevate perdervi l’antipremio per eccellenza i Razzies, letteralmente pernacchie. Ad aggiudicarsi questo infausto titolo, assieme al maggior numero di pernacchie, è stata la seconda puntata di Breaking Dawn della saga di Twilight: tra questi c’è la nomina di peggior film, peggiori attori, attore non protagonista, peggior coppia sullo schermo, peggior regista. Adam Sandler si è aggiudicato, invece, la nomina di peggiore attore in That’s my boy che, a onor di cronaca, ha portato a casa anche il premio per la peggiore sceneggiatura (per Adam Sandler comunque non si tratta di una novità dal momento che aveva vinto lo stesso premio l’anno scorso). Ultima statuetta è stata assegnata a Rihanna come peggior attrice non protagonista per il film Battleship.

Per seguirli in diretta dovreste passare in bianco la notte di domenica. Andrà in onda infatti domenica 24 febbraio, a partire dalle 23.00, la cerimonia di premiazione che assegnerà gli Oscar 2013. Mentre attendete, come ogni anno, il responso su chi si aggiudicherà le statuette, ecco quali saranno i vincitori secondo il nostro James Ford

 

Miglior film

Nominations:

Amour
Argo
Re della terra selvaggia
Django Unchained
Les Misérables
Vita di Pi
Lincoln
Il lato positivo
Zero Dark Thirty

La statuetta dell’Academy: Argo, perchè voglio sperare che non vengano premiate marchette come Les Misérables o polpettoni come Lincoln.
Il white russian di Ford: Re della terra selvaggia, perchè è potenza, passione e bellezza. Ed una poesia su pellicola.

 

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Miglior attore

Nominations:

Bradley Cooper per Il lato positivo
Daniel Day-Lewis per Lincoln
Hugh Jackman per Les Misérables
Joaquin Phoenix per The Master
Denzel Washington per Flight

La statuetta dell’Academy: Daniel Day Lewis, anche se il suo Lincoln è accademico e stopposo. E troppo statico.
Il white russian di Ford: Joaquin Phoenix, mostruoso nell’altrettanto potente The master. Potrà non stare simpatico a molti, ma resta uno degli attori più dotati della sua generazione.

 

Migliore attrice

Nominations:

Jessica Chastain per Zero Dark Thirty
Jennifer Lawrence per Il lato positivo
Emmanuelle Riva per Amour
Quvenzhané Wallis per Re della terra selvaggia
Naomi Watts per The Impossible

La statuetta dell’Academy: Jessica Chastain, perchè è il simbolo di una rivincita femminile come lo fu qualche anno fa Kathryn Bigelow.
Il white russian di Ford: Quvenzhané Wallis, perchè è poesia pura come la sua Hushpuppy. Ma anche Jennifer Lawrence non mi starebbe male.

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Miglior attore non protagonista

Nominations:

Alan Arkin per Argo
Robert De Niro per Il lato positivo
Philip Seymour Hoffman per The Master
Tommy Lee Jones per Lincoln
Christoph Waltz per Django Unchained

La statuetta dell’Academy: Philip Seymour Hoffman, perchè è indubbiamente fenomenale.
Il white russian di Ford: Christoph Waltz, perchè è anche più di fenomenale. Quasi divino. Anzi, unchained.

 

Migliore attrice non protagonista

Nominations:

Amy Adams per The Master
Sally Field per Lincoln
Anne Hathaway per Les Misérables
Helen Hunt per The Sessions – Gli incontri
Jacki Weaver per Il lato positivo

La statuetta dell’Academy: Anne Hathaway, perchè la sua performance in Les Misérables è stata indubbiamente strepitosa.
Il white russian di Ford: Anne Hathaway, perchè anche se la detesto, la sua performance in Les Misérables è stata indubbiamente strepitosa.

 

Miglior regia

Nominations:

Michael Haneke per Amour
Ang Lee per Vita di Pi
David O. Russell per Il lato positivo
Steven Spielberg per Lincoln
Benh Zeitlin per Re della terra selvaggia

La statuetta dell’Academy: Steven Spielberg, perchè tecnicamente fa spavento e perchè non si possono permettere di ignorarlo.
Il white russian di Ford: Benh Zeitlin, perchè l’avrei data a Tarantino – che non è contemplato – e perchè il suo film è clamoroso.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=R4JLsGXxJLI?rel=0]

 

 

Miglior sceneggiatura originale

Nominations:

Amour: Michael Haneke
Django Unchained: Quentin Tarantino
Flight: John Gatins
Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore: Wes Anderson, Roman Coppola
Zero Dark Thirty: Mark Boal

La statuetta dell’Academy: Django Unchained, perchè Tarantino non può essere ignorato decisamente con più meriti di Spielberg.
Il white russian di Ford: Zero Dark Thirty, perchè è un film straordinario per tecnica, scrittura e struttura. E il merito va diviso equamente tra regia e script.

 

Miglior sceneggiatura non originale

Nominations:

Argo: Chris Terrio
Re della terra selvaggia: Lucy Alibar, Benh Zeitlin
Vita di Pi: David Magee
Lincoln: Tony Kushner
Il lato positivo: David O. Russell

La statuetta dell’Academy: Argo, perchè sarà il vero trionfatore della notte degli Oscar.
Il white russian di Ford: Il lato positivo, perchè è l’oustider indie dell’anno, è scritto con empatia e profondità e rappresenta il sentimento ed il “goonie” dei candidati al miglior film.

 

Miglior film d’animazione

Nominations:

Ribelle – The Brave: Mark Andrews, Brenda Chapman
Frankenweenie: Tim Burton
ParaNorman: Sam Fell, Chris Butler
Pirati! Briganti da strapazzo: Peter Lord
Ralph Spaccatutto: Rich Moore

La statuetta dell’Academy: Brave, perchè la Pixar è una fucina di idee e tecnica impareggiabile.
Il white russian di Ford: Frankenweenie, perchè nonostante adori la Pixar, non posso non celebrare il ritorno del vero Tim Burton.

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Miglior film straniero

Nominations:

Amour (Austria)
Rebelle (Canada)
No (Chile)
En kongelig affære (Denmark)
Kon-Tiki (Norway)

La statuetta dell’Academy: Amour, perchè Haneke deve vincere, altrimenti non avrebbe raccolto tutte le nominations elencate fino ad ora.
Il white russian di Ford: Kon-Tiki, esempio di Cinema intenso, coinvolgente, emozionante e coraggioso.

 

Miglior fotografia

Nominations:

Anna Karenina: Seamus McGarvey
Django Unchained: Robert Richardson
Vita di Pi: Claudio Miranda
Lincoln: Janusz Kaminski
Skyfall: Roger Deakins

La statuetta dell’Academy: Lincoln, indubbiamente un lavoro senza una sola sbavatura.
Il white russian di Ford: Lincoln, che per quanto noioso sia, resta una pellicola realizzata con maestria quasi insuperabile.

 

Miglior montaggio

Nominations:

Argo: William Goldenberg
Vita di Pi: Tim Squyres
Lincoln: Michael Kahn
Il lato positivo: Jay Cassidy, Crispin Struthers
Zero Dark Thirty: William Goldenberg, Dylan Tichenor

La statuetta dell’Academy: Argo o Lincoln, giusto per non smentirsi troppo.
Il white russian di Ford: Zero Dark Thirty, con la sua mezzora finale da paura.

 


Miglior production design

Nominations:

Anna Karenina: Sarah Greenwood, Katie Spencer
Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato: Dan Hennah, Ra Vincent, Simon Bright
Les Misérables: Eve Stewart, Anna Lynch-Robinson
Vita di Pi: David Gropman, Anna Pinnock
Lincoln: Rick Carter, Jim Erickson

La statuetta dell’Academy: Les Misérables, troppo patinato per non essere da Oscar.
Il white russian di Ford: Lo Hobbit, un’epopea strepitosa all’altezza della trilogia de Il signore degli anelli.

 

Migliori costumi

Nominations:

Anna Karenina: Jacqueline Durran
Les Misérables: Paco Delgado
Lincoln: Joanna Johnston
Biancaneve: Eiko Ishioka
Biancaneve e il cacciatore: Colleen Atwood

La statuetta dell’Academy: Les Misérables, di nuovo troppo patinato per non essere da Oscar.
Il white russian di Ford: Anna Karenina, perchè anche se non l’ho ancora visto, vado sulla fiducia.

 

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Miglior trucco

Nominations:

Hitchcock: Howard Berger, Peter Montagna, Martin Samuel
Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato: Peter King, Rick Findlater, Tami Lane
Les Misérables: Lisa Westcott, Julie Dartnell

La statuetta dell’Academy: Les Misérables, devo ripetermi!?
Il white russian di Ford: Lo Hobbit. Devo ripetere la ripetizione!?

 

Miglior colonna sonora

Nominations:

Anna Karenina: Dario Marianelli
Argo: Alexandre Desplat
Vita di Pi: Mychael Danna
Lincoln: John Williams
Skyfall: Thomas Newman

La statuetta dell’Academy: Lincoln, valgono più o meno le stesse ragioni de Les Misérables.
Il white russian di Ford: una qualsiasi delle altre, giusto per non darla vinta a Lincoln.

 

Miglior canzone

Nominees:

Chasing Ice: J. Ralph(“Before My Time”)
Les Misérables: Alain Boublil, Claude-Michel Schönberg, Herbert Kretzmer(“Suddenly”)
Vita di Pi: Mychael Danna, Bombay Jayshree(“Pi’s Lullaby”)
Skyfall: Adele, Paul Epworth(“Skyfall”)
Ted: Walter Murphy, Seth MacFarlane(“Everybody Needs a Best Friend”)

La statuetta dell’Academy: Skyfall, forse la statuetta più scontata della nottata.
Il white russian di Ford: Skyfall, il talento di Adele è unico, ed il pezzo spacca. Inutile cercare scuse.

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Miglior mixaggio sonoro

Nominations:

Argo: John T. Reitz, Gregg Rudloff, José Antonio García
Les Misérables: Andy Nelson, Mark Paterson, Simon Hayes
Vita di Pi: Ron Bartlett, Doug Hemphill, Drew Kunin
Lincoln: Andy Nelson, Gary Rydstrom, Ron Judkins
Skyfall: Scott Millan, Greg P. Russell, Stuart Wilson

La statuetta dell’Academy: Les Misérables, giusto per non fargli mancare niente.
Il white russian di Ford: Skyfall, giusto per dare contro a Les Misérables e all’Academy.

 

Miglior montaggio sonoro

Nominations:

Argo: Erik Aadahl, Ethan Van der Ryn
Django Unchained: Wylie Stateman
Vita di Pi: Eugene Gearty, Philip Stockton
Skyfall: Per Hallberg, Karen M. Baker
Zero Dark Thirty: Paul N.J. Ottosson

La statuetta dell’Academy: Skyfall, perchè questi sono gli unici premi cui può ambire.
Il white russian di Ford: Zero Dark Thirty, vale lo stesso discorso fatto per il montaggio video.

 

Migliori effetti

Nominations:

The Avengers: Janek Sirrs, Jeff White, Guy Williams, Daniel Sudick
Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato: Joe Letteri, Eric Saindon, David Clayton, R. Christopher White
Vita di Pi: Bill Westenhofer, Guillaume Rocheron, Erik De Boer, Donald Elliott
Prometheus: Richard Stammers, Trevor Wood, Charley Henley, Martin Hill
Biancaneve e il cacciatore: Cedric Nicolas-Troyan, Phil Brennan, Neil Corbould, Michael Dawson

La statuetta dell’Academy: Vita di Pi, strepitoso dal punto di vista visivo e penalizzato rispetto ad altre pellicole fatte apposta per l’Academy per quanto riguarda i premi maggiori.
Il white russian di Ford: Lo Hobbit, un tripudio per gli occhi come per il cuore e lo spirito d’avventura.

 

Miglior documentario

Nominations:

5 Broken Cameras: Emad Burnat, Guy Davidi
The Gatekeepers: Dror Moreh, Philippa Kowarsky, Estelle Fialon
How to Survive a Plague: David France, Howard Gertler
The Invisible War: Kirby Dick, Amy Ziering
Searching for Sugar Man: Malik Bendjelloul, Simon Chinn

La statuetta dell’Academy: non conosco nessuno dei titoli, dunque vado totalmente a caso, The Gatekeepers.
Il white russian di Ford: stesso discorso. 5 broken cameras.

 

Miglior corto documentario

Nominations:

Inocente: Sean Fine, Andrea Nix
Kings Point: Sari Gilman, Jedd Wider
Mondays at Racine: Cynthia Wade, Robin Honan
Open Heart: Kief Davidson, Cori Shepherd Stern
Redemption: Jon Alpert, Matthew O’Neill

La statuetta dell’Academy: come sopra. Redemption.
Il white russian di Ford: e di nuovo. Open heart.

 

Miglior corto animato

Nominations:

Adam and Dog: Minkyu Lee
Fresh Guacamole: PES
Head Over Heels: Timothy Reckart, Fodhla Cronin O’Reilly
Paperman: John Kahrs
The Simpsons: The Longest Daycare: David Silverman

La statuetta dell’Academy: ne ho visto solo uno, ma mi basta, e penso anche all’Academy. Paperman.
Il white russian di Ford: Paperman, senza se e senza ma.

 

Miglior corto

Nominations:

Asad: Bryan Buckley, Mino Jarjoura
Buzkashi Boys: Sam French, Ariel Nasr
Curfew: Shawn Christensen
Dood van een Schaduw: Tom Van Avermaet, Ellen De Waele
Henry: Yan England

La statuetta dell’Academy: mi pare di diventare monotono, rispetto ai premi di cui non conosco nulla e francamente mi interessa poco. Così a occhio l’Academy andrà con Asad.

 

 

 

Ogni anno, attraverso i loro scatti, ci testimoniano gli avvenimenti salienti accaduti in giro per il mondo. Che siano piacevoli come i Giochi Olimpici o agghiaccianti come i bombardamenti e combattimenti, le foto vincitrici del World Press Photo riescono a trasmettere e a farci percepire in modo impeccabile l’atmosfera dei luoghi dove sono state scattate. Ecco le vincitrici di quest’anno, in cui la giuria è stata presieduta dallo statunitense Santiago Lyon, direttore della fotografia per l’agenzia Associated Press. Prima di aprire la galleria è doveroso segnalarvi che alcune foto riportano immagini scioccanti.

Quest’anno sarà la sua ottantacinquesima edizione: la notte che consacra le stelle del cinema, con la consegna dell’Academy Awad, è nata infatti nel 1929 e da allora si è affermata come l’appuntamento più atteso, che riconosce la qualità delle pellicole cinematografiche uscite durante l’anno. Oltre ai consueti premi come miglior sceneggiatura, attore o scenografia, esiste anche il riconoscimento per il miglior corto d’animazione, spesso lasciato un po’ in disparte e poco considerato, ma che in realtà riserva il più delle volte delle sorprese per valore e bellezza. Lo confermano i candidati di quest’anno: cinque piccoli racconti che riescono a concentrare in pochi minuti trame avvincenti e appassionanti. Eccoli:

 

 

 

Adam and Dog – Minkyu Lee
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Una simpatica storia, ambientata nel periodo preistorico, che narra come è nata una splendida amicizia che dura sino ai nostri giorni: quella tra il goffo Adam, il primo rappresentante della specie umana e il compagno che gli è rimasto fedele nei secoli, il cane.


Fresh Guacamole – PES

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Una ricetta sfiziosa ed intrigante, ma che difficilmente riuscirete a riprodurre a casa vostra, a meno che non vogliate servirvi di bombe a mano, palline da tennis, lampadine, dadi: tutti oggetti che nella fantasia del regista, una volta tagliati o spremuti, si trasformano in autentici cibi di prima qualità. Il risultato finale è sorprendete, e con un po’ d’immaginazione, anche invitante.

 


Head over Heels – Timothy Reckart e Fodhla Cronin O’Reilly

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Si dice che tra moglie e marito è meglio non mettere il dito, ma questo non significa che non si possa sbirciare ogni tanto per capire come procede la vita coniugale. I protagonisti del corto sono proprio una coppia, di una certa età, che forse dopo anni di matrimonio, non riesce proprio ad andare più d’accordo, tanto che da diventare l’uno l’opposto dell’altra (nel vero senso dell’espressione). Una rappresentazione ironica, divertente, ma molto esplicativa dell’incomunicabilità nella coppia…chissà come andrà a finire.

 


The Longest Daycare – David Silverman

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Per tutti gli amanti dei Simpson è candidato anche il cortometraggio diretto dal regista e autore del celebre cartone televisivo. Questa volta la protagonista è la piccola Maggie che, armata del suo ninnolo e del suo ciuccio, ci guiderà all’interno delle sue pericolose avventure.

 

Paperman – John Kahrs

 

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Il più romantico dei corti presentati agli Oscar. Sei minuti coinvolgenti e divertenti, che raccontano una storia d’altri tempi. Il video è prodotto dalla Disney ed è l’unico tra i cinque visibile online integralmente.

 

Secondo voi quale tra questi si aggiudicherà l’Oscar?

 

Durante la XIII edizione del Premio Ermanno Casoli, inaugurato a Fabriano il 18 ottobre scorso, è stata nominata come vincitrice l’artista Anna Franceschini con la presentazione di una videoinstallazione nominata ROCK-PAPER-SCISSORS ovvero “sasso-carta-forbice”.

Istituito nel 1998, il Premio Ermanno Casoli invita artisti chiamati a progettare un’opera nella cui realizzazione sia coinvolto il territorio ospitante. La Fondazione omonima istituita nel 2007, attraverso questo premio intende promuovere il lavoro di giovani artisti la cui ricerca sia in linea con i propri principi, come l’interazione fra ambiti e discipline differenti, la capacità di scardinare convenzioni e comportamenti acquisiti, una concezione dell’arte come modello etico di comportamento in grado di incentivare l’innovazione e di sviluppare nuovi contesti sociali. Attraverso il Premio Ermanno Casoli l’artista vincitore ha infatti la possibilità di relazionarsi con un’azienda e con le persone che ci lavorano, rafforzando l’obiettivo della Fondazione di divulgare il linguaggio dell’arte contemporanea all’interno delle imprese, in quanto efficace attivatore di cambiamento culturale e innovazione.

La videoinstallazione della vincitrice Anna Franceschini, che lavora sul cinema sperimentale, è stata concepita secondo le regole combinatorie del gioco della Morra Cinese, ovvero sasso, carta, forbice. L’utilizzo di immagini sovrapposte e mescolate creano un perfetto equilibrio tra la diversità dei paesaggi che caratterizzano l’identità del territorio di Fabriano, dai paesaggi rupestri a luoghi con una forte connotazione industriale ed economica di cui questo territorio è caratterizzato. Si tratta proprio di quella che in inglese viene chiamata artistic intervention, ovvero cercare di inglobare una struttura produttiva in un apparato estetico. L’artista è entrata nel comparto produttivo di Elica, azienda che produce cappe da cucina, e ha filmato alcune fasi della produzione, al fine di far interagire questi materiali con altri provenienti dal paesaggio che la città di Fabriano offre. In questo senso l’artista ha trattato quelle che sono le fasi della produzione dell’azienda come uno dei tanti elementi che compongono la molteplicità geografica e sociale del territorio. La videoinstallazione è stata successivamente collocata proprio all’interno dell’area logistica dell’azienda in maniera tale che se la palestra interna all’azienda rende un servizio al corpo e alla salute di chi ci lavora, con questo intervento si rende ai dipendenti un piccolo servizio all’immaginario.

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Un villaggio sperduto nella giungla nicaraguense, Greytown, ombelico misterioso e raccordo geografico ideale delle due facce del continente americano, e due vite sul crinale dell’infanzia: “El ojo del tiburón”è il film-documentario vincitore dell’ultima edizione del Premio Enel Cuore al Cinema Sociale.
Riconoscimento giunto ormai al sesto anno di vita, il Premio Enel Cuore al Cinema Sociale, frutto della collaborazione tra Enel Cuore Onlus e la Fondazione Cinema per Roma, è stato istituito nel 2007 con lo scopo di valorizzare film-documentari, italiani o stranieri, che portano all’attenzione storie di umanità fragili, conducendo e coinvolgendo lo sguardo dello spettatore verso una più profonda sensibilità nei confronti dei valori della solidarietà.

Ripercorrendo velocemente le geografie e i territori esistenziali tracciati dai film vincitori delle ultime edizioni, emerge in modo chiaro l’intento del Premio Enel Cuore al Cinema Sociale di promuoverne il valore socio-culturale e l’intensità dei linguaggi e contenuti: dalla guerra in Nord Uganda in “War Dance” (2007) di Sean e Andrea Nix Fine, all’esperienza della malattia de “Il silenzio prima della musica” (2008) del regista Eric Metzgar, passando per i racconti di povertà estrema e di traffici di organi tra India e Brasile in “H.O.T. – Human Organ Traffic” (2009) dell’italiano Roberto Orazi, sostando per vivere la quotidianità di un villaggio senegalese in “DIOL KADD. Vita diario e riprese in un villaggio del Senegal” (2010) di Gianni Celati, fino allo sfruttamento di giovani aspiranti modelle in un viaggio che dalla Siberia ha portato a Tokyo con “Girl Model” (2011) dei registi David Redmond e Ashley Sabin.

l valore culturale della pellicola vincitrice dell’edizione del 2012 non è da meno e questa volta conduce in America Latina, più precisamente in un remoto villaggio incastonato tra l’oceano e la giungla del Nicaragua: “El ojo del tiburón”, terzo documentario realizzato da Alejo Hoijman, restituisce la passione e la curiosità con cui il regista argentino, classe ’72, ha catturato le vite di Maicol e Bryan nell’estate della loro vita, quella delle scelte che conducono all’età adulta e dei destini che si separano tra cacciatori di squali e trafficanti di droga, sullo sfondo una guerra civile lacerante e una povertà dai toni epici. Narrazioni di miserie e sofferenze a cui la Enel, attraverso la sua Onlus, Enel Cuore, vuole mostrarsi particolarmente sensibile pur essendo implicata in alcuni progetti che destano frequenti e non poche critiche. Se da un lato la società elettrica si propone di incoraggiare il valore della solidarietà e promuovere la tutela dei diritti umani, dall’altro è accusata, in particolare dall’ultima campagna di Greenpeace “Enel killer del clima”, di trascurarne uno tra i più rilevanti: il diritto alla salute. Inoltre, sebbene coinvolta in alcune iniziative solidali e di sviluppo in America Latina, è spesso aspramente incolpata dalle comunità indigene dell’impoverimento e del saccheggio delle risorse causati dalla costruzione di impianti idroelettrici nei loro territori.

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Si è conclusa l’impresa di un Festival del cinema organizzato in quattro mesi: i premi sono stati consegnati, il sipario è calato ed è arrivato il momento di tirare le somme.
I bilanci si basano su indicatori di qualità e quantità. Un Festival che forse ha scontentato i cinefili più esigenti che hanno lamentato poche pellicole degne del podio, pochi nomi autorevoli presenti, una giuria contestata per alcuni premi, come quelli al film “E la chiamano estate”, riconoscimenti che comunque non riescono a legittimare in modo convincente i cospicui fondi assegnati al film di Paolo Franchi. Per quanto riguarda i numeri: 25.000 le presenze registrate durante il week-end e 100.000 i visitatori del villaggio del cinema. Ottimi i riscontri di “Alice in città” nel nuovo spazio autonomo che, nei primi giorni, ha ospitato 85 scuole, ha registrato 12.500 presenze e soprattutto ha dimostrato come il basso costo del biglietto vada incontro alle esigenze del pubblico che ripaga tale scelta.
In ogni caso è stato un Festival che ha saputo accogliere anche la contestazione: la protesta ecologista di Greenpeace all’insegna dello slogan: “Enel veleno, morte per tutti”, con gli attivisti che hanno proiettato sui muri dell’Auditorium alcuni video; gli studenti hanno sfilato contro i tagli alla cultura e in difesa della scuola pubblica; alcuni manifestanti di Occupy, hanno protestato contro la disoccupazione e le motivazioni di una crisi che non sono rintracciabili solo nella recessione economica ma anche nella politica del malaffare.

Ma dopo le cifre e le valutazioni degli esperti, abbiamo chiesti al pubblico un parere sul Festival e per questo abbiamo intervistato una frequentatrice abituale delle varie edizioni del Festival, Laura T. di Roma, e un’appassionata di cinema ma alla sua prima esperienza qui all’Auditorium, Virginia F.


Cosa pensa del programma di quest’anno, sia della selezione dei film italiani che di quelli stranieri?
Laura: Credo che la crisi economica mondiale abbia avuto una ripercussione drammatica anche nel settore cinema. Quest’anno ci sono stati pochi contributivi significativi, ma non dobbiamo disperare, contiamo in una ripresa economica e cinematografica.
Virginia: L’ho trovato estremamente variegato, “ce n’è per tutti i gusti”: dai film-evento di massa lanciatissimi, dal red carpet delle star del momento, a quelli di élite, più attenti alle innovazioni; dai documentari alle retrospettive, con un’attenzione particolare rivolta al genere per ragazzi. Sicuramente un ottimo trampolino di lancio anche per il nostro cinema italiano, con alcune proposte interessanti.

Una valutazione sull’organizzazione?
Laura:
Roma è sempre prodiga di braccia e volontà ma ciò non ha risolto alcune lacune; per esempio il sovrapporsi di spettacoli di punta concomitanti con altri eventi e rappresentazioni in siti lontani tra loro (per es. Barberini).
Virginia: Soddisfacente: personale addetto disponibile, sito internet curato, distribuzione delle proiezioni tra le varie sale ben organizzata. Forse avrei visto con favore una maggiore disponibilità di spazi allestiti per l’occasione nel centro storico, soprattutto per gli spettacoli serali, più facilmente fruibili per chi, come me, lavora durante il giorno e non ha potuto godere appieno degli eventi tenutisi durante la settimana lavorativa, perché essenzialmente concentrati nel Polo Auditorium.

Le sedi di proiezione le sono sembrate adeguate?
Laura:
Complimenti per il nuovo padiglione “Alice nella città”. Il Maxxi, per quanto bello come museo, risulta carente per il numero dei posti disponibili e l’acustica non è ottima.
Virginia: Le proiezioni a cui ho assistito si sono svolte presso la Sala MAXXI del Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo e al Barberini. La prima, in particolare, è stata una piacevole sorpresa, perché, dalla sua inaugurazione nel 2010, non avevo ancora avuto occasione di visitare l’interno del complesso. Salacinema molto bella, all’insegna del comfort e del design più accattivante.

In questo periodo di crisi il costo dei biglietti le è sembrato adeguato?
Laura:
Mi ripeto, considerata la “crisi mondiale” la risposta è scontata…
Virginia: Escludendo gli eventi delle anteprime “VIP”, con un costo che reputo francamente esagerato per una proiezione cinematografica, ho notato delle iniziative che vengono incontro al pubblico, composto spesso di giovani: previsioni di riduzioni varie, concorsi con in palio biglietti gratuiti, proiezioni “mini” al prezzo di uno snack, 3 euro.

Quale film ha apprezzato particolarmente e quale non le è piaciuto?
Laura:
Il film più interessante è stato “Aspettando il mare” quello che mi è piaciuto meno: “Il regno delle carte”
Virginia: Mi è piaciuto Mental, di P.J. Hogan: la follia ai nostri tempi, vista dall’eccentrico regista nella sua Australia… ancora un ritratto comico-grottesco della nostra società. Bravissima Toni Collette.
Delusione per Narmada: anzitutto mi è risultato incomprensibile l’abbinamento con l’altro corto girato nelle Filippine, tempo massimo di sopportazione per quest’ultimo: 10 minuti. Sempre per Narmada, la lentezza del ritmo – prevedibile – non è stata bilanciata da un adeguato approfondimento della questione della lotta alle catastrofi naturali e sociali nella corsa al progresso dell’India moderna. Un’occasione persa.

L’attore o l’attrice di cui le è piaciuta in particolare la recitazione?
Laura:
Sebastian Koch, protagonista del film Suspension of Disbelief
Virginia: Confermo la Collette, sicuramente anche per l’effetto revival della sua precedente interpretazione ne “Le nozze di Muriel”, sempre per la regia di P.J. Hogan.

Con quale protagonista del red-carpet avrebbe preso volentieri un caffè e quale domanda gli avrebbe voluto fare?
Laura:
Adrien Brody a cui avrei chiesto “che cosa si prova ad indossare il “Traje de Luces” (n.d.r. tradizionale abito dei toreri) anche se solo al cinema.
Virginia: Dopo aver ammirato le sue foto sul red-carpet in mezzo ad un cast di attori cinesi, direi senz’altro Adrien Brody, anche perché mi risulta che abbia disertato la conferenza stampa per 1942. Gli avrei chiesto della sua esperienza di attore hollywoodiano in un kolossal cinese; il confronto con lo stile di recitazione, le difficoltà con la tematica… la censura che ancora opera in quel Paese.

A Laura: ritiene le passate edizioni migliori? Se si, quali?
Come in amore: la prima edizione.

A Virginia: può inviare consigli e suggerimenti all’Organizzazione del Festival, quindi quali sono le sue indicazioni per renderla migliore, più conosciuta a livello internazionale e nota al grande pubblico?
Virginia:
A mio avviso, bisogna sempre partire da un’accurata selezione delle pellicole: se i film sono di qualità, nel mondo globalizzato di oggi, non fanno fatica a superare confini territoriali e far breccia tra il grande pubblico. Ritengo che si possano sfruttare di più le locations uniche che offre la città di Roma, estendendo gli eventi più importanti (anche per i problemi di capienza delle sale) in altri luoghi del centro storico o di altri quartieri caratteristici. Non ultimo, si potrebbe studiare una modulazione del prezzo di costo dei biglietti, magari legandoli ad altri eventi (concerti, mostre tematiche…), o prevedendo ulteriori spettacoli a prezzi ridotti.

Non possiamo che accogliere volentieri l’invito di Virginia al contenimento dei costi, è stato bello vedere in questi giorni diversi studenti universitari, che hanno beneficiato dell’accredito culturale, studiare le materie di esame nelle pause delle proiezioni in sala, un sistema interdisciplinare di apprendimento che sicuramente può dare i suoi frutti.
Arrivederci alla prossima edizione, Festival go on!

 

Si sono conclusi domenica i #MIA12, ovvero i Macchianera Italian Awards, premi del web istituiti ormai dal 2003 dal celebre sito Macchianera di Gianluca Neri.
Il Blogfest, il raduno durante il quale vengono annunciati i vincitori tra i nominati dagli utenti del sito, si tiene ogni anno a Riva del Garda e, come tutte le kermesse che si rispettano, anche questa non è scevra da polemiche.

Che quest’anno sono iniziate anche molto prima la proclamazione dei vincitori: infatti il sistema di voto con cui ogni utente può espremire le proprie preferenze sui siti che più lo aggradano all’interno delle categorie specificate, è stato ritoccato in corsa, quando già in molti avevano cominciato ad esprimere le proprie scelte e ad inviare le schede ai gestori del sito. Una manovra che non è andata giù a molti utenti che lo hanno espressamente manifestato nei commenti pubblicati sotto al post in oggetto.

Superato l’empasse iniziale anche nel finale le polemiche, che poi si sono diffuse soprattutto sui social network (Twitter capofila), hanno trovato ampi margini di discussione: in primis molti utenti, alla vista della classifica finale, hanno polemizzato sia sulla banalità delle scelte, sia sull’aggregazione, a parer di molti ingiusta, di blog e siti nella stessa categoria. Non doveva infatti essere solo una BlogFest? Cosa ci fanno siti come Chefuturo! che, seppur innovativi e originali, hanno certamente una forza (economica e tecnologica) ben diversa (essendo progetto di Telecom) da altri blog simili di giovani che non ricevono neppure un euro per la comunicazione o per gli aggiornamenti tecnologici?

Ma le polemiche non finiscono qui: all’annuncio della vincita del “Fatto Quotidiano” come miglior sito politico-d’opinione, su Twitter molti utenti hanno rimarcato come la vittoria dovesse essere quantomeno dedicata ai blogger che ogni giorno scrivono sul giornale senza ricevere alcun compenso.

Tra polemiche fondate ed altre montate, i Macchianera Award rimangono comunque un appuntamento da non perdere per gestori di siti e blog e per gli utenti della rete che ogni anno dalla classifica possono scovare novità interessanti e personaggi influenti…da non perdere d’occhio!

http://www.macchianera.net/wp-content/uploads/2012/10/classificamia2012.html