Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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L’1 dicembre è la Giornata Mondiale contro l’AIDS. 56 artisti si sono preparati per partecipare, in collaborazione con Eastpak Artist Studio.
Il progetto ha previsto lo stravolgimento del celebre zainetto, trasformato in opera d’arte dalle mani e dal genio di creativi provenienti da tutto il mondo. L’Italia ha partecipato con le creazioni di Enrico Robusti, Maicol & Mirco, Simone Legno – Tokidoki, The Bloody Beetroots, No Curves (i primi 5 in galleria), che hanno trasformato un oggetto comune in scultura, tela, disegno, fumetto.
Le opere saranno acquistabili dal 2 dicembre e tutti i proventi andranno all’organizzazione no-profit Designers Against Aids.
Per vedere le opere di tutti gli artisti è possibile visionare il sito ufficiale del progetto.
La relazione fra pubblico e privato nella gestione e nella valorizzazione della cultura ha sempre costituito un tema caldo, un nodo da sciogliere, in un Paese che come il nostro è nato guardando ai beni culturali da una prospettiva centralista e che per molti versi ancora stenta a mutare la sua prospettiva. Imprese culturali e creative, start up, organizzazioni di terzo settore operanti a diverso livello nell’ambito- dalla conservazione alla valorizzazione, dalla formazione alla progettazione – da sempre si scontrano con la difficoltà di ricavarsi un ruolo legittimo al fianco del potere pubblico, dovendo confrontarsi al tempo stesso con il mercato e la sua domanda. Colpito duramente dalla tempesta economica e finanziaria che dal 2007 si è abbattuta sull’orizzonte internazionale, questo tessuto imprenditoriale, fatto di persone, idee e progettualità, è la frangia del settore culturale e creativo che si mette maggiormente in gioco, accettando in prima persona la sfida di fare cultura in un Paese centralista e burocratizzato come l’Italia e confrontandosi continuamente col mercato e con la redditività degli investimenti intrapresi.
Chi decide di fare cultura si assume il compito di immaginare il futuro, di sperimentare idee, progetti, prodotti e servizi ad alto valore aggiunto e si prefigge l’obiettivo di dare vita a modelli di attività e produzione sostenibili, capaci di generare output che incontrino i desideri della domanda e sappiano stimolarli, restando competitivi sul mercato. Non è forse a tutti quei soggetti che decidono di assumere un approccio imprenditoriale nei confronti delle attività culturali e creative che dovrebbe andare il sostegno pubblico e comunitario in una congiuntura difficile come quella attuale? Come suggerisce lo stesso Libro Verde della Comunità Europea, è la nascita di nuove imprese, soprattutto nei settori di riferimento, a rappresentare uno dei mezzi più efficienti per lo sviluppo del sistema economico e sempre cultura e creatività costituiscono due leve strategiche per la riconversione dei territori, colpiti dalla crisi dell’industria e della manifattura.
Di sostegno si è effettivamente parlato, ma forse nella confusione del momento si è perso di vista l’obiettivo di fondo, ovvero l’introduzione di misure che supportino lo sviluppo di un comparto, laddove per comparto si vogliono intendere le realtà imprenditoriali e di terzo settore che concorrono in prima persona a dare vita alle attività, al fianco del pubblico, assumendosi il rischio.
Mi riferisco alla proposta, avanzata in relazione al ciclo di programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, di costituire un Fondo per la Progettualità Culturale concepito, in ultima istanza, per il finanziamento degli Studi di Fattibilità Esecutivi: naturali e possibile committenze dalla Pubblica Amministrazione alle grandi società di consulenza, come Federculture, la Fondazione Fitzcarraldo, Struttura e la stessa Monti&Taft, per fare solo alcuni nomi. Tale misura dovrebbe concorrere in modo forte alla riqualificazione della progettualità portata avanti dalla Pubblica Amministrazione, facilitando la concertazione interistituzionale e stimolando al tempo stesso la partecipazione del privato alle iniziative realizzate, beneficiarie di una maggiore “certificazione di sicurezza” dal punto di vista della resa economica e finanziaria.
Ponendosi l’obiettivo della crescita sistemica del settore culturale, forse l’istituzione di una misura forte come quella del Fondo di Garanzia diventa legittima, forse, se pensata in relazione alle Micro e Piccole Medie Imprese, alle start up e alle organizzazioni di terzo settore che a diverso titolo provano a concorrere sul mercato,sull’onda della crisi e della burocrazia. Incentivi per l’imprenditoria giovanile, agevolazioni per le nuove assunzioni, benefici fiscali, sussidi per la ricerca e l’internazionalizzazione dei prodotti e dei servizi sono solo alcuni delle misure che potrebbero rientrare nella sfera d’azione di un fondo pensato appositamente per il sostegno delle imprese e delle organizzazioni culturali italiane, in un’ottica di reale apertura al privato, profit e non profit.
Foto di Ian Lyam Design
Il 25 novembre del 1960 tre sorelle si recavano in carcere per andare a trovare i loro mariti, arrestati per essere parte di un movimento segreto contro il dittatore Trujillo, in quegli anni a capo della Repubblica Dominicana. Quello stesso giorno Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal vennero torturate e brutalmente uccise per essere loro stesse membri attivi e ideatori della ribellione contro uno dei più spietati capi politici della storia.
Dal 1999 l’Assemblea Generale della Nazioni Uniti ha scelto proprio il 25 novembre per celebrare la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Questa storia si può leggere un po’ dappertutto, specie in questi ultimi giorni che preludono al 25 novembre. Quelle che probabilmente non conosciamo, invece, sono le storie di donne comuni che quotidianamente soffrono abusi e violenze psicologiche e fisiche. Veniamo a conoscenza delle loro vicende solo quando, tristemente, finiscono sulle pagine della cronaca nera.
Sentire di donne, di tutte le nazionalità e le età, uccise dai compagni, dai mariti, dai fidanzati, da conoscenti o sconosciuti, ormai è un fatto che ricorre di frequentissimo e il rischio è che il femminicidio diventi una prassi così comune da passare inosservata. L’Onlus Intervita ha concluso da poco l’indagine nazionale “Quanto costa il silenzio sulla violenza contro le donne?”, stimando in 17 miliardi il prezzo che la collettività paga a causa dei maltrattamenti sulle donne non denunciati, di cui 14 miliardi sono i costi dei danni umani, emotivi ed esistenziali, che si ripercuotono su famiglie e figli.
La Giornata mondiale contro la violenza sulle donne diventa allora un momento essenziale per ricordare che anche nei 364 giorni all’anno che gli succedono le donne vanno rispettate e amate.
Moltissimi sono gli eventi organizzati in tutto il mondo da CGIL, aziende, associazioni, Onlus, privati per dire no alla violenza contro le donne. A New York, nella sede del Palazzo di Vetro dell’ONU, sarà la nostra Serena Dandini a rappresentare l’Italia con un reading del suo “Ferite a morte”, i monologhi sul femminicidio di cui è autrice insieme a Maura Misiti che, dopo essere stati rappresentati in tutta Italia, adesso stanno facendo il giro del mondo. Insieme a lei ci saranno altri nomi rappresentativi dell’arte e della cultura al femminile: Valeria Golino, Marina Abramovic, Amanda Palmer, tra le altre.
Contemporaneamente, a Roma, presso la Camera dei Deputati, “Ferite a morte” sarà interpretato da Lunetta Savino, Ambra Angiolini, Sonia Bergamasco, Angela Finocchiaro, Geppi Cucciari, Malika Ayane, nell’ambito delle celebrazioni istituzionali della Giornata, su invito di Laura Boldrini. Saranno anche altri gli eventi sul tema donne nella capitale. Al Palazzo delle Esposizioni, ad esempio, si terrà ad ingresso gratuito il recital di poesie sull’amore di Mariangela Gualtieri, interpretato dalla stessa scrittrice.
Nel quartiere San Lorenzo, nei giorni scorsi, è stato ultimato un murale che ritrae 107 figure di donne coi loro nomi, quelle uccise dall’inizio del 2012, che devono essere ricordate.
A Milano su iniziativa di Intervita si terrà al Teatro Litta, la quarta edizione della rassegna cinematografica “Siamo Pari! La parola alle donne”, dal 22 al 24 novembre.
A Bologna, alle ore 21 del 25 novembre, il Teatro Europauditorium ospiterà anch’esso lo spettacolo della Dandini “Ferite a morte”, mentre nei giorni 23 e 24 novembre di terrà l’VIII edizione del Festival La Violenza Illustrata, organizzato dalla Onlus Casa delle donne per non subire violenza.
A Modena proprio il 25 novembre verrà presentata la campagna One Billion Rising. Dalle ore 17.30 in Piazzetta San Giorgio e Piazzale San Francesco le associazioni femminili, maschili e cittadini leggeranno brani di Eve Ensler e storie raccolte dalla Casa delle donne contro la violenza, dalle associazioni Donne e Giustizia e Maschile Plurale. Seguirà alle 18.30 in Piazza Grande, alla presenza delle associazioni promotrici della rassegna Ti amo da vivere – Dialoghi tra maschile e femminile, il flash mob danzante Break the chain, inno della campagna.
A Firenze gli eventi previsti non si fermeranno solo al 25 novembre, ma animeranno la città fino al 5 dicembre: oltre a convegni, performance, spettacoli, rassegne cinematografiche, per le strade compariranno dei manifesti che spingono alla riflessione e che ricordano a tutte le donne il numero da chiamare in caso di necessità, l’1522. Alle 15 del 25 novembre, in piazza Santissima Annunziata, è previsto anche un flash-mob, ‘Basta alla violenza contro le donne’, promosso dall’azienda regionale per il diritto allo studio, in collaborazione con Angela Torriani Evangelisti e Duccio Scheggi.
In provincia di Arezzo, domenica 24 novembre, presso l’Auditorium Le Fornaci di Terranuova Bracciolini va in scena ‘Petali di rosa’, originale spettacolo di parole e musica della regista Sandra Guidelli. Lo spettacolo sarà interpretato non solo da attrici professioniste, ma anche da donne del luogo, parte della società civile, che interagiranno sul palco per portare la propria esperienza.
I dipendenti della Regione Abruzzo hanno girato a costo zero uno spot sociale contro la violenza di genere, che sarà trasmesso gratuitamente da tutte le emittenti tv regionali il 25 novembre e nei giorni successivi.
A Napoli, dalle ore 9, presso la Sala dei Baroni del Maschio Angioino si terrà il convegno “Mai più violenza sulle donne”, per affrontare il tema attraverso una giornata di studio e confronto.
“La violenza di genere. Un approccio multidisciplinare” è il tema del seminario organizzato dalla Provincia di Macerata in collaborazione con la Commissione per le Pari opportunità tra uomo e donna. L’evento avrà luogo presso l’Università di Macerata, con inizio alle 15.30.
Diverse sono anche le iniziative promosse da noti brand nazionali e internazionali. La Avon, ad esempio, ha lanciato una campagna di comunicazione, in collaborazione con Cerchi d’Acqua – Cooperativa Sociale, che sarà visibile dal 22 novembre al 16 dicembre nel circuito ATM della metropolitana di Milano. Si intitola “Uomo Contro Donna: fermiamo questo match” e il volto scelto da Avon è quello del giocatore di rugby Mauro Bergamasco.
Le profumerie La Gardenia si sono unite a Save the Children per lanciare la campagna “Vie d’uscita”: acquistando i prodotti La Gardenia si finanzia un progetto sostenuto da Save The Children per salvare le minorenni che vengono sfruttate in tutti i Paesi del mondo.
Da segnalare è anche l’idea di due giornaliste freelance, Barbara Romagnoli e Adriana Terzo e Tiziana Dal Pra, presidente dell’associazione Trama di Terre. La loro proposta per il 25 novembre è uno sciopero generale di tutte le donne “convinte che solo una riflessione forte, dal basso, può indurre il Paese a una riflessione sulle relazioni tra i generi e le dinamiche di sopraffazione” (fonte La Repubblica). Il loro invito non è stato accolto, però, dappertutto con entusiasmo. Un’altra campana nel mondo femminile sostiene che scioperare è un modo per affermare una forma di diversità e subalternità che non fa che dividere ulteriormente uomini e donne. Quella che si deve ottenere non è una contrapposizione tra i generi, ma la loro parità.
Ci sarebbe ancora molto altro da dire, da raccontare, da segnalare. L’augurio è che il 25 novembre diventi un giorno di riflessione profonda su un tema così scottante, dal quale scaturiscano politiche, azioni, decisioni fattive e determinanti per cambiare la situazione. Il 25 novembre, allora, indossiamo tutti qualcosa di arancione o di rosso o facciamo sventolare i colori delle donne dalle nostre case e dai nostri uffici per dire NO alla violenza sulle donne.
Nonostante l’arrivo dell’autunno, dall’Europa soffia un vento caldo carico di notizie positive per chi opera nel settore creativo culturale ed audiovisivo.
La Commissione Europea ha deciso di stanziare 1.801 milioni di euro tra il 2014 e il 2020, per il programma Europa Creativa, attraverso il quale prevede di raggiungere circa 8.000 organizzazioni culturali e 300.000 artisti, professionisti della cultura e le loro opere. Il Parlamento europeo ha votato favorevolmente il programma.
Scopo primario: aiutare chi si occupa di ‘cultura’ a varcare i confini nazionali, rafforzando il ruolo dei piccoli imprenditori e delle organizzazioni locali, favorire l’innovazione, la costruzione di un pubblico paneuropeo e nuovi modelli di business.
Secondo la Commissione, dal punto di vista economico questi finanziamenti sono il modo più efficace di ottenere risultati e un effetto duraturo per aiutare i professionisti del settore culturale ed audiovisivo ad inserirsi sui mercati internazionali e a lavorare con successo per promuove lo sviluppo di opere che presentano un potenziale di distribuzione transfrontaliera; più di 5.500 libri e altre opere letterarie verranno tradotte e pubblicizzate e più di 1.000 film europei, verranno distribuiti su piattaforme tradizionali e digitali.
Nonostante infatti la diversità culturale e linguistica europea sia riconosciuta dai Trattati come un principio fondamentale e più volte si sia proclamata la necessità di rafforzare la competitività dei settori culturali e creativi, i dati dell’ultimo rapporto Eurostat relativi al 2012, riportavano un panorama non proprio felice, dove tra l’altro l’Italia chiudeva la fila con una percentuale di investimenti statali nel campo culturale inferiore alla media degli altri paesi membri.
Ora sembra che ci siano tutti gli elementi per uscire dalla crisi e dare una spinta propositiva, -oltre a un sostegno economico- all’enorme ricchezza che molti, soprattutto tra i giovani continuano a ritenere il cuore vivo e pulsante in cui investire tempo e risorse, nonostante la disattenzione se non peggio, gli ostacoli da parte delle istituzioni.
Voci di corridoio sussurrano che le prime call usciranno a dicembre con scadenza a marzo. Il Programma vede un aumento di budget del 9% rispetto al precedente Programma Media e Cultura 2007-13 e resterà suddivido nei due filoni principali: Media e Cultura, oltre a una sezione tran-settoriale che istituirà una desk di supporto e archivio dati e dal 2016 un fondo di garanzia quale strumento di garanzia finanziaria destinato alle PMI e alle organizzazioni.
Quattro i settori di finanziamento: progetti di cooperazione, traduzione letterarie, network e piattaforme.
Potranno partecipare gli operatori attivi nei settori creativi culturali, aventi personalità giuridica (non sono ammesse infatti domande individuali) e sede legale in uno dei 28 Paesi Membro Ue, ma anche Norvegia, Svizzera, Turchia, Macedonia, Serbia, Islanda, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Albania; e –grande novità!- anche i Paesi partecipanti alla cosiddetta European Neighbourhood Policy -ENP: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina, Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia.
Un’opportunità importante per fare rete, acquisire competenze e, grazie alle più moderne tecnologie digitali diffondere la coproduzione europea e internazionale, scambi di competenze professionali e know-how, attraverso tournee, eventi, manifestazioni internazionali.
Letteratura, musica, architettura, archivi e biblioteche, artigianato artistico, film, televisione, videogiochi e multimediale; design, festival, arti visive, arti dello spettacolo, editoria, radio, pare siano finalmente arrivate le risorse per salvare questo nostro patrimonio inestimabile, resta ora da vedere come verranno distribuite e gestite!
Consulta il sito del programma Europa Creativa
Il 20 novembre 1989 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sottoscriveva la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che compie oggi 24 anni. Questa data è perciò celebrata in tutto il mondo per ricordare l’importanza di tutelare i più piccoli e i loro diritti fondamentali.
L’invito lanciato dall’UNICEF quest’anno è in particolare quello di cancellare la violenza sui bambini, per cui ha istituito anche un sito web e lanciato un apposito hashtag: #ENDviolence against children. La società civile mondiale è così chiamata a non chiudere più gli occhi dinnanzi a questi orribili abusi, ma a denunciare tali crimini, che passano troppo spesso inosservati e impuniti.
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L’Italia ha ratificato la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel 1991 e oggi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato questa particolare ricorrenza affermando che: “Poter essere accolto e crescere all’interno di un ambiente familiare sereno rappresenta un fondamentale diritto del minore, un bene sociale irrinunciabile”. Il Presidente del Senato Pietro Grasso ha invece menzionato il dato secondo cui oltre il 10% dei ragazzi italiani non è iscritto a scuola, denotando “un impoverimento etico, in cui valori quali giustizia, uguaglianza, merito, tutela dei diritti fondamentali, sembrano non trovare più cittadinanza”.
Nel Rapporto UNICEF 2013 relativo al benessere dei Bambini nei Paesi ricchi, il nostro Paese figura al 22° posto su 29 nazioni esaminate.
In particolare:
– Benessere materiale: 23° posto su 29
– Salute e sicurezza: 17° posto
– Istruzione: 25° posto
– Comportamenti e rischi: 10° posto
– Condizioni abitative e ambientali: 21° posto
Questi dati devono farci riflettere per comprendere che molto c’è ancora da fare. La giornata del 20 novembre deve perciò rappresentare un monito importante per ricordare quanti e quali diritti devono essere garantiti a ciascun bambino.
UNICEF Italia ha lanciato per l’occasione la campagna “IO come TU – Mai nemici per la pelle”, volta ad eguagliare tutti i bambini, senza distinzione alcuna, attraverso una lunga catena umana contro le discriminazione dei minori di origine straniera presenti nel Paese. Il programma prevede inoltre più di 100 eventi pubblici come seminari, incontri, marce, laboratori, volti in particolare a garantire il diritto di cittadinanza ad ogni bambino.
Il Telefono Azzurro, associazione da anni impegnata nell’aiuto dei minori, coglie a sua volta l’occasione per lanciare un appello alle istituzioni nazionali e raccoglie in 14 punti le misure di intervento necessarie per garantire una adeguata tutela dei bambini.
1 – Che vengano incrementate le risorse attualmente assegnate al Fondo per le politiche sociali, al Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, nonché al Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, anche attraverso l’utilizzo di una copertura finanziaria ipotizzata in un primo momento dal Governo che avrebbe portato ad un aumento dell’aliquota al 22 sulle rendite finanziarie, con introiti conseguenti che superano di gran lunga i 100 milioni di euro l’anno;
2 – Che vengano aumentate le risorse da destinare a livello nazionale e regionale per la piena attuazione dei diritti dei bambini e degli adolescenti che vivono in Italia partendo da un congruo rifinanziamento del “Fondo asili nido”, istituito durante la XV Legislatura, prevedendo un ripianamento del taglio di risorse perpetrato dall’attuale Legge di Stabilità al Fondo per il contrasto alla pedopornografia, e prevedendo adeguate risorse economiche per il prossimo bando di affidamento del Servizio 114 Emergenza Infanzia;
3 – Che vengano previsti interventi per il sostegno delle famiglie in condizione di povertà estrema, in aggiunta a quanto già previsto in modo ancora non adeguato dalla legislazione vigente, promuovendo politiche attive e misure efficaci di sostegno alla famiglia. Ciò dovrebbe avvenire anche attraverso lo stanziamento di apposite risorse destinate non solo all’incremento delle strutture e dei servizi socio educativi per l’infanzia, ma soprattutto al potenziamento dei servizi di prevenzione e cura offerti dal sistema sanitario, e più in particolare dalle professioni pediatriche, garantendo l’attuazione e l’uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale;
4 – Che venga previsto un accentramento e una razionalizzazione delle competenze istituzionali sull’infanzia e l’adolescenza, attualmente eccessivamente frammentate, al fine di consentire un’azione realmente efficace delle politiche in materia, istituendo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un Dipartimento responsabile delle scelte strategiche e politiche che incidono sulla vita dei bambini e degli adolescenti nel nostro Paese che operi in pieno coordinamento con la Commissione Bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza recentemente costituita;
5 – Che sia colmata la carenza di un adeguato sistema di raccolta dati sulla condizione dei bambini e degli adolescenti, non solo promuovendo maggiormente l’azione degli organismi attualmente deputati a questa funzione, ma anche stanziando adeguate risorse per l’istituzione di un “Osservatorio permanente”, composto da bambini e adolescenti, capace di offrire dati puntuali e aggiornati sulla loro condizione, favorendone l’ascolto e la partecipazione attiva anche attraverso le nuove tecnologie.
6 – Che siano assicurate adeguate risorse per contrastare la prostituzione minorile e il gioco d’azzardo, fenomeni che attualmente coinvolgono sempre più la vita dei minori, partendo innanzitutto dal ripristino delle risorse tagliate dalla Legge di Bilancio per il 2014 ai programmi relativi al contrasto al crimine, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché attraverso l’istituzione di un fondo specifico per la prevenzione e la cura delle dipendenze patologiche da gioco rivolto anche ai minori;
7 – Che sino incrementate le risorse attualmente previste dalla Legge di Stabilità per il 2014 finalizzate a finanziare il Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere che all’articolo 7, comma 8 della Legge di Stabilità stessa autorizza una spesa pari a 10 milioni di euro, destinando adeguate risorse per il contrasto alla violenza perpetrata in ambito familiare e fra i giovani adolescenti, nonché per strutture specializzate nella cura delle conseguenze fisiche e psichiche degli abusi sessuali e dei traumi vissuti nell’infanzia e nell’adolescenza;
8 – Che, rispetto al fenomeno del bullismo siano attivate misure di prevenzione e contrasto realmente efficaci, prevedendo anche in Italia l’istituzione di una giornata nazionale sul bullismo, nonché lo stanziamento di risorse per la formazione degli insegnanti e delle altre figure educative (ad esempio, quelle presenti nei contesti sportivi), superando l’attuale dispersione di risorse in progetti di diversa natura ed incerto impatto risolutivo;
9 – Che siano adottate adeguate iniziative volte a concedere la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati nati in Italia, perché solo l’applicazione del principio dello jus soli consentirà di sostenere il processo di integrazione socio-culturale verso un’effettiva convivenza tra persone di origine diversa;
10 – Che venga attivato anche in Italia, come in altri Paesi Europei, il sistema di allerta in caso di scomparsa dei minori e che il Comitato Media e Minori, recentemente costituito, si attivi quanto prima ad adottare provvedimenti tesi a proibire la spettacolarizzazione dei casi di cronaca relativi ai minori da parte dei media, come raccomandato dalle Guidelines del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 17 novembre 2010;
11- Che siano varate al più presto le disposizioni attuative della legge n. 62 del 2011 sulle detenute madri, in moto tale da evitare che i figli trascorrano i primi anni della loro vita (0-3 anni) in ambiente carcerario;
12 – Che sia data piena attuazione, anche attraverso lo stanziamento di apposite risorse finanziarie, al decreto legislativo 12 luglio 2013 n.14 in materia di equiparazione di figli naturali e figli legittimi;
13 – Che venga aperto in sede Parlamentare un confronto trasversale sulle problematiche inerenti i provvedimenti di affido dei minori e sulle questioni concernenti le adozioni nazionali e internazionali;
14 – Che siano destinate adeguate risorse per la cura dei disturbi mentali di bambini e adolescenti, impedendo il ricorso al ricovero in strutture psichiatriche per adulti, pratica ancora in uso in alcune parti del nostro Paese.
La Onlus Save the Children ha invece scelto di coinvolgere le Regioni italiane che, secondo quanto prevede la distribuzioni di competenze, sono responsabili in determinati settori di rilevanza sociale. A loro è stato rivolto l’invito affinché istituiscano la figura del Garante regionale dell’Infanzia e la Conferenza dei Presidenti dei Consigli Regionali ha supportato l’iniziativa facilitando l’adozione di una risoluzione in tal senso. Save the Children ha inoltre colto l’occasione per rilanciare la campagna già avviata lo scorso maggio dal titolo “Allarme Infanzia”, con l’obiettivo principale di combattere la povertà infantile nel Paese.
Anche l’arte si mobilita per i 30 attivisti di Greenpeace detenuti in Russia da oltre 60 giorni. Per ognuno di loro, un artista, illustratore o fumettista ha realizzato un’opera volta a ricordare i motivi che hanno mosso l’azione di questi ambientalisti, scesi in campo per difendere l’Artico e combattere lo scioglimento dei ghiacci.
Ciascuno di voi è dunque invitato a visitare il sito del progetto A30XA30, per visionare ciascuna immagine, selezionare quella che preferite e poi condividerla sui social network, al fine di diffondere il messaggio per il rispetto di questa grande risorsa. Ma soprattutto speriamo vogliate firmare l’appello per la liberazione degli Artic30.
Consulta il sito
C’è chi da bambino sogna di fare l’astronauta, il dottore, il calciatore, chi di ricevere una bici nuova, di andare alle giostre, di avere un cucciolo. Anche Miles ha un sogno, ha espresso un desiderio ben preciso: vuole essere Batman. Se tuo figlio è malato di leucemia dall’età di 20 mesi e adesso, dopo lotte, cure e sacrifici, sta per cominciare una vita normale, la frase “ogni tuo desiderio è un ordine” diventa realtà.
A realizzare il sogno del piccolo Miles ci ha pensato la fondazione no-profit Make-A-Wish, che ha come scopo proprio la concretizzazione dei desideri di tanti altri bambini che si trovano in situazioni particolari. Solo che la vicenda di Miles ha avuto una risonanza incredibile sui social, ha fatto il giro del mondo, e si appresta ad essere un evento davvero indimenticabile non solo per il piccolo Miles.
Oggi, 15 novembre, San Francisco si trasformerà in Gotham City, il mitico scenario delle avventure del supereroe alato. Il valoroso Batkid verrà convocato durante un notiziario tv dal Capo della Polizia in persona; poco dopo Batman in carne ed ossa andrà a prelevarlo a casa e sulla sua batmobile lo porterà con sé per vivere strabilianti avventure. Batkid salverà un donzella in pericolo, sventerà rapine e altre malefatte, e sfiderà uno dei più temibili nemici di Batman, Pinguino. La città lo ringrazierà radunata nella City Hall dove il Sindaco e il Capo della Polizia in persona gli consegneranno le chiavi della città.
Migliaia di persone si sono mobilitate per aiutare Batkid. È nato anche un progetto fotografico per supportare le sue mirabolanti gesta: con un cartellone in mano con su scritto “We love Batkid”, in costume da supereroe o in abiti civili, chiunque può fotografarsi per dimostrare di essere fan del coraggioso Miles.
In moltissimi parteciperanno attivamente anche all’evento, radunandosi a Union Square per chiedere a Batkid di salvare la mascotte di San Francisco dalle grinfie di Pinguino, e poi nella City Hall dove festeggeranno il piccolo supereroe.
Oggi la giornata di un bambino sarà costellata di sorrisi ed emozioni. Tanti altri piccoli soffrono ancora, da soli, ma la felicità di uno di loro basta già a illuminare un po’ di più la vita di tutti.
Per condividere o seguire l’evento, tenetevi aggiornati con l’hastag Twitter #SFBatKid
Mentre qui lanciano un film di Zalone in 1200 sale, in Scandinavia, UK, Repubbliche Baltiche lanciano azioni di largo impatto in cui centinaia di artisti entrano in migliaia di scuole (Creative partnership, Cultural Rucksack), in altri Paesi tutti i ragazzi imparano a suonare uno strumento (sull’esempio de El Sistema di Abreu che sta cambiando il volto del Venezuela, ma anche in Olanda o Germania).
Marco Magnifico il vice presente del FAI in un seminario ci raccontava: “Volevamo misurare la distanza tra il FAI e il National Trust inglese. Migliorarci, capire. Ero in visita in un magnifico parco pubblico gestito dal NT e mi sono fermato a guardare delle peonie particolari. Lì accanto c’era un giardiniere che faceva il suo lavoro con la zappetta. Ha notato la mia sosta su quel fiore e si è avvicinato. Abbiamo dialogato per cinque minuti e mi ha spiegato quello che sapeva della pianta, ha risposto alle mie domande si è stupito per le varietà che nascono da noi. L’ho salutato e, uscendo, ho detto alla direttrice del posto ‘Un giardiniere è stato gentile a dedicarmi il suo tempo per spiegarmi tutto di un fiore che non conoscevo’. Lei ha risposto: ‘Non è stato gentile, è pagato per farlo. I giardinieri, come i custodi dei musei, sono pagati per dedicare l’80% del loro tempo alle mansioni specialistiche e il 20% per far sentire il visitatore accolto, fidelizzarlo, appassionarlo’. Lì ho capito che in Italia non ce l’avremmo mai fatta”.
In effetti l’abituale immagine fantozziana del custode di un museo scolpito sulla sua seggiolina fa già apparire ipercinetico il casellante autostradale. Di certo la colpa non è sua, ma non è neanche innocente. Come non lo sono i manager e la politica. Oggi poi, con la crisi e le spending review, la domanda “Ha senso investire nella crescita, nella valorizzazione e nella partecipazione culturale?” assume un’urgenza vitale.
Per alcuni è facile dire “No”, e lo fanno osservando i costi e i miseri incassi di Teatri, Musei, Biblioteche, Centri Culturali.
Io la penso al contrario ma sono convinto che occorra lavorare duro per far percepire il valore che hanno l’arte e il patrimonio culturale per la vita e la democrazia altrimenti i fiori di Van Gogh valgono le erbacce di uno spartitraffico e i Caravaggio le pennellate di un imbianchino.
Non bastano qui le spiegazioni romantiche, le pretese ovvietà, né le evidenze intellettuali sempre confutabili da chi ha altri interessi e sensibilità. Servono Indicatori di impatto Culturale che come quelli di Impatto Ambientale o Economico possano quantificare cosa significhi aprire o chiudere un museo, ma anche costruire una ferrovia su un parco o preservare le botteghe storiche di una zona.
Forse non si può misurare la bellezza ma, ad esempio, la solitudine sì, e con essa il suo ‘costo’ per i singoli e la collettività.
Indicatori ragionevoli di Impatto Culturale possono zittire chi ha interessi anticulturali e vuole vendere le spiagge e quello che esse rappresentano per far cassa.
Si può fare: si possono misurare i suicidi, gli alcolisti, le violenze. Posso misurare la partecipazione alla vita della comunità, la penetrazione e l’uso della banda larga, le propensioni xenofobe e omofobe, la diffusione delle droghe e degli strumenti musicali tra gli adolescenti.
E gli antidoti all’isolamento e alla solitudine sono la cultura e il lavoro, entrambe coniugate col rispetto e la passione.
Si può cominciare allora a ragionare su qual è l’impatto concreto dell’aprire un teatro in un quartiere periferico, quanto valga far partecipare gli abitanti della zona alle attività di un Centro Culturale, quale sia l’impatto culturale di un Bingo o di un centro commerciale; e anche il valore di laboratori artistici in una scuola o in un centro anziani. E quanti sollevi l’opera a Caracalla, un concerto dei Negramaro, o l’estasi davanti a un Kiefer, un Rothko, un Bernini.
Si potrebbe meglio programmare il futuro, zittire quelli che “con la cultura non si mangia” e dimostrare come quella generata dalla Cultura sia la vera energia pulita.
Andrea Pugliese è esperto di programmazione europea e autore del blog Pensieri sProfondi
C’è voluta tutta l’estate per metabolizzare il Datagate e tutte le sue conseguenze. Nonostante le rivelazioni di Snowden sembrassero preoccupanti sin dall’inizio, l’effetto iniziale è stato di qualche timida interrogazione da parte di alcuni stati Europei, e il problema si è scaldato solo quando sono fuoriusciti i nomi dei Vip presi di mira dal sistema realizzato dall’Nsa.
Già, perché inizialmente il sempreverde leit motiv del terrorismo sembrava giustificare un programma così vasto e “invadente”, d’altronde perché preoccuparsi di un controllo a tappeto su migliaia di cittadini quando in gioco c’è la sicurezza nazionale? Ma se poi il controllo fuoriesce dalla mischia di quelle entità grigie e poco interessanti che popolano le nostre città, ecco che scatta lo scandalo internazionale.
Lo ha capito subito Obama che prima dell’estate ha ordinato l’interruzione immediata delle attività di monitoraggio sulla Merkel e su altri 34 leader mondiali, perché è facile spiegare il perché su Mario Rossi. Un po’ più complicato se si parla di politici o personaggi di spicco che, in teoria, non dovrebbero avere niente a che fare con terroristi o cospirazioni anti-Stati Uniti.
Quindi, mentre i giornali e il pubblico si confortano sul solito stereotipo del Grande Fratello (ricordate Echelon?), nessuno ci spiega cosa potevano trovare di interessante gli Stati Uniti su quei 35 leader mondiali e su svariate altre personalità chiave, soprattutto se ci continuano a propinare la favola del terrorismo.
Ma la domanda non può rimanere a lungo non risposta, soprattutto perché non è di Mario Rossi che stiamo parlando. Da una parte l’Nsa grida all’emergenza internazionale perché la rivelazione integrale del (costoso) sistema di protezione che è stato realizzato per proteggere l’intero pianeta, è un duro colpo al bene e un vantaggio notevole per i nemici. “Conosci il tuo nemico” diceva Sun Tzu e ora sono i nemici a conoscere meglio gli Stati Uniti.
Dall’altra parte c’è la vecchia Europa, da lungo tempo solidale con l’alleato oltreoceano, che si sente tradita da questa mancanza di fiducia. Certo potremmo discutere a lungo sul come mai un sistema di protezione così complesso abbia potuto essere installato senza che nessuno se ne accorgesse e, forse, arrivare alla conclusione di molti esperti che oggi sghignazzano perché tutto sa di scoperta dell’acqua calda.
E per ultimo arriva in soccorso il vecchio nemico di sempre, che proprio ad ottobre sale alla ribalta per aver regalato chiavette spia durante il G20 tenuto a San Pietroburgo. Un evento piuttosto insolito e rozzo che dovrebbe riportare parità sul male comune, garantendo per tutti un mezzo gaudio.
Cosa accadrà? L’ipotesi più probabile è che tra rassicurazioni e accordi di cui non avremo mai evidenza, alla fine concluderemo lo scandalo tra abbracci e ritrovata fiducia. Ma tutto dipende dalle parole che verranno usate, pesate e, soprattutto, concordate.
Andrea Pompili è un informatico ex coordinatore del “Tiger Team” di Telecom
E’ recente la notizia del ritrovamento a Monaco di Baviera circa 1.500 opere dei maestri della pittura moderna (Pablo Picasso, Henri Matisse e Marc Chagall) confiscate durante il Nazismo a collezionisti ebrei, per un valore pari a un milione di euro.
Ci troviamo al centro di un dibattito internazionale che interessa la restituzione alle famiglie ebree del loro patrimonio artistico (ora beni culturali) sottratto durante la seconda Guerra Mondiale dai Nazisti.
Ma quali norme si applicano a simili casi e, soprattutto, chi è in possesso di tali beni è tenuto a restituirli al legittimo proprietario?
La risposta non è di immediata soluzione, posto che si tratta di indagare sull’applicazione di norme internazionali e sulla loro attuazione sul piano nazionale all’interno dell’ordinamento interessato (nel nostro caso tedesco).
Sul piano internazionale, come noto, esistono due Convenzioni (Unesco 1970 e Unidroit 1995), entrambe di fatto inapplicabili a casi simili a quello qui in esame.
La Convenzione Unesco sulla illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali (1970) rappresenta un utile strumento per combattere il traffico illecito dei beni culturali con applicazione sia in tempo di pace che in tempo di guerra. Sebbene prevenga la distruzione e la sottrazione di beni culturali, non è specificamente atta a regolare la sottrazione di opere d’arte da parte dei Nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, né contiene meccanismi per la composizione di controversie di questo genere. La Convenzione semplicemente stabilisce che lo Stato al quale l’opera è restituita compensi l’acquirente in buona fede senza prevedere regole per le controversie tra privati.
La Convenzione Unidroit (1995) sulla protezione del patrimonio culturale e la lotta al traffico illecito di opere d’arte tende a supplire le lacune della Convenzione Unesco del 1970, in particolar modo, con riguardo al diritto internazionale privato e alla problematica dell’acquisto a non domino affrontata in modo differente dagli Stati contraenti. Legittimato all’azione di restituzione può essere anche un privato: chi detiene un bene che è stato rubato deve restituirlo, essendo irrilevanti i vari passaggi di proprietà a seguito dell’illecita perdita del possesso del bene. Anche se il proprietario (originario o successivo) ha acquistato in buona fede (ovvero con la dovuta diligenza), non impedisce la restituzione del bene, attribuendo al detentore unicamente il diritto ad un equo indennizzo, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso.
Le norme della Convezione Unidroit potrebbero quindi rappresentare la base per intraprendere azioni di restituzione relativamente al patrimonio sottratto dai Nazisti agli Ebrei durante il periodo bellico, ma la limitazione dei cinquant’anni da quando è avvenuta la sottrazione, imposta dalla Convenzione, per la proposizione dell’azione di restituzione, rende impossibile rivendicare beni sottratti più di 66 anni fa o comunque prima del 1963!
Allo stato quindi né la Convenzione Unesco, né la Convenzione Unidroit possono essere di ausilio alla soluzione del caso qui esaminato. Sono così stati introdotti numerosi strumenti di “soft law” che forniscono linee guida per risolvere le controversie legate alla “Nazi-era art”. Ma anche qui ci troviamo in una zona grigia, cosicché le controversie sui beni sottratti dai Nazisti sono per lo più risolte dai giudici nazionali, di volta in volta, sulla base del caso concreto e conformemente al diritto nazionale applicabile.
Una recente sentenza della Corte di Giustizia Federale Tedesca (Bundesgerichtshof) conferma che le norme generali del diritto civile prevalgono sulla legge che regola le restituzioni in Germania. In Germania, infatti, i sequestri attuati sui beni appartenenti agli Ebrei da parte dei Nazisti sono da considerarsi privi di alcun effetto e pertanto nulli a decorrere dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Al di là dei confini della legge applicabile, la restituzione include sforzi per superare gli ostacoli legali. Le difese possono fondarsi sul background storico e su speciali circostanze del caso concreto, così come condurre ad avvalersi di strumenti di “soft law” che hanno dato vita a speciali commissioni dedicate o alla adozione di sistemi di risoluzione delle controversie alternativi alla giustizia ordinaria (ADR) o ancora alla restituzione volontaria dei beni.
In Germania, nel 2003, il Governo ha costituito una Commissione Consultativa per la Restituzione dei Beni Culturali Sequestrati durante la Persecuzione Nazista, in particolare, di proprietà di famiglie ebree, per rendere efficaci i Principi della Conferenza di Washington del 1998: la mediazione obbligatoria è imposta dopo che le parti abbiano esperito ogni rimedio di legge o se le limitazioni di legge abbiano impedito la restituzione.
Ancora, la normativa sulla restituzione del 1990 (Vermogensgesetz) incoraggia le parti, privato e Stato, ad addivenire a transazioni su base amichevole. Ma ci si pone la domanda, una volta risolte tutte le questioni di legge applicabile, se l’erede sia tenuto alla restituzione e a pagare per il predecessore? La soluzione parrebbe propendere per il sì, ove il predecessore conosceva la provenienza illecita e l’erede non poteva non sapere di quella provenienza, usando la “dovuta diligenza”, secondo un principio di buona fede nell’acquisto anche a titolo successorio.
E a chi passa, una volta accertata l’illecita provenienza, la proprietà dei beni recuperati? Al legittimo proprietario, verrebbe da dire, sempre che sia stato risolto il caso sulla base del diritto nazionale applicabile che, come visto, oltre a riguardare regole di diritto interno (nel caso in esame di diritto tedesco), non appare sempre di facile soluzione.
Silvia Stabile è avvocato esperta in Diritto della Proprietà Intellettuale e Diritto dell’Arte, partner dello Studio Legale Negri-Clementi
L’idea primigenia di Zuckeberg quando ha ideato Facebook era di creare un portale tramite il quale socializzare e fare rete. Oggi Facebook è diventato una realtà molto più articolata e complessa, e gli usi che se ne fanno si sono a dir poco moltiplicati. Facebook è diventato anche uno strumento per promuovere l’arte e la cultura, per curare la brand image di un’istituzione culturale o di un museo.
L’ha ben capito l’Essl Museum di Vienna, il museo a venti minuti dal centro della città, che raccoglie la collezione di arte contemporanea dell’austriaco Karlheinz Essl. Si tratta di un museo all’avanguardia, che basa la sua policy sul coinvolgimento diretto dei visitatori. Questi non sono semplici fruitori passivi delle opere esposte, ma sono protagonisti, soggetti direttamente coinvolti nelle attività del museo. Persino nelle sue scelte curatoriali.
La mostra LIKE IT!, inaugurata il 23 ottobre, nasce proprio seguendo i gusti degli utenti dell’Essl Museum che hanno scelto le opere da esporre tramite Facebook. L’esperienza social di LIKE IT! si è sviluppata in due fasi. Dal 30 settembre all’8 ottobre, i fan della pagina ufficiale dell’Essl Museum hanno avuto la possibilità di votare, attraverso un like, tra circa 120 opere, di varie tipologie – pitture, fotografie, video – tutte appartenenti ad artisti della collezione, nati a partire dal 1973. Le più votate sono andate a costituire la mostra allestita nella Great Hall del museo. Una volta scelte le opere era necessario dare inizio alla seconda fase del processo: a tutti gli “Amici” Facebook del Museo è stata data la possibilità di candidarsi come curatori della mostra. 5 elementi sono stati scelti per collaborare con Andreas Hoffer, critico professionista del museo. E così, dopo un workshop intensivo di due giorni, l’allestimento ha avuto inizio e i curatori in erba hanno potuto occuparsi anche dei testi di commento a corredo delle opere.
Un’opera fra tutte è stata scelta ad emblema della mostra, sia perché la più votata, sia perché effettivamente rappresentativa della natura della mostra: Estrella di Patrìcia Jagicza. Si tratta di un dipinto raffigurante una donna che si specchia in un bagno per uomini mentre si sta mascherando. È stata individuata come un simbolo del problema della privacy, del dilemma tra pubblico e privato di cui sono appunto espressione i nuovi mezzi di comunicazione digitale.
L’esperimento con la mostra LIKE IT! è continuato anche durante la Vienna Fair, tenutasi dal 10 al 13 ottobre. I visitatori della fiera sono stati chiamati a votare, stavolta, le 5 opere che costituiscono la parte speciale della mostra “Vienna Fair – The New Contemporary Special Selection”. Il parere degli utenti di Facebook, inoltre, è richiesto per tutto il corso della mostra – che si terrà fino al 6 gennaio – attraverso commenti e like che possono determinare cambiamenti nell’allestimento.
Andreas Hoffer stesso ha spiegato la necessità di portare avanti questo esperimento di curatela social partecipata: è inutile per un museo avere una pagina Facebook, un’identità sui social network, se questi devono essere usati passivamente. I social vanno considerati uno strumento professionale vero e proprio, indispensabile se sfruttato in tutte le sue potenzialità.
Ed effettivamente un prima esperienza del genere l’Essl Museum l’aveva già sperimentata con il progetto “Festival of Animals”. In quel caso erano quattro gruppi a scegliere le opere, a contribuire al catalogo della mostra e a interagire direttamente con gli artisti: i bambini di due scuole, un gruppo di donne della Caritas e i fan Facebook del museo.
Sempre Andreas Hoffer ci ha tenuto a precisare, però, che quello di LIKE IT! sarà un evento “one shot”: è assolutamente vietato ripetersi nel mondo dei social e le domande da porre al pubblico devono variare di continuo. Il caso di questo museo di Vienna va sicuramente tenuto in conto come esempio intelligente di uso dei social media, un modo interattivo e dinamico per coinvolgere pubblici sempre più vasti, soprattutto giovani, all’interno di strutture e processi che spesso sono percepiti troppo settoriali o elitari. Uno sguardo fresco e nuovo sulle cose, specialmente nel mondo dell’arte e della creatività, non fa mai male.
Stai passeggiando per le strade di New York, la città in cui tutto – ma davvero tutto – accade e può accadere. Ti trovi a Times Square, detta anche l’ombelico del mondo, quando d’un tratto il flash di una macchina fotografica ti cattura. Ti giri di scatto, giusto in tempo per vedere una figura angelica librarsi in volo, in una posa plastica. No, non si tratta di una visione mistica di fantozziana memoria, ma di un set fotografico vero e proprio, quello di “Dancers Among Us” di Jordan Matter.
Per tre anni questo fotografo statunitense ha immortalato ballerini, “congelati” in pose meravigliose, non dentro una sala da ballo o una palestra, ma nelle strade, nelle piazze, nei luoghi pubblici, sotto gli occhi ammirati della gente comune. Sono immagini fresche, gioiose, che esprimono la magia della dinamica e del movimento, l’eleganza e la bellezza delle forme del corpo umano. Tutto è cominciato con degli scatti per Jeffrey Smith, un ballerino della Paul Taylor Dance Company al quale Jordan ha confessato il suo progetto di fotografare danzatori in luoghi comuni, di raccontare storie attraverso i loro passi di danza e le loro movenze. Jeffrey è riuscito a coinvolgere altri dieci membri del suo corpo di ballo, i primi protagonisti di quello che è diventato un progetto durato quasi tre anni.
Elemento fondamentale di questo lavoro è lo scenario, all’inizio costituito principalmente dalle strade di New York. Le foto di “Dancers Among Us” sono tutte naturali, e la posa che il fotografo coglie è reale, non è il frutto di modifiche apportate con programmi grafici. Jordan gira per la città alla ricerca della location adatta a far emergere in maniera più potente la natura dell’artista che posa per lui. Al ballerino è richiesta solo molta pazienza. Si tratta di un processo creativo che ha i suoi tempi e che artista e fotografo devono compiere assieme. L’ultimo anno Jordan ha cominciato a girare anche per altre città americane, come Philadelphia, Washington o Santa Monica. Prima di recarvisi, twittava e postava su Facebook la sua prossima destinazione, chiamando a raccolta i ballerini interessati. E le risposte alla sua chiamata sono state numerose, tanto che i soggetti immortalati arrivano a più di 200.
Da questa incredibile esperienza, portata avanti con pazienza e tenacia, è nato un libro, dal titolo omonimo al progetto, “Dancers Among Us”, che ha raccolto gli scatti migliori dei tre anni vissuti dal fotografo accanto ai suoi ballerini. L’ostacolo più difficile per Jordan è stato fare una cernita delle foto create, e dover così escludere alcuni danzatori dal suo progetto.
Il volume pubblicato è divenuto in pochissimo tempo New York Times Bestseller e ha ottenuto l’Oprah Magazine Best Book 2012 e il Barnes & Nobles Best Book 2012. Il segreto del suo successo, a detta di critici e lettori, sta nel suscitare in chiunque guardi quelle immagini un sorriso, un lampo di meraviglia, un pensiero positivo, un sospiro felice. Jordan Matter ha raggiunto il suo scopo, insomma: quello di far rivivere a tutti lo stupore divertito che prova un bambino davanti alle cose semplici e belle, lo stesso stupore che dimostra di avere suo figlio quando, giocando con una macchinina, immagina storie e avventure grandiose
La vicenda di Jordan Matter non finisce qui, però. Dalla prima esperienza con i ballerini è nato il sequel “Athletes Among Us”, che si concentra stavolta sulla potente fisicità degli sportivi, degli atleti, anche loro immersi in contesti ordinari. D’altra parte neanche “Dancers Among Us” è giunto al suo ultimo capitolo. Anzi, quei tre anni girando per l’America sono stati solo un inizio, e adesso il progetto vuole piroettare verso altri lidi, verso altri continenti, verso nuovi scenari.
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Dancers Among Us goes around the USA in Ninety Seconds from Jordan Matter on Vimeo.
Legambiente non ha perso tempo per esercitare pressioni scrivendo al Premier Enrico Letta affinché l’esecutivo italiano intervenga presso il Governo Russo al fine di veder rilasciati i 28 attivisti e i due giornalisti arrestati ingiustamente.
L’associazione del Cigno Verde è al fianco dell’Associazione Greenpeace cui condivide l’allarme lanciato per l’Artico. Anzi crediamo che anche il nostro Governo debba far sentire la propria voce a nome di tutti gli italiani. L’accusa di pirateria inizialmente lanciata sui 28 attivisti di Greenpeace e i due giornalisti, con il rischio di essere condannati fino a 15 anni di prigione per un’azione dimostrativa pacifica a difesa dell’Artico contro la piattaforma della Gazprom, ci è sembrata un’enormità assolutamente ingiustificata. L’Artico è un bene di tutti che va salvaguardato anche per le generazioni future. Ci preme che vengano rilasciati gli attivisti e i due giornalisti freelance, ingiustamente arrestati il 19 settembre scorso e ancora trattenuti dall’autorità russa per aver tentato di assaltare la piattaforma Gazprom: un’azione dimostrativa che nulla ha a che vedere con le accuse formulate dal Governo Russo, e che vede tra gli attivisti fermati anche l’italiano Cristian D’Alessandro. Cristian è un napoletano che ha abbracciato le cause ambientaliste con passione, coraggio e fermezza. Una persona decisa e perbene che lotta per un mondo migliore, più giusto ed equo, dove un diverso modello di sviluppo sia possibile per scongiurare il declino del genere umano.
L’appello di Legambiente si va ad unire alla mobilitazione internazionale che è partita in queste settimane e che ha coinvolto personaggi illustri come gli undici Premi nobel per la Pace. E dall’assemblea annuale dei circoli in corso a Rispescia (Gr), Legambiente lancia un messaggio di solidarietà e di vicinanza agli amici di Greenpeace con una foto dallo slogan provocatorio “Colpevole di pacifismo”. Le azioni di Greenpeace, seppur eclatanti, sono pacifiche per definizione e quella che sta avvenendo in Russia, con la detenzione dei 30 membri dell’equipaggio della nave Arctic Sunrise compreso il nostro amico Cristian, è una risposta violenta e spropositata al gesto di protesta dell’associazione ambientalista che vuole solo accendere i riflettori sulla delicata questione dell’Artico e dell’inquinamento marino.
Nabil Pulita è Delegato Nazionale Legambiente
Grazie al web, moltissime sono le iniziative che permettono a lettori, scrittori, appassionati di arte cultura e letteratura di tutto il mondo di incontrarsi e conoscersi; ora anche i Comuni fanno Reti per dare vita a idee e percorsi creativi volti a valorizzare il loro territorio e i loro illustri antenati.
A Certaldo, piccolo ameno paesino della provincia di Firenze in Toscana, lunedì 21 ottobre è stata presentata in maniera solenne l’iniziativa del “Progetto Europeo Città dei Grandi Letterati”.
Alle ore 9.30, nel Palazzo Pretori a Certaldo Alto, si è illustrato il progetto che coinvolge diverse città gemellate, accomunate dalla prestigiosa peculiarità di aver dato i natali a grandi insigni letterati: Certaldo stesso patria di Giovanni Boccaccio; Canterbury (UK) di Geoffrey Chaucer, autore dello storico ‘Canterbury Tales’; Chinon, piccola cittadella sulla Loira, culla dell’umanista Francois Rabelais, celebre per Pantagruel e Gargantua; Neuruppin, in Germania, casa natale di Theodore Fontane, di cui tutti conosciamo la raccolta di favole.
Situato al centro della Valdelsa, Certaldo con i suoi 15.791 abitanti si è sbizzarrito per valorizzare il proprio territorio stringendo ormai da 50 anni forti legami di amicizia e di scambio con diversi comuni gemellati, dall’Europa al Giappone. Quest’anno, per festeggiare in modo speciale i 700 anni dalla nascita di Giovanni Boccaccio, il calendario di iniziative si è presentato assai ricco e ben organizzato.
Tantissimi eventi si sono susseguiti fin dall’inizio di quest’estate, come istallazioni, mostre itineranti, letture spettacolo, convegni e concerti che hanno coinvolto molte personalità ed artisti di rilievo; oltre a festival, seminari, iniziative, premi e concorsi che hanno contribuito ad avvicinare il giovane pubblico.
Numerosi turisti locali e stranieri hanno avuto occasione di partecipare agli ‘Itinerari culturali’ ideati per valorizzare il paesaggio storico, letterario e artistico di circa trenta Comuni toscani di tutte le province, attraverso i luoghi del Decameron: quattro percorsi nella Toscana del Trecento, passando per piccoli paesi, città importanti, colline, fiumi, boschi e montagne, guidati dalle novelle di Boccaccio.
Proprio in questi ultimi giorni, da venerdì 18 ottobre a martedì 22, nel centro storico si sono festeggiati i tradizionali gemellaggi con degustazioni di prodotti tipici tedeschi e menù cucinati dall’Accademia dei Cuochi di Neuruppin (Germania), l’apertura della mostra omaggio degli artisti stranieri a Giovanni Boccaccio con opere di pittura, grafica, scultura e si è concluso martedì con l’inaugurazione degli alberi dedicati a Kanramachi, paese gemellato del Giappone.
Con il “Progetto europeo Città dei grandi letterati”, questa rete di entusiasti Comuni propositivi si vuole impegnare ad unire forze ed idee creative per studiare possibili itinerari turistici al fine di valorizzare le opere dei loro illustri letterati attraverso percorsi, mostre, spettacoli e altre iniziative da pensare insieme.
Ed è il Web lo strumento fondamentale per la gestione e realizzazione di queste reti, grazie al quale è possibile stringere contatti e creare iniziative che coinvolgono diversi angoli del globo; rimane il problema della modalità di utilizzo dei network, in modo che siano capaci di garantire sempre qualità ed efficienza anche e soprattutto dal punto di vista culturale.
Nel grande mare magnum del web infatti sono centinaia le riviste culturali on-line, community e blog ma è di certo ben più raro incontrare piattaforme qualificate, dove celebri scrittori si aprono al grande pubblico per consigliare, invitare alla lettura e a un confronto critico, come è il caso di ClubDante, primo social network italiano dedicato alla cultura narrativa, strutturato in diverse sezioni tra cui l’Agorà, ossia l’area del forum, e l’angolo delle recensioni che ospitano nomi di scrittori importanti dall’Italia, la Spagna e paesi dell’America Latina quali Marcello Fois, Domenico Starnone, Roberto Saviano, Carlo Lucarelli, Paolo Giordano, Luis Sepùlveda, Paco Ignacio Taibo II e molti altri. O anche HALMA, rete letteraria pan-europea fondata nel 2006 dall’associazione Literary Colloquium Berlin che coinvolge una fitta rete di scrittori, traduttori ed editori perlopiù provenienti dall’est Europa, ma da poco conosciuta anche in Italia.
Nonostante la cosiddetta crisi, a livello locale sono per fortuna ancora tante le iniziative organizzate per conoscere e scambiarsi idee e progetti per valorizzare il proprio patrimonio storico-artistico-culturale, oltre che incentivare la scoperta e la creatività delle nuove generazioni.
È importante però che non solo dal mondo di privati e associazioni ma anche da parte dei Comuni si stiano investendo molte risorse per organizzare tanti piccoli eventi culturali, di cui le “Notti della letteratura europea” e il “Festival dei blog letterari” sono esempi importanti di scelte che appaiono controcorrente rispetto al patetico adagio che si ostina a sostiene che con la cultura non si mangia.
Mettendosi insieme si può mangiare, e bene, come sembrano dimostrarci le numerose iniziative promosse dall’Associazioni e Reti di Comuni in Italia, dove Comuni uniti da identità culturali, sapori tipici, bellezze naturali, arte, storia, tradizioni o ideali, anche attraverso il web, fanno Rete per valorizzare e incentivare le proprie bellezze e potenzialità.
Non troppi anni fa alle donne era vietato indossare i pantaloni, e un uomo vestito in gonnella avrebbe suscitato piuttosto scandalo. Oggi le cose sono un po’ diverse, ma lo scambio di vestiti tra uomini e donne continua a suscitare curiosità, interesse, divertimento e, a volte, anche un po’ di scalpore.
E’ quanto ha sperimentato Hana Pesut, una fotografa canadese ventenne, portando avanti il suo progetto, Switcheroo. Si tratta di più di 200 fotografie che Hana ha scattato principalmente a Vancouver, ma anche a Vienna, Barcellona, Osaka, Parigi, San Francisco, New York, Los Angeles, Palm Springs, Austin, Montreal. Il soggetto di tutte le foto è una coppia, principalmente di fidanzati, che si scambia i propri abiti. Sono i protagonisti stessi della foto a scegliere gli abiti e la location. La Pesut, che ha da poco pubblicato un volume che raccoglie gli scatti più belli, non vuole dare un senso univoco alla sua ricerca artistica, ma preferisce che ciascun osservatore dia il significato che vuole al gesto, molto intimo, di mettersi nei panni degli altri.
Per saperne di più, è possibile visitare il blog di Hana Pesut.
Si è conclusa ieri la Fiera d’arte contemporanea tra le più importanti di questa stagione: parliamo della Frieze Art Fair di Londra con gli annessi Sculpture Park e il Frieze Master. Promossa e finanziata dalla banca Deutsche per il decimo anno consecutivo, la fiera rappresenta più che un evento culturale il vero e proprio momento di incontro tra l’offerta e la domanda di arte contemporanea nel mondo.
Un posto, insomma, dove le opere non si guardano e basta ma si comprano anche. Una cosa che appare strana se siamo abituati alle fiere nazionali ma che al Frieze è praticamente la prassi. Certo, i risultati attesi non sono stati raggiunti, la crisi si sente anche qui. Oppure la dura verità è che tutti si stanno preparando al FIAC, l’evento parigino che sarà sotto i riflettori artistici dal 24 al 27 ottobre e che è ormai destinato a sorpassare la fiera londinese.
Frieze Master, la sezione dedicata all’arte moderna con un approccio contemporaneo, è il punto di incontro tra l’innovazione artistica e la storia dell’arte classica con grandi nomi come Calder, Boetti, Mirò, Fontana e chi più ne ha più ne metta. Qui l’aria è da museo, i galleristi appaiono soddisfatti e contenti perchè chi investe tra questi pezzi da 90 non sbaglia mai.
Da segnalare, lo Sculpture Park, il vero fiore all’occhiello di questa edizione e che rappresenta l’ideale punto di incontro tra l’innovazione spensierata della Frieze Art fair e il rigore massiccio dei Masters. Il Frieze Master ha infatti prestato i migliori nomi di questa stagione ad un grande parco pubblico, il Regent’s Park dove si svolge l’intera manifestazione, per fare in modo che davvero l’arte entri a contatto con i cittadini che abitualmente frequentano i suoi spazi e che quindi possono godere di queste grandi opere anche senza pagare l’esoso biglietto d’ingresso (parliamo di circa 40 euro per una sola giornata).
Se volete ammirare le opere presenti alla Fiera, abbiamo preparato oltre a queste prime immagini, un grande album su facebook. Ecco il link! Enjoy!
È tutto un susseguirsi di “pare che” e “sembrerebbe”. La notizia della nascita di un nuovo portale di informazione basato sul giornalismo investigativo è ancora fumosa e avvolta nel mistero.
È solo di ieri, d’altra parte, la conferma ufficiale che due personaggi molto in vista del mondo del business e dell’informazione statunitense hanno deciso di unirsi per dare vita ad uno strumento potenzialmente pericoloso, di sicuro molto intrigante, che potrebbe costituire una svolta epocale nel modo di fare giornalismo. Eppure, qualche “soffiata” di approfondimento in materia è possibile riuscire a reperirla per saziare i primi morsi della curiosità, o alimentarli con interrogativi che si spera abbiano presto risposta. Vediamo insieme chi sono i protagonisti di questa avventura giornalistica e cosa hanno in mente di fare:
PIERRE OMIDYAR: imprenditore e filantropo americano di origini iraniano-francesi, è meglio conosciuto come il fondatore di eBay, grazie al quale è diventato milionario all’età di trent’anni. Di recente, si è dedicato al giornalismo investigativo e alla comunicazione fondando il giornale hawaiano, Honolulu Civil Beat. Quest’estate ha provato ad acquistare il Washington Post, ma poi ha lasciato l’onore e l’onere a Jeff Bezos, il creatore di Amazon. L’esperienza lo ha, però, stimolato e un’idea è balenata alla sua mente di benefattore milionario: investire in un canale di informazione totalmente nuovo, rivoluzionario, famoso prima ancora di nascere.
GLENN GREENWALD: giornalista, blogger, avvocato è – anzi era – una delle penne più chiacchierate del The Guardian. Il suo nome è stato illuminato dalle luci della ribalta nel momento in cui è scoppiato lo scottante Datagate. Si tratta di uno degli scandali più spinosi che hanno riguardato la NSA statunitense, opera di Edward Snowden. Questo giovane informatico, impiegato della CIA, nel maggio del 2013 ha rilasciato alla stampa britannica materiale top secret riguardante i programmi di sorveglianza di massa dei governi europei e americani. Snowden ha dichiarato di aver compiuto questo gesto perché non vuole vivere in un mondo in cui la privacy e la libertà dei cittadini sono seriamente compromesse e violate da quegli stessi governi che dovrebbero proteggerle. Le rivelazioni di Snowden sono passate attraverso gli articoli di Greenwald, che possiede ancora materiale inedito a riguardo.
Greenwald ha dichiarato ufficialmente di lasciare The Guardian per abbracciare il progetto di Omidyar. D’altra parte egli stesso, insieme alla collega documentarista Laura Poitras e all’esperto di sicurezza nazionale del The Nation, Jeremy Scahill, aveva maturato l’intenzione di creare uno spazio online dedicato al giornalismo indipendente.
IL NUOVO CANALE DI INFORMAZIONE: da quanto trapelato dalle prime informazioni, si tratterà di un canale interamente online che unirà i più dotati giornalisti indipendenti. Non avrà una linea politica, ma il suo scopo sarà far trapelare la verità. Una parola difficile e spesso spaventosa che, però, Gleenwald e Omidyar non hanno paura di associare al loro progetto. Il fondatore di eBay investirà inizialmente un budget di 250 milioni di dollari (l’offerta che aveva avanzato per acquistare il Washington Post). Per scrivere per il nuovo potente colosso investigativo è necessario essere giornalisti indipendenti, dalle forti opinioni, esperti nel proprio campo e con un buon seguito di lettori. Il punto di forza che sbaraglierà la concorrenza starà nel combinare il giornalismo tradizionale con le nuove frontiere del blogging e con le potenzialità infinite del mondo digitale. Tre ingredienti ne faranno uno strumento potente: validi editori e “investigatori”, il supporto tecnologico, un ottimo ufficio legale. Sebbene, infatti, il nuovo portale si occuperà di tutto – sport, economia, intrattenimento, nuove tecnologie – il suo “core business” sarà il giornalismo investigativo e non si esclude che il resto delle informazioni concesse da Snowden non possa costituire il primo tassello di questo nuovo canale di informazione. Tutto ciò non lo renderà uno strumento di nicchia, anzi, il proposito dei suoi ideatori è proprio quello di iniziare un tipo di giornalismo personalizzato, ispirato alle aziende della Silicon Valley che puntano e investono sullo studio dei gusti e delle esigenze dei consumatori e soprattutto sul loro engagement.
I dettagli sul progetto si interrompono più o meno qui, nello stesso punto in cui comincia la sfilza di interrogativi sul suo senso ultimo. I contorni per definire i “buoni” e i “cattivi” sono ancora troppo sfumati e non ci resta che stare a vedere.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti, riunitasi il 19 dicembre 2011, ha riconosciuto che “lo sviluppo e l’investimento nelle ragazze che si trovano in condizioni critiche costituisce uno dei Millennium Development Goals”, uno degli obiettivi fondamentali a cui si deve giungere per poter proseguire nella strada fondamentale verso il progresso, l’emancipazione, la democrazia e l’assicurazione globale dei diritti umani.
Partendo da questo fondamentale principio è stata istituita la Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze, celebrata per la prima volta l’11 ottobre 2012 attraverso migliaia di iniziative in tutto il mondo: convegni, conferenze, tavole rotonde, eventi culturali e manifestazioni di impatto, come la colorazione di rosa dei principali monumenti, da Londra a Milano, da New York a Nuova Delhi.
Lo scopo dell’11 ottobre dell’anno scorso era di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sul tema delle mogli bambine, piccole donne sottratte alla possibilità di godere dell’innocenza e della spensieratezza dell’infanzia, perché costrette a sposarsi in età infantile, spesso con uomini molto più grandi di loro.
Il tema scelto per il 2013 è stato “l’innovazione nell’istruzione femminile”. Moltissime bambine e ragazze, specialmente nei Paesi sottosviluppati, non hanno accesso all’istruzione, non solo per impossibilità materiali o economiche, ma perché andare a scuola è proibito, è un reato, una colpa. La tecnologia, intelligente e sostenibile, può allora venire in aiuto, sia che si tratti di utilizzare un nuovo tipo di mattoni resistenti agli agenti atmosferici, come accade in Madagascar; sia che si tratti di coinvolgere le ragazze in iniziative di tutoraggio aziendale a tema tecnologia e ingegneria, come accade in Sudafrica. Continue reading “Una Giornata dedicata alle Bambine e alle Ragazze” »
Alfred Nobel inventò la dinamite. Poi un giorno morì e lasciò il suo patrimonio di circa 200 milioni di euro a un fondo specifico da distribuire annualmente a coloro che, durante l’anno precedente, avessero contribuito maggiormente al benessere dell’umanità. E da lì tutto ebbe inizio.
Oggi i Premi Nobel sono considerati tra i riconoscimenti più importanti e prestigiosi e probabilmente tutti, almeno da bambini, abbiamo sognato di ottenerne uno. Quantomeno quello per la pace.
Il giro di interessi, economico e mediatico, che gira attorno ai Premi Nobel è vastissimo. Dopo la già avvenuta assegnazione dei Premi Nobel per la medicina, per la fisica e per la chimica, il 10 e l’11 ottobre sarà la volta dei Premi più attesi e discussi, quello per la letteratura e quello per la pace.
Nobel per la Pace
Il Nobel per la Pace viene assegnato “alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace”. Rispetto agli altri Premi, al Nobel per la Pace ci si candida e quest’anno, come è leggibile sul sito ufficiale, è stato raggiunto il record di candidature: 259 di cui 50 da parte di organizzazioni. Sarà il Comitato per il Nobel della Norvegia a scegliere a chi attribuire il Premio. Tra i candidati più in vista ci sono:
1) Malala Yousufzai (La più quotata): è il vessillo dei diritti civili delle donne pachistane, in particolare del loro diritto allo studio, dopo che nel 2012 è stata aggredita dai talebani di ritorno da scuola. Malala, infatti, a soli tredici anni, si occupava di un blog per la BBC nel quale raccontava delle condizioni di vita sotto il regime talebano.
2) Bradley Manning (L’informatico): ha soli 26 anni eppure ha già messo in grave imbarazzo il governo americano, tanto da guadagnarsi 35 anni di prigione. Il suo reato è stato quello di rilasciare all’organizzazione Wiki Leaks documenti riservati sull’esercito americano in Iraq. È candidato al Nobel perché ha denunciato diversi soprusi da parte dei militari, tra cui omicidi di civili disarmati, ha messo in discussione la politica estera USA, ed è ritenuto una delle ragioni del ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq.
3) Denis Mukwege (Il meno conosciuto): è un ginecologo del Congo che ha curato migliaia di donne vittime di abusi sessuali. Dopo aver pubblicamente condannato l’oltraggiosa impunità delle violenze sessuali nel suo Paese, nel 2012 è scampato ad un tentativo di omicidio.
4) Lampedusa (L’esempio più attuale): tutti sono a conoscenza delle recenti stragi di immigrati, morti nel tentativo di raggiungere le coste dell’isola siciliana. Lampedusa dovrebbe ottenere il Premio Nobel per la Pace perché è esempio quotidiano di fratellanza e solidarietà. Sarebbe anche un buon modo per sensibilizzare l’Unione Europea sulla necessità di intervenire nella questione immigrazione.
5) Putin (L’assurdo): nonostante i diritti civili dei russi siano giornalmente messi in discussione da quello che da molti è considerato un regime a tutti gli effetti, l’“International Academy of Spiritual Unity and Cooperation of Peoples of the World” ha ritenuto opportuno candidare il leader russo al Nobel per la Pace. Il suo merito? Aver scongiurato in maniera decisiva (e disinteressata?) i bombardamenti in Siria e lo scoppio di un’altra guerra internazionale.
Nobel per la Letteratura:
È il premio più chiacchierato. Assegnato dall’Accademia di Svezia a chi “abbia prodotto il lavoro di tendenza idealistica più notevole”, diventa annualmente mira degli scommettitori più accaniti. L’agenzia di scommesse britannica, Ladbrokers, fornisce una lista degli artisti più quotati.
1) Murakami Haruki (Il più quotato): è lo scrittore giapponese, autore di “Norwegian Wood”, “Kafka sulla spiaggia”, “1Q84”. Da più anni il suo nome gira attorno a quello del Nobel per la Letteratura perché effettivamente ha stregato milioni di lettori con il suo stile onirico, intricato e avvincente.
2) Alice Munro (La donna): questa scrittrice canadese, ottantenne, è considerata la maggiore autrice di racconti vivente. Le sue raccolte di narrazioni, dal taglio intimista ed emozionale, hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti da parte della critica. La sua quotazione al secondo posto è molto rilevante se si considera che, dei 109 premiati al Nobel per la Letteratura, solo 12 erano donne.
3) Ngugi wa Thiong’o (L’impegnato politicamente): è un eclettico scrittore, poeta e drammaturgo Keniota, considerato uno dei più grandi maestri della letteratura africana. Ha subito arresti e persecuzioni per essersi schierato apertamente contro il governo del suo Paese.
4) Umberto Eco (L’italiano): è il più alto in classifica tra i papabili italiani al Nobel per la Letteratura. Maestro riconosciuto di semiotica, arte e critica letteraria, è uno dei maggiori uomini di cultura in Italia.
5) I cantautori Bob Dylan, Leonard Cohen, Roberto Vecchioni (Gli improbabili): hanno scritto decine di canzoni dai testi immortali. “Buckets of rain”, “Halleluja”, “Samarcanda” sono canzoni entrate definitivamente nella storia della musica. Eppure, i più considerano eccessiva e fuori luogo un’eventuale assegnazione del Nobel per la Letteratura a questi indiscussi maestri della canzone, perché non ritenuti paragonabili agli altri nomi in lizza.
Staremo a vedere.
Quando sentiamo parlare di Vietnam, due sono le immagini cui subito ci rimanda la memoria: il ‘made in Vietnam’ che abbiamo visto mille volte sui nostri capi di abbigliamento, chiedendoci –forse senza troppa cura- come saranno le condizioni e la qualità della vita delle persone che l’hanno prodotto; e la famosa ‘Guerra del Vietnam’, che ci ricorda anni 70, USA, hippy.
La realtà attuale in qualche modo comprende questi aspetti, anche se di certo in modo più profondo e complesso.
Il sistema capitalista portato dall’Occidente si è mescolato senza un apparente senso logico alle tradizioni antiche, creando situazioni ibride dove lusso, grattacieli e centri commerciali si affiancano a zone rurali e di estrema povertà.
La popolazione ingenuamente vive e si conforma alla schizofrenia urbana e agli effetti sociali della rimozione collettiva, mostri generati dal progresso e dall’idea distorta di sviluppo.
Al grigiore delle fabbriche e dell’aria inquinata si contrappongono le strade brulicanti di odori suoni, clacson, motociclette, taxisti ufficiali e non, ambulanti, bancarelle straripanti di cibo, uova di tutti i colori, decine di tipi di zucchero e pepe, motorini stracarichi di mercanzie, macellerie open air ed eleganti signore che suonano affascinanti strumenti tradizionali.
Fulcro brulicante di umanità è Saigon, come si chiamava prima della Guerra, oggi Ho Chi Min, dopo la vittoria nel Nord comunista e la costituzione della Repubblica Socialista del Vietnam.
Ufficialmente ci vivono 5 milioni di abitanti, ma dalle campagne si riversano in città circa 3 milioni di pendolari ogni giorno, ovviamente tutti muniti di rumorose motociclette, mascherine antismog e guanti al gomito antiabbronzatura.
Il calore dell’accoglienza saigonese con la sua innocenza e naturalezza, tipica delle persone che vivono per strada, stupisce e coinvolge il riservato turista italiano che non può che restare fortemente toccato dal senso di umanità di queste persone, forse più sfortunate ma di grande dignità.
Saranno stati i sorrisi dei bambini o la stravaganza delle tradizioni vietnamite a far innamorare della città e della sua gente Anna Borghi, artista diplomata all’Accademia di Brera, che ha deciso dal 2011 di fermarsi nella piccola scuola di Pho Cap, nel Binh Thanh District e far nascere il suo progetto di arteterapia “Nutriamoli d’arte”.
Nel 2001, tre insegnanti vietnamiti (Doan, Trang e Khanh) con l’aiuto delle autorità cittadine, un dirigente di un’azienda italiana e il consolato italiano decidono di aprire questa scuola per offrire istruzione gratuita ai bambini di strada del quartiere. La casa abbandonata venne restaurata interamente dagli stessi insegnanti, con l’aiuto di volontari e studenti del luogo, nonché grazie a fondi provenienti da contributi di solidarietà. Fino al 2010, l’insegnamento di Pho Cap ha avuto luogo solo per un paio di ore al mattino e un paio d’ore nel primo pomeriggio; il resto del tempo i bambini lo trascorrevano giocando per strada, quasi sempre alla ricerca di cibo.
Nel 2011, grazie a fondi privati e istituzioni italiane, il progetto si è ampliato, aprendo una mensa in modo da potersi prendere maggiormente cura dei bimbi durante tutto l’arco della giornata; l’anno seguente è stato ristrutturato l’ultimo piano del palazzo per diventare un asilo. Oggi la scuola accoglie più di 90 bambini (16 dai 4 ai 5 anni nella scuola dell’infanzia; 45 dai 6 ai 10 anni nella scuola primaria, e 30 dagli 11 ai 18 anni nella scuola secondaria).
Dopo aver visitato la scuola, Elisabetta Susani dell’Accademia di Belle Arti di Brera ha deciso di farsi coinvolgere con entusiasmo e pubblicizzare l’iniziativa online (su Facebook ed Eppela) per far conoscere l’attività e dare vita a una rete di solidarietà collettiva.
Carte, cartoni e cartoncini; pennelli, chine, inchiostri, matite e pastelli: queste le armi con cui Anna e i suoi piccoli amici viet combattono l’indifferenza, il disagio e le paure per liberare la speranza, la fantasia e i sogni che gli vengono purtroppo spesso negati.
E mentre giocano i bimbi esprimono le loro speranze e paure, imparando a conoscere le loro emozioni e le potenzialità, lo spazio che li circonda, gli oggetti e gli altri; ed anche un po’ di inglese.
Un disegno, un racconto, una maschera improvvisata, bastano per far scoppiare il sorriso sul volto di quei piccoli che in cambio di un poco di attenzione e cura sono capaci di regalare il loro grazie sincero che sprigiona una bomba di energia e tenerezza capace di commuovere anche i nostri occhi assonnati e indifferenti.
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