Marcello-Amici-Il-berretto-a-sonagli-1Passato il tramonto sull’Aventino ogni sera, fino al 4 agosto, prende il via Pirandelliana. La cornice è sempre una delle più suggestive, con una luce ed un affaccio che fanno del Chiostro della Basilica di Sant’Alessio un luogo incantato che da solo vale lo spettacolo.

La rassegna, patrocinata da Regione Lazio e Roma Capitale, è giunta alla sua quindicesima edizione. La Bottega delle Maschere, diretta da Marcello Amici, porta in scena il Berretto a sonagli e Pensaci, Giacomino!

Pensaci,Giacomino! è l’opera pirandelliana dedicata alla critica allo stato ed alla sua burocrazia: Marcello Amici, oltre alla regia, interpreta il ruolo di Agostino Toti. Il professor Toti, giunto al termine di una carriera statale poco gratificante dal punto di vista economico, decide di sposare Lillina, giovane ragazza,con la quale si comporterà da padre; vuole assolutamente sposarla in vecchiaia perché lo stato italiano sia costretto a pagarle la pensione dopo la sua morte, vendicandosi così delle frustrazioni dei suoi 34 anni di servizio.

Lillina aspetta un figlio da Giacomino, benvoluto dal professore, che lo accetta tranquillamente a casa dopo le nozze trovandogli anche un lavoro in banca, ma la logica dell’equilibrio proposto dal professore si scontra con i giudizi morali della gente del paese sulla situazione.

Giacomino ne viene letteralmente schiacciato, non li tollera e prova a riscattarsi cancellando Lillina e tentando di ricostruirsi una vita fidanzandosi con un’altra, sottovalutando il professore, che si precipita a casa sua con il figlio Ninì, rappresentato da un pupazzo, per convincerlo prima con il buon ragionamento e poi con minacce a tornare da Lillina.

Il professore non accetta dunque il fallimento del suo piano, il fatto che la forma, il giudizio degli altri, sia per un uomo più importante e insuperabile di un sostanziale miglioramento della propria esistenza (è lui che dà lavoro a Giacomino e che gli consente di poter stare con Lillina).

La scenografia è essenziale e lo spettacolo, in due atti, scorre velocemente. Energici, insieme al protagonista, i giovani attori che interpretano Giacomino e Lillina, mentre troppo deboli le interpretazioni degli altri personaggi. Dal punto di vista artistico lo spettacolo risulta a tratti confuso, meno vivace di altre messe in scena della compagnia, specializzata sull’autore siciliano, come il Sei personaggi in cerca di autore di un paio di anni fa.
Il pubblico alla fine è tiepido e non mancano i commenti un po’ delusi, considerando anche la location in esclusiva alla compagnia per l’Estate Romana e l’altissimo numero di repliche previste.

All’uscita non può mancare l’ultimo sguardo al panorama e in tanti si avviano anche a Piazza dei Cavalieri di Malta per una sbirciatina dalla famosa serratura che mostra il cupolone.

Chissà che il prossimo anno un possibile alternarsi di compagnie e spettacoli ad accompagnare le serate non possa arricchire ulteriormente le serate sull’Aventino.

Roma ha dato un caloroso benvenuto alla XII° rassegna del “Florence indian film festival” al cinema Trevi, con l’auspicio che questa iniziativa venga riproposta anche per le edizioni successive.
Il programma romano si è sviluppato in soli tre giorni, sicuramente tralasciando qualche buona pellicola, che ha trovato il suo spazio nei sette giorni di Firenze, ma ha sicuramente offerto al pubblico un concentrato delle migliori proposte del cinema indiano del momento, presentando il vincitore del premio assegnato dal pubblico fiorentino al miglior cortometraggio, al miglior documentario e al miglior lungometraggio. Inoltre ha presentato un kolossal: Gangs of Wasseypur 1 e 2, apprezzato quest’anno all’ultima Quinzaine des Réalisateurs di Cannes e un film di successo di uno dei più apprezzati registi indiani, Sanjay Leela Bhansali, Black.

Le sponde dei fiumi indiani e italiani non sono poi così lontane, ma sono unite da metri di pellicola. Il regista, Anurag Kashyap, autore del dittico Gangs of Wasseypur 1 e 2, ha subito la fascinazione del cinema vedendo De Sica, ed è forse al cinema italiano che deve il suo realismo, toccante e coinvolgente. Il suo dittico narra, in oltre 5 ore di film, diviso in due parti non necessariamente collegate, la saga di due famiglie, I Singh e i Khan, assetate di vendetta nello scenario dell’India del nord, il Bihar, dalla fine dell’epoca coloniale ai giorni nostri. Indiani in versione per noi inedita: gangster, mafiosi, corrotti, violenti. Ingredienti che ben conosciamo e che, probabilmente, ci fanno sentire, questo “Padrino” indiano, più vicino, anche se a prima vista la poligamia islamica sembra non riguardarci (ma quanti maschi occidentali hanno una sola moglie/compagna, senza dichiarare amanti o storie collaterali?).

Stupefacente il film Chittagong del pluripremiato scienziato della Nasa (Jet Propulsion Laboratory, inserito nel 1999 nella US Space Technology Hall of Fame) Bedabrata Pain, che nel 2008 decide di lasciare la sua carriera di scienziato e di insegnante all’UCLA di Los Angeles, per dedicarsi a quella di regista, cosa di cui artisticamente gli siamo grati. Già alla sua prima opera, con questo film, gli viene assegnato dal pubblico il premio per il miglior lungometraggio della rassegna fiorentina e il Piaggio Foundation Award, consistente in una Vespa ultimo modello. Un’intelligenza creativa come quella di Bredabrata non fa distinzione tra arte e scienza, come lui stesso ha asserito. Il Bengala di Tagore e Ray (il padre di Bedabrata è nato a Dhaka e lui ha studiato a Calcutta) continua a dare i suoi frutti e a trasmettere nel dna dei suoi discendenti i germi di quella cultura antica e moderna, allo stesso tempo, nella sua apertura al futuro e ad ogni germe di creatività. Il cinema era già ‘di casa’ e probabilmente la moglie, Shonali Bose, cineasta, non ha posto ostacoli quando Bedabrata ha deciso di investire tutti i suoi risparmi per la realizzazione di questo lungometraggio.
Nel 1930, Chittagong, una cittadina ad est di Calcutta, è stata protagonista dei primi moti di ribellione contro l’odioso dominio britannico. Non un covo di rivoluzionari ma un gruppetto di studenti minorenni, con tutte le loro incertezze e debolezze, che, guidati dal loro maestro di scuola e di vita, decidono di ribellarsi alla violenza, alla sottomissione, all’ingiustizia. Sarà il loro viaggio di iniziazione il modo migliore di affermare i valori in cui erano stati educati e diventare adulti. Bravissimi gli attori ed il protagonista vero della storia, Jhunku Roy, che abbiamo avuto il privilegio di conoscere, seppure al cinema e per pochi minuti. Alla fine del film è sopravvissuto soltanto un paio di settimane. Ci auguriamo vivamente che questo film pieno di valori, a cui non siamo più abituati travolti dal consumismo ed egoismo, trovi il suo giusto spazio nelle sale cinematografiche e nelle scuole.

The Rat Race, è più di un pluripremiato documentario sui cacciatori di topi a Mumbai, ma è un’analisi della situazione sanitaria, della realtà lavorativa, dei problemi degli studenti universitari, della più ricca città dell’India, dove è concentrato il 95 % della ricchezza nazionale. E’ proprio qui che esplode, in tutte le sue contraddizioni, la moderna metropoli del subcontinente indiano: 14 milioni di abitanti, 84 milioni di topi, quartieri lussuosi e slum, capitale dell’industria cinematografica e disoccupazione, ricchezza sotto i riflettori e, nel buio della notte, il fantasma della peste, l’ultima nel 1994. Nel 2011 sono stati uccisi 348.000 topi. Mooshik (topo sacro), è il veicolo di Ganesh da adorare, ma allo stesso tempo i ratti devono essere uccisi per necessità, infrangendo un precetto religioso. L’intrepida Menacherry, pedina implacabile, con la sua macchina da presa documenta la vita di questi cacciatori di topi. L’idea nasce da un annuncio per pochi (30) posti di lavoro precari, per cacciatori di topi a cui rispondono 2.000 candidati. Ne devi uccidere almeno 30 ogni notte altrimenti sei fuori. L’obiettivo: diventare cacciatori di topi a tempo indeterminato per il Comune e avere dei guanti in dotazione! Sono molti gli studenti universitari che fanno questo lavoro di notte per mantenere i propri studi. Un documentario da proiettare nelle nostre università, forse contribuirebbe alla consapevolezza del diritto irrinunciabile alla cultura e del privilegio che ha chi può dedicarsi ad essa. La regista Miriam paragona un documentario alla tela di un pittore che non è uno studio cinematografico ma la città stessa. La maggiore difficoltà Miriam l’ha incontrata nel voler filmare la discarica dove i ratti vanno a finire, poiché il permesso le è stato negato per ben due volte. Il protagonista del film è un Parsi, Behram Harda (57 anni), che sta andando in pensione, ed il documentario gli offre l’opportunità di mettersi in gioco di fronte alla macchina da presa: avrebbe voluto far parte del mondo del cinema, ma poi si è rassegnato al suo lavoro sicuro. Ora si paragona a James Bond con licenza di uccidere (i ratti)!

Calcutta Taxi è il brillante cortometraggio di Vikram Dasgupta, di circa 20 minuti, premiato a Firenze. Il montaggio è dinamico e creativo, benché si tratti di una storia vera. Il regista non ha dato al suo plot uno sviluppo cronologico, ma ha scelto uno percorso narrativo fatto di flashback, che partono dallo stesso momento della giornata, che sembra ripetersi, ma vista ogni volta dal punto di vista di un protagonista diverso, con sorprendenti colpi di scena. Su un taxi di Calcutta si incrociano tre protagonisti, il loro incontro segnerà le loro vite.

Poco convincente il film di Sanjay Leela Bhansali nonostante la presenza di un mito del cinema indiano: Amitabh Bachchan. Ma non bastano dei bravi attori a fare un buon film. Il rispetto dei canoni del film bollywoodiano, l’assenza di danze e una tematica straziante e commovente, come quella della ragazza sorda e cieca che riesce ad andare all’università fanno sì che Black, l’oscurità in cui vive la protagonista, abbia riscosso forse, in Italia, più lacrime che consensi. Eppure il recupero ad una vita quasi indipendente di una ragazza handicappata e la sua sete di cultura sono temi profondamente seri, sebbene il regista abbia puntato più sulla commozione dello spettatore che sulla problematica. Convince ancor meno quando lui stesso ridicolizza la “diversamente abile” Michelle facendola camminare con un’andatura che ricorda Charlot di Charlie Chaplin: non si capisce perché una ragazza sorda e cieca, senza avere una menomazione alle gambe, debba avere una camminata ridicola.

Arrivederci al prossimo anno, le rive del Tevere aspetteranno ancora l’approdo del cinema indiano.

 

La rassegna Bollywood, tenutasi al Teatro Quirinetta di Roma dal 29 novembre al 9 dicembre, ha riscosso il consenso del pubblico, sempre più numeroso, grazie alla varietà delle sue proposte.

 

DELHI BELLY
Regia di Abhinay Deo
Commedia 102’
India 2011 – v.o. inglese/hindi sottotitoli italiano/inglese

Consigliamo queste due ore, circa, di puro divertimento con il film: “Diarrea indiana” (traduzione italiana del titolo) proiettato venerdì 7 dicembre. Una commedia con un ritmo vivace, un po’ demenziale, un po’ splatter ma estremamente divertente, grazie al montaggio, alla scrittura di Akshat Verma e alla regia di Abhinay Deo, la cui provenienza dalla scuola degli spot pubblicitari ben si rintraccia nel dinamismo del film. Sullo sfondo c’è Delhi e la sua architettura fatiscente, come l’appartamento condiviso da tre amici creativi, ingenui e un po’ cialtroni: il giornalista Tashi (Imran Khan), il fotografo Nitin (Kunaal Roy Kapur) e il disegnatore Arup (Vir Das). La fidanzata incarica Tashi di consegnare un pacchetto, ma un disguido li costringerà a confrontarsi con una banda della malavita locale. La disavventura si trasforma in avventura grazie anche a Menaka (Poorna Jagannathan), collega di Tashi, che irrompe nella trama. A questo punto vi chiederete il perché del titolo?! I rumori intestinali di Nitin, che si è abbuffato di tandoori chicken, accompagnano i rocamboleschi inseguimenti, i travestimenti e le divertenti peripezie del gruppo. Irriverente commedia che ha riscosso consensi da parte del pubblico, ovunque è stata in programmazione: India, Inghilterra, Stati Uniti e Australia, ed anche da parte della critica che ha apprezzato questa nuova proposta bollywoodiana. Difficilmente, come nella migliore tradizione bollywoodiana, riuscirete a dimenticare il motivo: “I heate you, I love you…”

 

 

 

 

DHOBI GHAT (Mumbai Diaries)
Regia di Kiran Rao
Drammatico 100’
India 2010

Colpisce positivamente il debutto della giovane regista Kiran Rao (anche scrittrice di quest’opera), considerato dalla critica un film d’arte, rappresentante del cinema parallelo e non certo catalogabile come film bollywoodiano, mancano i balletti e le danze, nonostante la musica sia raffinata, spaziando oltre l’India con un brano di Ryuichi Sakamoto. Se nel passato di Kiran Rao c’è un’ottima scuola di regia – è stata assistente alla regia di Ashutosh Gowariker e Mira Nair – per il futuro, considerato questo esordio, ci aspettiamo grandi pellicole. Ultimamente Kiran Rao, come accade spesso nel cinema indiano, ha anche prodotto alcune pellicole di successo come Peeepli Live (2010) e Dhobi Ghat (2011). Inoltre è la moglie del protagonista (Arun) di Dhobi Ghat): Aamir Khan, con cui ha prodotto il film.
Nelle strade di Mumbai si incrociano le vite e si stringono rapporti tra quattro persone molto differenti tra loro: Arun, un pittore solitario che forse nasconde qualcosa, Shai, arrivata dagli Stati Uniti, un anno sabbatico per dedicarsi alla sua passione, la fotografia, Munna, giovane lavandaio che coltiva il sogno di diventare un attore di Bollywood, e Yasmin ragazza sconosciuta che ha affidato la sua storia a delle videocassette ritrovate in un appartamento. Il passato riemerge, inserti di video, fotografie, filmati contribuiscono al tessuto di una trama che con i suoi continui flash-back, dolori, solitudini e sentimenti mantiene alta l’attenzione dello spettatore.

 

DELHI-6
Regia di Rakeysh Omprakash Mehra
Drammatico 141’
India 2009

Rakeysh Omprakash Mehra è sceneggiatore, produttore e regista di Delhi-6, presentato a Venezia (fuori concorso) nel 2010, il cui titolo deriva dal codice postale della vecchia Delhi: 1000069. E’ in perfetto stile bollywoodiano, ma con un pregio in più rispetto agli altri dello stesso genere, affronta due tematiche delicate e attuali: i rapporti con gli intoccabili e il conflitto tra hindu e musulmani, scatenato spesso da interessi ‘altri’, e che qui ha come protagonista la “Scimmia Nera”, invenzione usata per spaventare la gente. Tuttavia nel rispetto dei canoni tipici del genere, le cause dei conflitti e problemi non vengono affrontati, ma ci si limita a medicare e guarire il tutto con un ‘happy-end’. E’ un viaggio, seduti in poltrona, nella Delhi più autentica con tutto il suo traffico e i suoi ingorghi: i vicoli di Chandni Chowk, il mercato della Old Delhi, la moschea Jama Masjid, la più grande dell’India e i siparietti come il parto della mucca sacra in mezzo al traffico. La musica, molto bella, è del premio Oscar 2009 per la colonna sonora di The Millionaire: Allahrakka Rahman. Immancabile è la storia d’amore tra i due protagonisti, complicata da un matrimonio combinato. Roshan (Abhishek Bachchan, figlio del più illustre Amitabh) è un giovane americano, di origine indiana, che accompagna la nonna nel suo ultimo viaggio in India per ritrovare la sua casa e la sua famiglia. L’espressione della crisi dei Non Resident Indians è l’anziana, partita con tutta l’intenzione di non tornare, di fronte ai cambiamenti e conflitti religiosi che trova in patria, ha alcune perplessità a rimanere, mentre Roshan è trattenuto dall’amore. Unica perplessità del film è il ritmo, lento con pause lunghe, una durata oltre le due ore che non si giustifica e che gli esordi di Rakeysh Omprakash Mehra, nel mondo degli spot pubblicitari e video musicali, avrebbero potuto evitare. Forse il pubblico romano ha maggiormente apprezzato il suo film-documentari: Bollywood: The Greatest Love Story Ever Told, co-diretto con Jeff Zimbalist.

 

GUZAARISH
Regia di Sanjay Leela Bhansali
Drammatico 126’
India 2010

Se vi piacciono le storie d’amore melodrammatiche e che riescono a strappare le lacrime, questo è il film per voi, anche se l’eutanasia, tematica che accompagna tutto il film, è trattata con garbo e leggerezza. Il regista, Sanjay Leela Bhansali, è radicato nel cinema come più non si potrebbe: sceneggiatore, regista, produttore e compositore, riesce a legittimare l’inserimento nella vita del protagonista tetraplegico persino di un balletto, con lui che sogna di danzare: forse la scena più bella del film. La storia inizia con il suo corpo completamente paralizzato a seguito di una caduta: lui è un ex illusionista e da questo deriva la sua costante ironia come se si confrontasse continuamente con un pubblico invisibile. I momenti di più intensa drammaticità sono alleggeriti da battute o spettacolari balletti e musiche. Lo stile inconfondibile del regista è lo stesso del suo film di maggior successo: Devdas (2002). La coppia di protagonisti è la stessa del kolossal Jodhaa Akbar (2008): Aishwarya Rai Bachchan e Hrithik Roshan. La sensibilità con cui è trattato un tema così serio è diluita però da una storia e una recitazione un po’ stucchevoli.

 

Aprirà i battenti il 29 agosto la 69a edizione della Mostra del Cinema di Venezia che porterà in scena ben 50 lungometraggi tra film in concorso e fuori concorso: diretta da Alberto Barbera e presieduta da Paolo Baratta, la rassegna avrà quest’anno come madrina la modella e attrice polacca Kasia Smutniak, ex fidanzata del compianto Pietro Taricone (da cui ha avuto una bambina) ed ora compagna di Domenico Procacci.

Per tutti coloro che non avranno la possibilità di seguire da vicino la rassegna, Tafter vi suggerisce le 5 cose da sapere su questa edizione:

 

1. I film in Concorso e quelli Fuori Concorso

In Concorso

Olivier Assayas – Apres Mai
Ramin Bahrani – At Any price
Marco Bellocchio – Bella Addormentata
Peter Brosens / Jessica Woodworth – Le Cinquieme Saison
Rama Burshtein – Lemale Et Ha’Chlal (Fill the Void)
Daniele Ciprì – E’ stato il figlio
Francesca Comencini – Un giorno speciale
Brian de Palma – Passion
Xavier Giannoli – Superstar
Kim Ki-Duk – Pieta
Takeshi Kitano – Outrage Beyond
Harmony Korine – Spring Breakers
Terrence Malick – To the Wonder
Brillante Mendoza – Sinapupunan (Thy Womb)
Valeria Sarmiento – Linhas de Wellington
Ulrich Seidl – Paradies: Glaube (Paradise: Faith)
Kirill Serebrennikov – Izmena (Betrayal)

Fuori Concorso

Jean-Pierre Ameris – L’homme qui rit
Susanne Bier – Den Skaldede Friser (Love is All You Need)
Pascal Bonitzer – Cherchez Hortense
Simon Brook – Sur un fil…
Jonathan Demme – Enzo Avitabile Music Life (documentario)
Stephen Fung – Tai Chi 0
Amos Gitai – Lullaby to My Father
Kiyoshi Kurosawa – Shokuzai (Penance)
Spike Lee – Bad 25 (documentario)
Mira Nair – The Reluctant Fundamentalist
Manoel De Oliveira – O Gebo e a Sombra
Robert Redford – The Company you Keep
Kimble Rendall – Shark (Bait 3D)
Henry-Alex Rubin – Disconnect
Ariel Vromen – The Iceman

Fuori Concorso (Proiezioni Speciali)

Lyubov Arkus – Anton tut Ryadom
Hinde Boujemaa – Ya Man Aach
Liliana Cavani – Clarisse
Silvia Giralucci / Luca Ricciardi – Sfiorando il muro
Amos Gitai – Carmel
Daniele Incalcaterra / Fausta Quattrini – El impenetrable
Michael Mann – Witness: Libya
Carlo Mazzacurati – Medici con l’Africa
Daniele Vicari – La nave dolce

Promozione speciale per i film in prima mondiale della sezione Orizzonti e per alcuni film Fuori Concorso in programma alla 69 Mostra.
E’ possibile acquistare un abbonamento per 16 film di Orizzonti in Sala Grande per le fasce orarie delle ore 11 e delle ore 14, al prezzo speciale di 40 euro. Il nuovo abbonamento è già acquistabile online (su www.labiennale.org) oppure alla biglietteria del Palazzo del Cinema al Lido (per informazioni e-mail biglietteria.cinema@labiennale.org, tel. 041 2726624 dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19 e il sabato dalle ore 9 alle 13).
Inoltre, per gli under 26 anni e gli over 60 anni, i biglietti singoli per le stesse proiezioni di Orizzonti saranno in vendita online al prezzo speciale di soli 5 euro, come anche per i film Fuori Concorso in Sala Grande della fascia oraria delle ore 9.

 

2. La Giuria

3 le giurie internazionali che giudicheranno i film in concorso decretando, alla fine, il vincitore per ogni sezione.

Venezia 69

Michael Mann presidente
Marina Abramovic
Laetitia Casta
Peter Ho-Sun Chan
Ari Folman
Matteo Garrone
Ursula Meier
Samantha Morton
Pablo Trapero

Orizzonti

Pierfrancesco Favino presidente
Sandra den Hamer
Runa Islam
Jason Kliot
Nadine Labaki
Milcho Manchevski
Amir Naderi

Opera Prima

Shekhar Kapur presidente
Michel Demopoulos
Isabella Ferrari
Matt Reeves
Bob Sinclar

3. Nasce il Premio Green Drop Award

L’associazione Green Cross Italia e il Comune di Venezia hanno lanciato una grande novità per quest’anno: il premio che unisce l’arte del cinema al rispetto dell’ambiente consegnando un riconoscimento alla pellicola che “meglio abbia interpretato i valori dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alla conservazione del Pianeta”.

Il premio è realizzato da un mastro vetraio di Murano e rappresenta una goccia d’acqua al cui interno si riporrà ogni anno un campione di terra proveniente da Paesi diversi. Quest’anno arriva dal Brasile, paese che ha ospitato la Conferenza Onu Rio+20. Ad assegnare lo speciale riconoscimento sarà una giuria presieduta dal regista Ermanno Olmi, già Leone d’oro alla Carriera a Venezia nel 2008.

4. La tecnologia sbarca al Lido

Una app progettata per dispositivi mobili Apple e Android è disponibile dal 28 agosto all’8 settembre (data della fine della rassegna): scaricabile direttamente da iTunes, la nuova applicazione, progettata con il contributo del MiBAC permetterà di seguire non solo i dietro le quinte della Mostra ma anche di vedere i trailer dei film in concorso, i premi, le passerelle e tutti gli eventi collaterali. Sarà possibile inoltre, seguire il festival anche da lontano, acquistando un biglietto per le proiezioni virtuali: 10 lungometraggi e 13 corti di Orizzonti, infatti, saranno acquistabili in streaming per € 4,50.

5. Le polemiche

Come ogni evento di respiro mondiale che si rispetti, nulla può avere inizio senza che vengano alimentate più o meno fondate polemiche sui protagonisti o sui film in concorso.

Quest’ anno molta sorpresa ha destato la scelta di includere nelle pellicole proiettate, molte tematiche riguardanti sesso, rapporti lesbo, religione e violenza che hanno portato ad etichettare la kermesse come “vietata ai minori”.

Nello specifico ci si riferisce ai film “Spring Brekers” di Harmony Korine che vede come protagoniste 4 giovani ragazze che intentano una rapina per procurarsi i soldi per una vacanza e che poi, in prigione, finiscono nelle mani di un pusher. Oppure “Passion” di Brian De Palma in cui ad essere indagato è il rapporto saffico tra una agguerrita donna d’affari e la sua timida assistente, e ancora “To the wonder” di Terrence Malick in cui le numerose scene erotiche hanno provocato la censura anche negli USA.
Per gli italiani, invece, molto atteso “Bella Addromentata” di Marco Bellocchio che indaga la triste vicenda di Eluana Englaro.

 

 

Come ogni matrimonio che si rispetti, lo scoccare del venticinquesimo anno di unione segna un traguardo importante che va festeggiato adeguatamente. E’ così che quest’anno Berchidda sancisce la sua unione col Jazz ed il suo festival con un grande simbolo di passione: il Fuoco. Emblema e portafortuna di queste nozze d’argento, questo motivo conduttore è posto a chiusura di un ciclo quadriennale che ha visto tutti gli altri elementi fare da padrini della manifestazione.

Ma è nella sua forza e nella sua carica di forte emotività che si scorge il vero legame con questa fase della vita del Festival, un incoraggiamento a continuare, a migliorarsi, a rinnovare il sodalizio che lega indissolubilmente questa terra con le sonorità conturbanti del jazz.

L’apertura del festival è stata assolutamente in linea con questi propositi, coinvolgendo degli artisti che col fuoco e la passione fondono la loro essenza musicale, come Paolo Angeli che, munito della sua chitarra tuttofare, ha ravvivato le tiepide campagne oschiresi, portando le sue note imbizzarrite ad innalzarsi nel cielo terso di un’afosa mattinata d’agosto.

I grandi nomi si rincorrono con Ettore Fioravanti ed il suo quintetto, ad accompagnare il cadere imperturbabile dei corpi celesti nella notte dell’11 agosto. O la prima volta a Berchidda di Bill Frisell, che l’organizzazione rincorreva da dieci anni, con la sua rivisitazione jazzistica di alcuni fra i brani più famosi dei Beatles.

Sembra quasi che la magia del festival cresca di anno in anno. Questo connubio segue dei binari privilegiati che difficilmente vengono percorsi dai membri del classico duo sentimentale. Che sia davvero il Fuoco raro della coppia perfetta? Che Berchidda abbia trovato nel jazz la sua metá ideale o che il jazz abbia trovato in Berchidda il giusto modo per incalanare la sua più pura essenza? Non ci resta che stare a vedere e assistere festanti a questo banchetto di nozze rinnovate, augurando, come da tradizione e non senza una buona dose di mero interesse utilitaristico, salute, felicità e tanto buon sound a questa unione. “A chent’annos!”

 

Le foto pubblicate in questo articolo e nell’album Facebook della pagina ufficiale di Tafter sono protette dal copyright ed appartengono alle nostre inviate Barbara Picci e Marilena Riello

 

Dopo anni di assenza è tornata nella città di Pescara FUORIUSO, l’importante rassegna di arte contemporanea ideata da Cesare Manzo. La mostra a cura di Giacinto di Pietrantonio è collocata per questa 18ª edizione (FUORIUSO IN OPERA 7 luglio-7 settembre 2012) nei garage di un edificio (non ancora in uso, per l’appunto) disegnato da Mario Botta, in cui opere di figure di spicco come Filippo Tommaso Marinetti, Joseph Beuys, John Cage, Mario Schifano, Ettore Spalletti e Michelangelo Pistoletto si alternano a lavori di giovani artisti.

L’arte contemporanea internazionale torna dunque in Abruzzo in modo prorompente considerando anche il fatto che a pochi chilometri da Pescara, spostandosi verso le colline teramane, troviamo un’altra eccellenza: il borgo medievale di Castelbasso che quest’anno (dal 30 giugno fino al 2 settembre 2012) presenta una monografica su Carla Accardi, un attualissimo progetto di Eugenio Viola (Radici. Memoria, Identità e Cambiamento nell’arte di oggi) e che, per la prima volta, decide di unire le proprie energie con un altro importante borgo, quello di Civitella del Tronto, noto a tutti per il legame con la storia borbonica, in cui di nuovo Giacinto di Pietrantonio, con Umberto Palestini, ha ideato la mostra “VISIONI. La fortezza plurale dell’arte”.

In sostanza l’estate abruzzese 2012 doveva essere ricordata per aver accolto tra le più efficaci idee nel campo del turismo culturale, ma altre notizie, fortunatamente solo in parte, hanno danneggiato l’immagine “Abruzzo” legata principalmente alla mirabile capacità di soddisfare, attraverso un’ampia scelta, le esigenze di chi è interessato al mondo dell’arte.

Il 31 luglio scorso, infatti, ha fatto notizia, anche a seguito di un comunicato stampa colorito di sfumature politiche, l’avvenuta e improvvisa chiusura per un giorno del Museo Basilio Cascella di Pescara, provocato, in sostanza, dalla mancanza di personale per ferie e per malattia. Basilio Cascella, nato a Pescara nel 1860, realizzò un’arte completamente ispirata dalla sua terra e dalle sue origini, contribuendo in tal modo a far conoscere l’Abruzzo.

La vicenda, purtroppo, si unisce alle polemiche sull’inaccessibilità del tunnel optical all’ex Aurum di Pescara (Getulio Alviani, 1995), provocata dai lavori di sistemazione dell’Archivio di Stato, e alla spiacevole notizia sulla prolungata chiusura, da ormai tre anni, del Teatro Michetti; sorte toccata anche al Museo del Mare di Pescara. A questi fatti pescaresi si aggiungono le polemiche sul progetto Ipogeo, ossia la realizzazione di uno spazio sotterraneo per mostre ed eventi che mira a sfruttare il sottopasso di piazza Garibaldi a Teramo, ma che è un work in progress dal 2008.

Del 19 luglio la notizia di un finanziamento da parte della Regione di 1milione e 500mila euro che porteranno al termine dei lavori entro la prossima estate. Del 2 agosto scorso il racconto sul quotidiano Il Centro di una signora, la quale, telefonando al museo Costantino Barbella di Chieti per avere informazioni sugli orari, ha trovato impreparato lo stesso personale che non ha saputo risponderle. Problemi anche al museo archeologico della Civitella di Chieti a causa del degrado e del vandalismo a cui è soggetto il Parco esterno. Il comune di Lanciano invece mette in vendita l’Ottocentesco Palazzo Lotti per far quadrare i bilanci. Per non parlare, poi, delle difficoltà nel recuperare il patrimonio storico-artistico nei paesi colpiti dal terremoto aquilano del 6 aprile 2009.

I casi abruzzesi rispecchiano in pieno quella che è la situazione del Paese in cui i beni culturali sono fortemente a rischio da Nord a Sud, da Milano a Reggio Calabria. La cosa certa è che l’arte dovrebbe e potrebbe essere il nostro futuro. L’importante, però, è capirlo adesso.

 

 

Abruzzo 2012. Una mostra che torna, un museo che chiude.

Riflessioni sul patrimonio artistico regionale.

di Lisa Falone

Dopo anni di assenza è tornata nella città di Pescara FUORIUSO, l’importante rassegna di arte contemporanea  ideata da Cesare Manzo. La mostra a cura di Giacinto di Pietrantonio è collocata per questa 18ª edizione (FUORIUSO IN OPERA 7 luglio-7 settembre 2012) nei garage di un edificio (non ancora in uso, per l’appunto) disegnato da Mario Botta, in cui opere di figure di spicco come Filippo Tommaso Marinetti, Joseph Beuys, John Cage, Mario Schifano, Ettore Spalletti e Michelangelo Pistoletto si alternano a lavori di giovani artisti. L’arte contemporanea internazionale torna dunque in Abruzzo in modo prorompente considerando anche il fatto che a pochi chilometri da Pescara, spostandosi verso le colline teramane, troviamo un’altra eccellenza: il borgo medievale di Castelbasso che quest’anno (dal 30 giugno fino al 2 settembre 2012) presenta una monografica su Carla Accardi, un attualissimo progetto di Eugenio Viola (Radici. Memoria, Identità e Cambiamento nell’arte di oggi) e che, per la prima volta, decide di unire le proprie energie con un altro importante borgo, quello di Civitella del Tronto, noto a tutti per il legame con la storia borbonica, in cui di nuovo Giacinto di Pietrantonio, con Umberto Palestini, ha ideato la mostra “VISIONI. La fortezza plurale dell’arte”.

In sostanza l’estate abruzzese 2012 doveva essere ricordata per aver accolto tra le più efficaci idee nel campo del turismo culturale, ma altre notizie, fortunatamente solo in parte, hanno danneggiato l’immagine “Abruzzo” legata principalmente alla mirabile capacità di soddisfare, attraverso un’ampia scelta, le esigenze di chi è interessato al mondo dell’arte. Il 31 luglio scorso, infatti, ha fatto notizia, anche a seguito di un comunicato stampa colorito di sfumature politiche,  l’avvenuta e improvvisa chiusura per un giorno del Museo Basilio Cascella di Pescara, provocato, in sostanza, dalla mancanza di personale per ferie e per malattia. Basilio Cascella, nato a Pescara nel 1860, realizzò un’arte completamente ispirata dalla sua terra e dalle sue origini, contribuendo in tal modo a far conoscere l’Abruzzo.  La vicenda, purtroppo, si unisce alle polemiche sull’inaccessibilità del tunnel optical all’ex Aurum di Pescara (Getulio Alviani, 1995), provocata dai lavori di sistemazione dell’Archivio di Stato, e alla spiacevole notizia sulla prolungata chiusura, da ormai tre anni, del Teatro Michetti; sorte toccata anche al Museo del Mare di Pescara. A questi fatti pescaresi si aggiungono le polemiche sul progetto Ipogeo, ossia la realizzazione di uno spazio sotterraneo per mostre ed eventi che mira a sfruttare il sottopasso di piazza Garibaldi a Teramo, ma che è un work in progress dal 2008. Del 19 luglio la notizia di un finanziamento da parte della Regione di 1milione e 500mila euro che porteranno al termine dei lavori entro la prossima estate. Del 2 agosto scorso il racconto sul quotidiano Il Centro di una signora, la quale, telefonando al museo Costantino Barbella di Chieti per avere informazioni sugli orari, ha trovato impreparato lo stesso personale che non ha saputo risponderle. Problemi anche al museo archeologico della Civitella di Chieti a causa del degrado e del vandalismo a cui è soggetto il Parco esterno. Il comune di Lanciano invece mette in vendita l’Ottocentesco Palazzo Lotti per far quadrare i bilanci. Per non parlare, poi, delle difficoltà nel recuperare il patrimonio storico-artistico nei paesi colpiti dal terremoto aquilano del 6 aprile 2009.

I casi abruzzesi rispecchiano in pieno quella che è la situazione del Paese in cui i beni culturali sono fortemente a rischio da Nord a Sud, da Milano a Reggio Calabria. La cosa certa è che l’arte dovrebbe e potrebbe essere il nostro futuro. L’importante, però, è capirlo adesso.

Si è conclusa a Varsavia la rassegna Cinema Italia Oggi – Mostra del nuovo cinema italiano, in programma dal 29 marzo al 1 aprile, registrando un successo del nostro cinema contemporaneo nella capitale polacca.

Una sala gremita ad ogni proiezione, un pubblico partecipe, interessato, caloroso negli applausi e sufficientemente curioso nell’avanzare domande ed alimentare la discussione con gli autori al termine dei titoli di coda. Certo, se questo è il sogno di ogni regista che presenta una sua opera cinematografica, è stato anche il piacevole ed incoraggiante leitmotiv che ha accompagnato la Mostra del nuovo cinema italiano a Varsavia.
Segno di una vitalità del nostro cinema che all’estero piace, diverte, commuove e per certi versi sorprende, forse più gli addetti ai lavori troppo spesso bistrattati in patria che non il pubblico, accorso numeroso ed uscito soddisfatto.

Grande vitalità ed professionalità dimostrate anche dal nostro Istituto di Cultura Italiana a Varsavia, che è stato l’artefice del successo della rassegna, curata insieme all’Istituto Luce – Cinecittà, il cui azionista unico è il Ministero dell’Economia e delle Finanze, supportati dal main sponsor Alitalia.

La differenza l’hanno fatta indubbiamente le pellicole: la serata inaugurale ha visto il debutto de “Il gioiellino” di Andrea Molaioli, preceduto dal saluto dell’ambasciatore d’Italia in Polonia S. E. Riccardo Guariglia, ad accompagnare la proiezione in sala un brioso ed affascinante Remo Girone, seduto in platea anche il maestro del cinema polacco Krzysztof  Zanussi. ?Sono seguite le pellicole: “Il villaggio di cartone” di Ermanno Olmi, “Tatanka” di Giuseppe Gagliardi, tratto dalla pagine de “La bellezza e l’inferno” di Roberto Saviano, “Isole” di Stefano Chiantini, “Corpo Celeste” di Alice Rohrwacher, passato per la Quinzaine des realizateurs all’ultimo Festival di Cannes e Nastro d’argento al miglior regista esordiente, per concludere con “Scialla!” di Francesco Bruni, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha vinto nella sezione Controcampo italiano.

Le proiezioni si sono svolte nel cinema Muranów, che non è una multisala da centinaia e centinaia di posti, ma un cinema storico della città, nel cui foyer si possono scorrere le foto degli ospiti passati da queste sale, che hanno fatto la storia della Settima Arte, tra cui Antonioni, Wenders, Wajda e Kie?lowski. ?L’auspicio di tutti, organizzatori e pubblico, è che dal prossimo anno l’appuntamento polacco sia inserito stabilmente nelle iniziative promosse nel mondo a favore del cinema italiano, frutto di una strategia avveduta ed ormai consolidata dell’Istituto Luce – Cinecittà: dagli Open Roads di New York al Festival del cinema italiano di Tokyo (entrambi alla loro 12° edizione), dal Mittelcinemafest di Budapest e dal Festival del cinema italiano di Madrid all’Appuntamento con il cinema italiano di Istanbul.

Alla fine del divertente e ben riuscito “Senz’arte né parte”, emozionato dalla festosa accoglienza in sala, il regista Giovanni Albanese si è congedato dal pubblico con la promessa di portare personalmente a Varsavia la sua prossima opera cinematografica, attualmente in pre-produzione.

In effetti, il successo della rassegna testimonia che il nostro cinema all’estero fortunatamente non è più solo, ma manca ancora della distribuzione che meriterebbe. I film infatti ci sono, il pubblico c’è, non resta che aspettarsi sempre più pellicole italiane sui grandi schermi delle città europee. E a quanti abbiano perso questi film in Italia, ci sentiamo di dire che per certi versi è stato un peccato, perché anche il pubblico concorre con le sue scelte alla qualità di una cinematografia nazionale, ma viste le quotazioni in calo di cine-panettoni e cine-cocomeri, forse c’è ancora speranza…

 

Dal nostro corrispondente a Varsavia

 

Approfondimenti:
Pokazy Nowego Kina W?oskiego
29 marca – 1 kwietnia 2012

Cinema Italia oggi
Mostra del nuovo cinema italiano di Varsavia
giovedì 29 marzo 2012 – domenica 1 aprile 2012

 

 

catanzaro dall'altoUna iniziativa unica e rara per un capoluogo del Meridione, in cui l’Istituzione sposa la causa artistica e ne diventa portavoce. È “Zone Scoperte 2, arte giovane contemporanea“, mostra d’arte contemporanea, che negli ultimi due anni per la città di Catanzaro è diventato un appuntamento gradito, sintesi dell’evoluzione delle dinamiche culturali cittadine. Il tutto grazie alla fervente attività della presidente della Provincia che ha dimostrato come la politica sia diventata mezzo di diffusione della cultura, proponendo a Catanzaro, una città fino a poco tempo fa troppo assopita, l’apertura verso il nuovo, un momento di riflessione e di confronto fra arte e fruitore. Se la prima edizione è stata un indiscusso successo di pubblico e critica, questa nuova rassegna, ripropone l’ arte contemporanea e le sue evoluzioni, una piccola e modesta biennale locale, che ci racconta cos’è successo. Oggi finalmente, la città può, attraverso queste rassegne e unitamente a quelle del Marca (il primo Museo d’arte contemporanea catanzarese, che promuove anche l’evoluzione dell’arte su territorio nazionale e oltre oceano) aggiornarsi, seguire il lavoro instancabile degli artisti locali e dei ragazzi di un’Accademia di Belle Arti spesso all’ombra delle sfolgoranti e più conosciute accademie del territorio nazionale (Brera, Roma, Napoli). Tutto ciò permette all’artista emergente di farsi spazio nella propria terra, di trovare nel proprio contesto territoriale il punto di partenza. Catanzaro, diventa dunque, attraverso queste iniziative, un luogo di viva convergenza delle ricerche che si vanno definendo nel settore artistico. Attraverso l’arte, la città, si mette al passo coi tempi e innalza il livello di una realtà troppe volte definita provinciale, troppe volte abbandonata a se stessa, allineandosi inoltre con le iniziative della  più viva Cosenza. Zone Scoperte 2 è dunque un luogo in cui prendono vita molteplici possibilità, dove l’artista non solo illustra il proprio linguaggio e la propria poetica, ma offre uno spaccato dell’arte precedente, informando il fruitore a tal punto da far si che l’arte sia più accessibile e comprensibile agli occhi di chi non ne era abituato.
Nell’asettico spazio istituzionale del palazzo della Provincia, situato nel cuore della città, il colore, il concetto e la materia, la ricerca e la sperimentazione, hanno preso vigore, dando luogo ad un palpitante momento di intenso dialogo fra arte e vita, fra artista e fruitore. A ridosso dell’ingresso si staglia sulla vetrata, dove la luce fa da sfondo, l’installazione di Domenico Cordì, artista emergente e già presente a Roma e Napoli con importanti rassegne d’arte contemporanea.
La sua è una ricercata riflessione sulla società odierna e sulla  perdita di individualità. Un’analisi dunque che prende forma attraverso la costante e assidua presenza di maschere, intese appunto, come identità in cerca di riconoscimento. 
Proseguendo al piano superiore il dialogo fra fruitore e opera si fa più intenso, serrato, le poetiche più disparate si accostano tra loro e l’occhio è immediatamente rapito dalle tele di Andrea Grosso Ciponte, senza dubbio un elemento degno di nota. Proveniente dalla Scuola Italiana di Comix a Napoli è attivissimo su territorio nazionale. Le sue opere segnano il contrappasso fra l’evanescenza e la materia più palpitante. In “White vinile 2”dal fondo bianco emerge una eterea figura di donna, con una tecnica del tutto ineccepibile che contraddistingue il suo lavoro.
Di matrice espressionista astratta è invece l’opera di Maria Elena Puccio, “Oceano di silenzio”,  che da sola riempie il vuoto di una parete, racconta e riflette l’esperienza tutta americana dell’action painting. Una gestualità viva in cui si fa strada il processo elaborativo che porta l’autrice ad esiti degni di Jackson Pollock.
In ambito fotografico spicca invece Federico Losito, lo scatto é trasposto su un altro livello. Losito indaga la realtà e la rielabora riproponendo dimensioni ignote, la tecnica è estremamente raffinata, precisa, quasi maniacale.
In conclusione lo sguardo volge sui piccoli ma preziosissimi gioielli pittorici di Milton Blas Verano artista emblematico, presente a Bruxelles, Los Angeles, Londra. Una tecnica pittorica che tende al monocromo, dal quale emerge leggero un bagliore di luce, viene normale osservando, chiedersi: Cosa può mai esserci oltre?
Tutto ciò dunque, rappresenta una spinta verso una cultura in movimento, un dinamismo che forte si contrappone alla staticità di cui spesso si sente parlare. Colpisce infine, la risposta massiccia, di un pubblico che raccoglie il messaggio e cerca di appropriarsene, in questa seconda edizione si riscontra infatti la presenza di un fruitore  che si sta abituando alla bellezza del contemporaneo, al perché dell’arte. Tutto ciò potrebbe forse rappresentare l’inizio di una rinascita che probabilmente non offre ancora concrete possibilità di lavoro, ma ne rappresenta un principio e soprattutto in qualche modo lascia spazio per pensare che emigrare da una città che deve scoprire ancora tutto, non è più l’unica soluzione. Il risveglio è in atto.
La rassegna, a cura di Giancarlo Chielli e Antonello Migliaccio con il patrocinio della provincia di Catanzaro e l’Accademia di Belle Arti, è accompagnata da catalogo edito da Rubbettino. Ingresso libero.