Quando ho letto che il premio Pulitzer – sezione giornalismo investigativo – era stato assegnato per la prima volta ad un sito web mi sono sorpreso. Ma non è stata una piacevole sorpresa, non è stata una sorpresa di compiacimento di chi, lavorando da sempre (anche) in internet e lì cercando di fare giornalismo, ha la sensazione di starsene al posto in cui le cose succedono e crescono. No. E’ stata una sorpresa amara di un premio prestigioso che approda per la prima volta in internet nell’anno 2010, dopo vent’anni dalla nascita del web e da almeno dieci anni dalla sua maturazione.
Cosa è successo? Davvero il web non ha prodotto nulla di particolarmente rilevante prima di oggi, oppure i giurati del Pulitzer sono stati piuttosto sbadati? Il Pulitzer è con ogni probabilità, oggi, un premio di impostazione e di estrazione tradizionale. Che guarda, giocoforza, all’ambiente giornalistico in senso stretto e canonico trascurando, vuoi o non vuoi, tutto quel groviglio di notizie che fluiscono in entrata ed in uscita dalle griglie interconnesse e multistrato del web 2.0. I percorsi delle notizie (e dunque anche del giornalismo) sono diventati così ampi da rendere quasi ovvia la supremazia di internet sulla tv, la carta stampata e la radio. Viste le forze in gioco, dunque, oggi risulterebbe davvero innovativo e da premiare chi riuscisse a fare giornalismo d’inchiesta su carta. Quello sarebbe strano, quello sarebbe il difficile…

Massimiliano Tonelli è il direttore editoriale di Exibart