unlearningLucio e Anna sono una coppia di Genova come tante altre, hanno un lavoro, una bambina di nome Gaia e una casa in città. Eppure un giorno si rendono conto che la loro vita, le loro giornate, hanno bisogno di qualcosa in più rispetto alle opportunità che ogni giorno offre la realtà urbana.
Decidono allora di intraprendere, tutti e tre, un progetto ambizioso e pionieristico: viaggiare alla scoperta di nuovi modi di vivere, di fare economia e di intendere il rapporto uomo-natura. Capire come si vive in una fattoria biologica, cosa comporta il cohousing, come effettivamente si svolgono le giornate in un villaggio ecosostenibile, provare in prima persona forme alternative di educazione e di apprendimento.

Anche il modo di spostarsi di Unlearning – così si chiama il loro progetto – avverrà in maniera originale e sostenibile, sfruttando le più avanguardistiche forme di baratto: WorkAway, Banca del tempo, Couch Surfing, scambi di ospitalità in cambio di lavori in fattorie biologiche, in strutture culturali indipendenti, baratto di conversazione per imparare le lingue, e così via. Da questa particolare avventura verrà fuori un documentario, un prodotto culturale che sarà il risultato di un’ulteriore forma di scambio e condivisione “dal basso”, basandosi sui finanziamenti del crowdsourcing.

Ma sentiamo dalla voce dei suoi stessi protagonisti i dettagli di questa esperienza, unica nel suo genere.

 

Come spiegate nel trailer di presentazione di “Unlearning”, l’idea del vostro progetto è nata da un pollo a quattro zampe, che è diventato il simbolo della vostra iniziativa. Potete raccontarci l’aneddoto che ha dato inizio a tutto e rivelarci i motivi che vi hanno spinto a intraprendere un’avventura del genere?

Viaggiare e curiosare ha sempre fatto parte del nostro DNA di coppia. L’arrivo di una figlia ha cambiato molti aspetti pratici della nostra quotidianità. Ma quando Gaia ha disegnato un pollo a quattro zampe si è riaccesa la scintilla e ci siamo detti “Perché non coinvolgere anche la bimba?” Meraviglioso… la nostra crescita individuale si è trasformata esponenzialmente a livello familiare. Il pollo a quattro zampe è diventato il simbolo della nostra epoca, dove i bambini di città conoscono gli animali al supermercato, guardano gli speciali in tv e, se va bene, vanno allo zoo.

 

Tutto il vostro viaggio si baserà sull’idea del baratto. Si tratterà di un’esperienza all’insegna dell’improvvisazione e della scoperta o potete già dare delle anticipazioni sull’itinerario, i tempi, le persone che incontrerete?

Viaggeremo con una bimba piccola, non possiamo pensare di fare come Indiana Jones!
Sarà un viaggio pianificato perché non è l’aspetto avventuroso che ci interessa.
Anticipazioni: vi possiamo dire che questi ultimi giorni sono fantastici perché abbiamo ricevuto numerosi inviti da parte di  persone che hanno trovato interessante il progetto, e li ringraziamo. È molto probabile che ci vedrete alle prese con un progetto educativo indipendente, una famiglia di “artisti del riciclo” e… un circo! Abbiamo sei mesi di viaggio e qualche mese per decidere le ulteriori tappe.

 

Quanto e come pensate che “Unlearning” possa essere importante per vostra figlia? E in generale, pensate che il vostro potrebbe o dovrebbe essere un esempio per altre famiglie, per altri bambini?

Noi non pensiamo di essere un esempio, ciascuna persona ha il diritto di vivere come preferisce, ma le famiglie che vogliono sperimentare differenti modi di vivere e di viaggiare troveranno in Unlearning un manuale pratico per affrontare con serenità questo tipo di esperienza.

Noi abitiamo a Genova e, come molte altre famiglie, siamo contenti della nostra vita e Gaia ha i suoi punti di riferimento: amici, giochi, casa. Certo, il confronto con altri stili di vita, non sarà indolore perché metterà a nudo aspetti di forza e di debolezza delle nostre convinzioni, della nostra routine. Come una sorta di depurazione, alla fine resteranno solo le cose più preziose.

 

I finanziamenti per compiere il vostro singolare viaggio si basano interamente sul crowdfunding. Perché un individuo, un’altra famiglia come la vostra, o una collettività dovrebbero finanziarvi?

Bella domanda! E ti ringrazio perché è molto importante spiegare questo passaggio, tanto delicato quanto importante.
Unlearning è un progetto di documentario indipendente. Ti piace il trailer? Puoi acquistare il film in prevendita qui: www.unlearning.it. È come comprare un biglietto del cinema ma vedere il film dopo sei mesi. Capiamo che può sembrare strano, ma il ricavato della prevendita ci permetterà di realizzare Unlearning al meglio! Non chiediamo soldi per organizzarci una vacanza, ma per creare un prodotto culturale a stretto contatto con i suoi fruitori. Il costo del download è di dieci euro ma se proprio vi siamo simpatici, potete richiederci i fantastici gadget creati appositamente per Unlearning: t-shirt per uomo, donna e bambino, fondini per il desktop, stampe e segnalibri magici.
In Francia, e in altri paesi europei il finanziamento da basso (crowdfounding) è un metodo molto utilizzato per progetti di tipo sociale, scientifico, musicale, letterario.
Ci è sembrata una buona idea adottare questa nuova formula di finanziamento anche da noi, in Italia. La nostra scelta è pioneristica ma, se compresa dalla collettività, potrebbe rivelarsi molto utile anche per altri progetti.

 

Intraprendere un percorso del genere non è un avvenimento di tutti i giorni. Cosa pensano le vostre famiglie e i vostri amici di “Unlearning”? C’è un territorio o una realtà che vi sostiene particolarmente?

Familiari e amici sono stati in nostri primi fans! Ma non solo, sono state le prime persone con le quali confrontarci e mettere a fuoco il progetto. Insomma, sono il nostro “territorio amico”.

 

Probabilmente la vostra vita sarà cambiata dopo aver portato a termine un’avventura come questa. Cosa vi aspettate per il futuro, dopo “Unlearning”? Il vostro proposito di sperimentare nuove forme di vita e di economia avrà un seguito?

In realtà i cambiamenti sono iniziati già da ora! “Imparare, disimparare per imparare nuovamente”. E quando rientreremo a casa dopo sei mesi, chissà! Magari saremo felici di ritornare alla nostra quotidianità, oppure… Questo sarà il finale del nostro documentario!

 

(altro…)

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COSESe vi capita spesso di girare per negozi e di essere stufi delle solite marche e dei soliti prodotti, se cominciate a sudare freddo ogni volta che è il compleanno di qualcuno a voi caro perché incapaci di trovare un regalo originale, bene, allora dovreste dare un’occhiata a Buru Buru. Si tratta di uno store online dedicato esclusivamente all’artigianato contemporaneo. Si possono vendere o acquistare prodotti fatti a mano, di alta qualità, ma con un brand moderno, fresco e divertente… Persino a costi abbastanza contenuti!
È anche una community di crafter che ricerca e seleziona artigiani e creativi che necessitano di assistenza e supporto per far decollare la propria produzione, il proprio “piccolo brand”. Le parole chiave di Buru Buru sono sostenibilità, creatività, valore.

 

 

COMEBuru Buru funziona un po’ come Ebay, nel senso che è possibile sia vendere dei prodotti, sia comprarli. Solo che il mercato di Ebay prevede merci di tutti i tipi e qualità. Per vendere su Buru Buru, invece, bisogna “candidarsi”, cioè sottoporre le proprie creazioni al giudizio dello store che valuta la compatibilità con la linea e il gusto adottati dal resto degli articoli.
Per acquistare basta solo registrarsi, scegliere tra abbigliamento, accessori, gioielli, cartolerie, prodotti per bambini, green, poster, ovviamente pagare e aspettare l’arrivo dell’agognato pacco a casa. È possibile anche personalizzare i propri acquisti, scegliendo l’illustrazione da abbinare all’accessorio o alla t-shirt preferiti. C’è anche una sezione “Offerte” per scoprire i prodotti scontati del momento. Per le fashion blogger sulla cresta dell’onda è, poi, possibile diventare “Ambasciatrici” Buru Buru e portare alto il vessillo della cultura artigianale indipendente.
Infine, è possibile navigare sulla sezione “Magazine” dello store, il blog di Buru Buru che contiene news, articoli, interviste sul mondo del design, della grafica, della moda.

 

 
proIl sito ha una grafica adorabile, semplice e divertente. Muoversi all’interno della pagina web, alla ricerca del prodotto giusto, è facile e veloce.

 

 
CONTROIl tipo di merce messa in vendita potrebbe essere gradito maggiormente da chi ha un determinato tipo di stile, “alternativo”.

 

 
SEGNI PARTICOLARIIl nome, “Buru Buru”, si ispira al linguaggio dei bambini che, pur farfugliando, riescono a fare capire cosa vogliono, soprattutto quando qualcosa li cattura, li attrae, li stupisce. Buru Buru quindi è volontà, entusiasmo, stupore.

 

 
CONSIGLIATO AI/le fashion victim, i/le fashion blogger, i designer, i creativi, gli artigiani 2.0, gli imprenditori fantasiosi, tutti coloro che hanno letto e amato “I love shopping”.

 

 
INFO UTILIhttp://www.buru-buru.com

greendropGreen carpet per la Biennale, dove anche quest’anno verrà assegnato il premio collaterale Green Drop Award (promosso da Green Cross Italia e dal Comune di Venezia) al film, tra i 20 della selezione ufficiale, che abbia meglio “interpretato i valori dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alla conservazione del Pianeta e dei suoi ecosistemi per le generazioni future, agli stili di vita e alla cooperazione fra i popoli”.

Il fondatore di Green Cross International è il premio Nobel per la Pace Mikhail Gorbaciov ricorda: “Stiamo vivendo una crisi ecologica senza precedenti. Secondo i calcoli degli scienziati, la nostra domanda di risorse ecologiche rinnovabili e dei servizi che esse forniscono ora equivale a quella di più di una Terra e mezzo. Siamo sulla strada per aver bisogno di due pianeti molto prima di metà secolo. Quando la scienza e la ragione non ci possono aiutare, solo una cosa può salvarci: la nostra coscienza, e i film posso contribuire a stimolarla”.

In occasione del Festival si terranno alcuni incontri, tra cui, il 6 settembre, uno sul tema: “cinema e green economy”.

La giuria, presieduta dal regista Mimmo Calopresti, ha tra i suoi componenti il climatologo Vincenzo Ferrara e l’attrice Ottavia Piccolo.

Una notizia per i collezionisti di premi: il trofeo consiste in un elegante vaso a forma di goccia, realizzato da un maestro di Murano, che contiene un campione di terra proveniente ogni anno da un paese diverso. Un prezioso oggetto dal contenuto fortemente simbolico: rappresenta Venezia (sintesi armoniosa tra terra e acqua) e le gocce con cui è possibile stimolare comportamenti virtuosi nel rispetto dell’ambiente.

Sarà invece l’ex ministra per le pari opportunità, la senatrice Josefa Idem, a consegnare l’ambito Leone d’oro, Queer Lion Award, al miglior film di contenuto omosessuale. Questo premio è alla sua settima edizione a Venezia.

Tra i nove film sul tema sarà selezionato il vincitore: due italiani, Via Castellana Bandiera di Emma Dante, che ha già riscosso il plauso della critica, Piccola Patria di Alessandro Rossetto; sette gli stranieri, Gerontophilia di Bruce Labruce (destinato a fare scandalo: la storia di un diciottenne che si innamora di vecchio ottantenne ricoverato in ospedale), per le tematiche trans: L’armée du salut del primo scrittore arabo che ha fatto outing, Abdellah Taïa, Tom à la ferme del giovane canadese, Xavier Dolan, Kill Your Darlings di John Krokidas, Eastern Boys di Robin Campillo, Julia, un documentario sulla vita di una transessuale, di Jackie Baier e 3 bodas de mas di Javier Ruiz Caldera.

Il 7 settembre, alle ore 16, al cinema Astra del Lido, sarà proiettato Il rosa nudo di Giovanni Coda, ispirato alla vita di Pierre Seel, deportato nel campo di Schimerck. Alle 17.30 è prevista la consegna del Queer Lion. Dopo la premiazione ci sarà un incontro con il pubblico sul tema “La lotta all’omofobia: quali strumenti?”, a cui parteciperanno Franco Grillini, presidente di Gaynet, e il deputato Alessandro Zan del Sel.

Non perdetevi la sigla del Queer Lion Award, molto fashion, glam e accattivante.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=KSlBX8lRw3s]

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E’ finito da pochi giorni, con la grande festa (e sfida!) del Palio del Grano (una gara in cui sono iscritte otto squadre in rappresentanza di otto rioni di Caselle in Pittari “che si muovono” in una sorta di “staffetta” all’interno del campo di grano diviso in “corsie” – dal sito del Palio del Grano), il #campdigrano, una settimana all’insegna della “terra” e del “sapere”, o meglio di Alfabetizzazione e Innovazione Rurale.
Tante le collaborazioni anche quest’anno, dopo il grande successo del 2012, tra cui quella con Societing, accademia, e centro studi, attenta alla valorizzazione delle risorse organizzative ed al “passaggio” concettuale da marketing a societing, con occhio vigile alla necessità di un elevato valore sociale dei nuovi mercati.
Programma molto ricco quest’anno, che ha visto, oltre Societing, eccellenti collaborazioni – ad esempio – con Mediterranean Fab Lab, laboratorio di fabbricazione digitale; con Vincenzo Moretti, che ha parlato del suo “Testa, Mani e Cuore – Il lavoro che cambia l’Italia”); con alcune case history d’eccellenza nell’ “innovazione rurale” come Terra di Resilienza, Open Bosco, Bio & Sisto (solo per citarne alcune).
Naturalmente, impossibile non citare l’attenta, operativa e lungimirante Pro Loco di Caselle in Pittari, paesino del Cilento arroccato su una collina, che ospita Palio e Camp con il suo calore e la sua partecipazione e, soprattutto, con la sua tranquillizzante quotidianità.

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L’anno scorso, per l’edizione 2012, abbiamo parlato qui di contro-rivoluzione. E proprio questa rivoluzione procede veloce a colpi di sostenibilità e passione per il proprio territorio con occhio attento al cambiamento della società.
Il successo crescente dell’iniziativa è il frutto di componenti  “speciali”: l’ospitalità di un piccolo borgo con i suoi ritmi slow; il lavoro e l’amore per il territorio, che gli organizzatori del Camp mettono in gioco non solo durante la settimana dedicata; l’innovazione nel campo della terra e dell’agricoltura.
E’ questo il passo giusto per dare forza a piccole realtà che possono essere valorizzate sempre più, non con grandi alberghi oppure con invasioni turistiche indiscriminate, ma con sperimentazioni di questo tipo che facciano conoscere non solo le realtà balneari del Cilento (che ad ogni modo meritano attenzione e riguardo), ma anche l’incantevole e, incontaminato, entroterra.
Citando il Sillabario del #campdigrano, scritto da Vincenzo Moretti e pubblicato su Il Sole 24 Ore, penso che le due parole con la lettera U siano quanto mai indicate per raccontare l’esperienza: Unire e Uomo.

caselleinpittariImmagini:
© Fabrizio Barbato @svoltarock da instagram http://instagram.com/p/b875EUJHFk/
le altre immagini sono tratte da: http://www.paliodelgrano.it/campdigrano/

La strategia Europa 2020 prevede che per una crescita intelligente, sostenibile e solidale si persegua un’economia maggiormente efficiente, più verde e più competitiva sotto il profilo delle risorse, con minori emissioni di CO2, aiutando anche i consumatori nel fare scelte informate. Con gli obiettivi strategici fissati per il 2020, dal punto di vista ambientale, si prevede di produrre il 20% di energia con le rinnovabili, migliorare l’efficienza energetica del 20% e ridurre le emissioni di gas serra del 20%.

Il sistema FADA – Fedeltà Amica dell’Ambiente messo a punto da Achab Group e Keo Project soddisfa appieno gli obiettivi europei e soprattutto incentiva i cittadini e gli enti a diventare soggetti consapevoli e promotori di comportamenti virtuosi. Possono aderire a FADA cittadini, attività economiche, aziende ed enti locali, creando una sinergia vantaggiosa con un risparmio energetico ed economico, e con una ricaduta etica sul piano sociale.

A partire da gennaio 2013, 112 mila nuclei famigliari residenti in 19 comuni del Consorzio Covar 14  –  consorzio di bacino per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e il primo consorzio a sostenere FADA – si sono visti consegnare una tessera che prevede l’accumulo di punti non attraverso acquisti, ma grazie ad alcuni comportamenti che premiano la riduzione delle emissioni di CO2: 1 Punto per ogni 100 grammi di CO2 risparmiati.

Vengono premiate altre azioni quali il compostaggio domestico, la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’utilizzo di trasporto pubblico, l’installazione di un impianto fotovoltaico sul tetto di casa, l’acquisto di elettrodomestici nuovi di classe A e il volontariato.
Questo sistema è stato precedentemente testato in 10 centri commerciali del torinese con l’iniziativa Mr Pet, una colorata macchina compattatrice e mangia bottiglie che separa il Pet presente negli involucri di plastica. L’intera macchina occupa lo spazio di un posto auto ma ha la capacità di raccolta pari a 30 dei normali cassonetti della raccolta differenziata dislocati nelle nostre città, grazie a un sistema per il quale le bottiglie una volta immesse vengono automaticamente compressate.

Per ogni bottiglia inserita viene caricato un punto sulla carta e alla soglia di 200 punti, si ottiene uno sconto di 3 euro sulla spesa negli esercizi commerciali Carrefour di Nichelino e di Collegno. L’iniziativa ha visto il sorprendente risultato di 30 milioni di bottiglie di plastica Pet riciclate in tre anni, consentendo il recupero di 20-30 tonnellate di materiale per una redditività che varia tra i 7 mila e 9 mila euro. Insieme a questo risultato di natura prettamente economica, si è sviluppato un fenomeno di natura sociale. Infatti, alcuni cittadini grazie a degli accordi con ristoranti, aziende e mense per raccogliere le bottiglie di plastica consumate nei loro esercizi, hanno consegnato fino a 7 mila bottiglie al mese, ricevendo in cambio punti per sconti sulla spesa pari a 70-80 euro. Grazie a questi traguardi, il sistema FADA si è già diffuso nelle Marche e in Sardegna e nella visione dei promotori del progetto si vorrebbe arrivare a installare 3 mila macchine Mr Pet su tutto il territorio nazionale.
Una raccolta punti, quindi, che oltre ad attivare comportamenti solidali mette in relazione le amministrazioni pubbliche, i cittadini e i commercianti. Infatti, come sostiene il presidente di Covar 14 Leonardo Di Crescenzo “il sistema si presenta come uno strumento a disposizione dell’amministrazione pubblica per incentivare e documentare azioni ambientalmente sostenibili, oltre a rappresentare per ogni cittadino un’opportunità concreta per trasformare una buona azione in un vantaggio economico”.

Sta per partire l’edizione 2013 di Bit, la Borsa Internazionale del Turismo, in programma dal 14 al 17 Febbraio alla Fiera di Milano. Quasi 2000 espositori provenienti da 120 paesi di tutto il mondo, senza contare l’elevato numero di visitatori attesi. Queste cifre fanno di Bit il terreno ideale di confronto per i vari interlocutori del settore, istituzioni, agenzie di viaggio, operatori turistici, strutture ricettive e viaggiatori, sul tema del turismo accessibile.
Anche quest’anno, Bit dedicherà particolare attenzione al turismo sostenibile, declinato in questa edizione in termini di turismo responsabile e accessibile per tutti. Parlare di Turismo Accessibile, come sottolineato dal Comitato per la Promozione e il Sostegno del Turismo Accessibile, significa parlare di un turismo attento ai bisogni di tutti, ovvero in grado di soddisfare i bisogni di bambini, anziani, mamme che spingono i passeggini, persone con disabilità che si muovono lentamente, che non vedono, o non sentono, che hanno allergie o difficoltà di tipo alimentare. Dunque milioni persone alla ricerca di un’offerta turistica che sappia fornire allo stesso prezzo un’accoglienza di qualità, in località che siano a tutti accessibili, prive per quanto possibile di barriere architettoniche e percettive.
Stime di mercato quantificano in 38 milioni questi clienti in Europa e 3,5 milioni di clienti in Italia, cifre che aumentano se si considera che non si viaggia da soli.

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Con grande curiosità il mondo del turismo ha atteso la conferenza stampa del neo direttore generale Andrea Babbi per conoscere i progetti della nuova ENIT (Agenzia Nazionale del Turismo). Gli obiettivi del rinnovamento sono molti e le delusioni dal passato sono difficili da dimenticare, ma un primo segnale di cambiamento lo troviamo fin da subito nel linguaggio adottato per questa presentazione. Per la prima volta è stata realizzata una diretta Twitter molto seguita e commentata dai presenti, ma anche da chi non ha potuto esserci, grazie all’hastag ufficiale #nuovoENIT2013?. Un elemento di apertura importante che solo pochi anni fa non sarebbe stato immaginabile.

Il presidente Pier Luigi Celli e il nuovo direttore generale dell’ENIT hanno risposto a molti degli interrogativi che il mercato ha sollevato negli ultimi mesi, dalle preoccupazioni crescenti sui dati sempre negativi di arrivi e presenze in Italia, al rapporto difficile con le Regioni. Babbi sembra avere le idee chiare, sa di avere una grande responsabilità, ma forte della sua esperienza è determinato a ?contribuire per restituire al turismo il ruolo di principale forza trainante per la competitività e lo sviluppo economico del Paese.

Per rendere la nuova Enit più incisiva, in sintesi, i nuovi vertici prevedono una riorganizzazione interna e un’ottimizzazione dei costi per far sì che l’Agenzia non sia più considerata “un carrozzone politico”: sono previsti una razionalizzazione delle sedi estere ma senza diminuire la presenza nelle zone ad alto potenziale turistico come Cina e Medioriente e un consolidamento della nuova intesa con le Regioni.

L’ENIT intende trasformarsi in una “macchina efficiente al servizio degli operatori e delle Regioni” e assumere cosi un ruolo decisivo per la promozione e commercializzazione della destinazione Italia e dell’eterogeneità dei suoi territori.

Sarà in prima linea per l’Expo 2015 con l’obiettivo di far ripartire l’incoming italiano e punterà su digitale e social media per la nuova campagna 2013. Inoltre, l’ENIT si occuperà di gestire direttamente il portale italia.it per il momento servendosi dei contenuti dei portali regionali, per fare rete e valorizzarli, ma nel lungo termine il compito sarà quello di creare un brand Italia e lavorare sul suo posizionamento.

In conclusione, il Presidente Celli ha commentato la mancata trasformazione in Spa dell’Agenzia prevista dal Piano strategico per il Turismo presentato dal ministro Gnudi e invalidata dal Parlamento: “Non importa, ci adattiamo- ha affermato Celli- tra l’altro, una Spa nel settore pubblico non avrebbe avuto meno vincoli. Lavoreremo al meglio con quello che ci viene dato”.

Una buona dose di pragmatismo di chi sa che le risorse sono poche ma che con il lavoro di tutti, un sistema di alleanze e una ritrovata consapevolezza del Governo, si possono raggiungere risultati considerevoli perché il turismo è uno degli asset strategici più importanti per il Paese

Non c’è ancora un programma definito, ma ci sono tutti i presupposti per un percorso di sviluppo reale e concreto. Speriamo solo che questa spinta al rinnovamento non sia interrotta dalla fase pre elettorale a cui stiamo andando incontro. I commenti su Twitter confermano una nuova fiducia, si percepisce l’idea di un progetto comune e una gran voglia di collaborare.

La nuova sfida dell’ENIT riparte da qui con le migliori speranze.

 

 

 

C’è Torre Orsaia, un piccolo Comune situato alle estreme propaggini della Provincia di Salerno, all’interno del territorio del Parco Naturale del Cilento, conta, secondo i dati Istat del 1998, 2.557 abitanti. Il mare non bagna Torre Orsaia e, in effetti, la sua votazione turistica (si colloca vicina a una serie di Comuni con forti flussi turistici es. Marina di Camerota, Palinuro, ecc.) non è evidente. Il paese vive, come molti altri piccoli comuni italiani, una forte emigrazione. Alla popolazione stanziale che abita Torre Orsaia si affiancano dei cittadini “nomadi” che per ragioni di studio o di lavoro abbandonano Torre Orsaia e ci ritornano soltanto nelle vacanze o nei week end.

E poi c’è un Summer Workshop dal titolo “Porta le tue idee in vacanza”. I partecipanti sono un gruppo eterogeneo di studenti di architettura, urbanistica, sociologia, antropologia che provengono da tutte le Università italiane. Per una settimana visitano il luogo che li ospita, interagiscono con la popolazione locale, discutono tra di loro, incontrano esperti del settore, sperimentano e si affannano.

Ma perché?

Primo sopralluogo a Palazzo Girardi, Torre Orsaia

Ultimo pezzo: lo Spazio Pubblico contemporaneo, tema attuale che riguarda numerosi settori delle scienze sociali con parecchie incursioni anche nel mondo artistico.
Cos’è lo spazio contemporaneo? In che modo diventa o resta pubblico. Come si creano e si consolidano gli spazi comuni o gli “spazi buoni”? Tema dibattuto anche alla Biennale di Architettura di quest’anno tutta incentrata sul “Common Ground”.
Come dice Felicita Forte del Politecnico di Milano,  esempi recenti riusciti di spazi pubblici, richiedono il riconoscimento collettivo di alcuni valori (socialità, rispetto della cosa pubblica, pedonalità) e di alcune regole d’uso.

Adesso uniamo questi 3 pezzi del puzzle e ne aggiungiamo solo un altro.

Quest’anno, dal 30 luglio al 5 agosto si è tenuta a Torre Orsaia (ecco il primo pezzo), la quarta edizione del Summer Workshop “Porta le tue idee in vacanza 2012”, ovvero un progetto in cui un gruppo di circa 50 studenti (ecco il secondo) di urbanistica, sociologia, architettura, ecc..sono stati ospitati dal Comune e in cambio hanno lasciato le proprie competenze.
Come? Studiando il territorio, approfondendo i temi su cui si focalizza il workshop  e, alla fine, producendo dei progetti che possono essere realizzati direttamente in loco, oppure lasciati nelle mani del Comune che deciderà poi cosa farne.

Inoltre, e siamo al terzo pezzo del puzzle, il tema dato è stato lo SPAZIO PUBBLICO CONTEMPORANEO. L’iniziativa è proposta e portata abilmente avanti dall’Agenzia informale di Sviluppo Locale Aste e Nodi, nata nel 2009 da un illuminato nucleo di studenti, laureati e ricercatori di diverse discipline (Architettura, Ingegneria, Urbanistica, Sociologia…) e di diverse provenienze geografiche con lo scopo di costruire un approccio complesso, capace di comprendere maggiormente le dinamiche e le trasformazioni dei territori; proponendo una chiave di lettura capace di occuparsi sia della sua struttura fisica che delle relazioni sociali che li compongono. Lo scopo di Aste e Nodi è di promuovere dei processi di sviluppo altri (informali) rispetto a quelli istituzionali, soprattutto nel sud Italia.

Lezione sotto le stelle con Fabrizio Mangoni

Infine, a condire l’intero progetto, per la prima volta quest’anno, si è inserito anche un piccolo manipolo di giovani artisti italiani selezionati attraverso un bando pubblico dall’associazione culturale Componibile62 (Napoli) che hanno dato vita ad una “residenza nella residenza” dal titolo “Non Lineare” attraverso la produzione di opere in loco che hanno puntato principalmente in direzione dell’arte relazionale. Punto di partenza per tutti il tema dello SPAZIO PUBBLICO CONTEMPORANEO.

Ora che il puzzle è composto, possiamo andare a vedere l’immagine d’insieme che ne è venuta fuori.

L’esperimento (che tanto più esperimento non è, visto che siamo alla quarta edizione) è interessante perché fa emergere una serie di spunti che ci danno speranza per le future progettazioni sia in ambito architettonico che in quello artistico.

Prima di tutto un Sindaco illuminato (ed è la seconda volta che utilizzo illuminato in questo articolo) Pietro D’Angelo che ha creduto e crede nel progetto e ha seguito i ragazzi partecipanti dal primo all’ultimo giorno. La prima cosa che ha fatto all’apertura del Workshop è stata fornire il suo numero di cellulare affinché tutti si sentissero liberi di contattarlo per chiedere qualsiasi forma di aiuto e collaborazione. Ha condotto tutti i partecipanti alla scoperta di alcuni luoghi “dimenticati” a Torre Orsaia, mostrando loro quali erano i “terreni fertili” si cui si poteva agire: Dal Palazzo Girardi, dimora storica attualmente dismessa, alla Fontana dell’Olmo, anch’essa caduta nell’oblio, al piccolo orto comunale in stato di abbandono.

Il Summer Workshop è stato seguito, oltre che dai tutor, anche da una serie di ospiti che hanno messo a disposizione le proprie competenze per le lezioni serali sotto le stelle e per monitorare lo sviluppo dei progetti.

Alcuni nomi: Prof. Pasquale Persico, Economista all’Università di Salerno, Matteo Fioravanti architetto. membro dello studio qart progetti, Daniela Lepore, Professore associato di Teoria della Pianificazione Territoriale presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, il duo artistico Bianco-Valente e molti altri. Per gli studenti è stata un’occasione per mettersi in gioco con un’esperienza vera calata in una realtà locale, oltre i banchi scolastici, oltre i case studies esemplari, oltre le “ansie da prestazione” studentesche, un modo per fare un’analisi approfondita degli spazi pubblici, e realizzare opere al loro interno concrete, non un esercizio di stile senza affinità con il contesto.

Stesso discorso vale per gli artisti che hanno puntato su opere che nascono tutte dall’investigazione della comunità. C’è stato chi ha messo in posa abitanti di Torre Orsaia per ritrarre i loro volti e racchiuderli in alcune bottiglie regalate da fortunati abitanti del luogo (stiamo parlando dell’artista Giovanni Zaccariello). Lo stesso Zaccariello ha utilizzato come installazione sonora della sua opera gli antichi canti popolari di alcune donne registrate nelle loro case.

Lavori all’interno dell’Orto Colacino

Un altro artista, Marco Formisano, ha stipulato un contratto con l’Amministrazione comunale in cui si impegna a ritornare a Torre Orsaia tra 20 anni (2032) e apporre sul documento in questione, alla presenza di due bambini coinvolti nell’operazione, una seconda firma, dove la prima vale come impegnativa e come inizio del processo artistico, che dichiari la riuscita dell’operazione e la convalidi definitivamente come opera d’arte. Di contralto il Comune si impegna, attraverso il contratto, ad essere garante del processo artistico e custode dell’opera. L’opera è una stampa di una scansione delle superfici (tramite scanner portatile) di due luoghi a cui i due bambini di Torre Orsaia, giudici e testimoni dell’opera stessa, sono particolarmente legati.

E il tanto citato “territorio” come ha reagito? Bene e male. Non si può negare che il penultimo giorno della residenza siano state recapitate lettere anonime che criticavano il valore del progetto, paragonato ad una mera vacanza concessa dal Comune ai ragazzi partecipanti. Vero è che ci si sono state persone che hanno dato una mano per pulire l’orto abbandonato, hanno cucinato per il pranzo sociale nell’orto, hanno aiutato gli artisti a dipingere, sono diventate custodi dell’orto promettendo di prendersene cura, quindi un “fare insieme” che è sinonimo di collaborazione e condivisione.
Potremmo passare molto tempo a descrivere i lavori e i progetti esposti, ma non sarebbe questo il vero senso dell’articolo, qui si vuole solo citare questo workshop come esperimento positivo che fa bene al Comune di Torre Orsaia che ora ha dei luoghi dimenticati tornati a nuova vita e progetti per recuperarne altri, agli esercizi commerciali di Torre Orsaia che ora hanno qualche soldo in più nelle loro casse, ai partecipanti che hanno fatto un’esperienza pratica che li arricchirà, ai tutor e a tutte quelle persone che hanno collaborato alla realizzazione del progetto.

Ad un livello più macro possiamo dire che progetti come questo alimentano un senso di fiducia e rispetto nelle Amministrazioni Locali e nel futuro prossimo, per la costruzione di luoghi e spazi “vicini” al cuore degli abitanti e di chi crede in queste modalità di partecipazione collettiva.

Se proprio non capitate a Torre Orsaia prima, potrete anche fare un salto tra poco meno di 20 anni, esattamente il 4/08/2032, al Comune in Piazza Lorenzo Padulo, al momento della firma dell’opera descritta sopra, mentre nell’orto potrete raccogliere i frutti dell’annata del 2012. Buon raccolto!

Il prossimo 26 Ottobre si chiuderà la raccolta delle partecipazioni all’iniziativa di “Buone Prassi di responsabilità sociale d’impresa” in Lombardia, promossa da Unioncamere e dallo Sportello CSR della Camera di Commercio di Milano.

Da diversi anni il concetto di responsabilità sociale e quello di sostenibilità si stanno diffondendo sempre più nel DNA delle imprese, in ogni settore e in aziende di qualunque dimensione, siano esse micro-imprese familiari o grandi gruppi multinazionali.

La sostenibilità, la responsabilità verso gli stakeholders e verso l’ambiente circostante stanno divenendo il nuovo focus dell’agire d’impresa, con il conseguente allargamento dello spettro d’interesse verso sfere diverse da quella meramente economica.

L’intento delle Camere di Commercio è quello di promuovere una visione dell’impresa concepita come “attore centrale”, che opera all’interno di un contesto complesso, non solo economico, del quale fanno parte anche la dimensione sociale e quella ambientale.

Proprio sulla base di questa concezione innovativa è nata l’iniziativa che mira a raccogliere e premiare le migliori “Buone Prassi” in ambito di CSR, per le imprese del territorio lombardo.

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È entrato nel vivo proprio in questi giorni il World Urban Forum 6, tenutosi quest’anno a Napoli per volere di Joan Clos, Direttore Esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani, sul tema delle città a misura d’uomo. Pianificazione urbanistica, partecipazione, scambio di esperienze e comunità, queste le parole chiave.

Nel quartier generale del World Urban Forum, presso la Mostra d’Oltremare a Fuorigrotta, il messaggio che emerge e conforta è che le sfide mondiali vanno affrontate insieme. Tra i tanti sindaci presenti, anche quelli di Aguas Calientes (Brasile), Stoccarda, Istanbul, Città del Messico, Quito (Ecuador), Ruanda, Zimbabwe. Il sindaco di Istanbul, al suo primo viaggio nella città partenopea, ha riconosciuto le tante somiglianze tra le due città del mediterraneo. Sono stati fitti, tra l’altro, colloqui con il sindaco De Magistris, il quale vorrebbe prendere Istanbul come modello per un progetto di mobilità sostenibile tra terra e mare.

Il World Urban Forum, quindi, è il protagonista assoluto di questa fine estate a Napoli. Durante l’evento ci saranno decine di dibattiti, seminari, convegni ai quali prendono parte circa 10.000 partecipanti provenienti da 114 paesi di tutto il mondo. Il tema del Forum è “Il futuro urbano”. Più del 50% della popolazione mondiale (percentuale in crescita) oggi vive nelle città, ed è proprio per questo che è necessaria una seria riflessione per renderle sempre più vivibili e sostenibili. Si parla di come costruire le città sostenibili, a misura d’uomo come si sarebbe detto un tempo, tenendo presente che non esiste un modello di sviluppo unico ma una declinazione che varia a seconda della storia e della cultura dei diversi paesi. Dunque il confronto tra i modelli possibili risulta ancora più interessante e suggestivo.

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Sempre maggior rilievo ed importanza assumono la necessità di affidarsi a chiare pianificazioni urbanistiche per una migliore qualità della vita, la capacità di offrire nelle grandi aree urbane le giuste risposte ai bisogni sociali, la strategia per rendere più efficaci e meno inquinati i sistemi di mobilità e la partecipazione dei cittadini alle scelte delle comunità.

Dal confronto emerge con forza l’esigenza, per grandi città, Napoli inclusa, di ricercare condizioni comuni di vivibilità che eliminino il più possibile le differenze. Un concetto ribadito anche dal sindaco De Magistris: “Credo che questa sia una grande opportunità di mettere insieme i sindaci delle città grandi e piccole del mondo e provare a scrivere una pagina di solidarietà, di lotta alle disuguaglianze, di pace, di sviluppo e di lavoro.” Certo, il progetto è ambizioso, ma è anche estremamente necessario.

Per il padre fondatore del World Urban Forum, Joan Clos, il Forum a Napoli è già un grande successo. “L’accoglienza è stata fantastica, Napoli è una città che ha fatto proprio della sua straordinaria complessità la sua bellezza. Una città aperta al dibattito ed al confronto e, anche se siamo consapevoli che questo è un momento difficile per tutti per via della crisi economica mondiale, dobbiamo continuare a discutere su come migliorare la nostra vita nelle comunità. Per cercare soluzioni alternative e per uscire insieme dalla crisi.”

E proprio da Napoli, proprio in questi giorni, affinché le tematiche affrontate non si fermino ad una mera sensibilità “teorica”, parte un progetto per la mobilità ecosostenibile, da Gennaio infatti sarà disponibile in città una rete di auto e bici elettriche a cura della società NHP, azienda napoletana del settore della Green Economy, presente al Forum. Mercoledì 5 Settembre la presentazione durante una conferenza stampa del primo servizio di mobility sharing integrato italiano. Si chiamerà Bee-Green Mobility Sharing. Questo servizio sarà composto da auto esclusivamente elettriche e biciclette e servirà le ZTL e le aree pedonali di Napoli. Bee si avvarrà di una flotta di Renault Twizy, il nuovo urban crosser elettrico. “Renault vede nella mobilità elettrica una soluzione ecocompatibile ed anche più innovativa delle esigenze di mobilità” – commenta Francesco Fontana Giusti, Direttore Comunicazione di Renault Italia. “Il servizio di sharing introdotto da Bee a Napoli è un interessante esempio di una nuova visione della mobilità più sostenibile ed efficiente, che ci auguriamo possa diffondersi presto anche in altre città italiane.” Quest’estate non è la prima volta che a Napoli è stato affrontato il tema della mobilità sostenibile: l’11 e il 12 giugno si è svolto MobilityTech, il forum sull’innovazione tecnologica promosso dalla casa automobilista Renault.

L’obiettivo di NHP è quello di mettere a disposizione circa 200 auto e 300 biciclette e una rete di punti di prelievo in città che permetterà a qualsiasi cittadino di raggiungere il Bee-point (allestiti presso i Quick No Problem Parking grazie ad un importante accordo) più vicino nell’arco di 5 minuti. Emissioni zero, costi notevolmente ridotti, e si spera che anche nella riduzione dello stress.

Abbonamenti settimanali, mensili o annuali ed una card che consentirà di sbloccare e prelevare auto o bici elettriche in uno dei punti attrezzati della città (per il momento ben 12, da Capodichino al Porto, dal Lungomare a Fuorigrotta, da Chiaia a Posillipo). Sperimentazione fino a Dicembre, a Gennaio si parte.

Le idee ci sono, le collaborazioni istituzionali sembra non manchino, non resta altro che mettere in atto, in tempi brevi, le iniziative che possono portare nuova linfa alle grandi e piccole città. E soprattutto nella speranza che il degrado cittadino sia sempre più un lontano ricordo. Quest’ultimo aspetto, in questo momento, sembra essere l’ obiettivo primario del sindaco De Magistris, ma questa è un’altra storia.

 

Aprirà il 29 agosto e proseguirà fino al 25 novembre 2012 la 13esima Biennale di Architettura di Venezia: diretta dall’inglese David Chipperfield, la Mostra si snoderà tra i Giardini della Biennale e l’Arsenale e mira a riportare in primo piano l’Architettura con la A maiuscola.

Ecco le 5 cose fondamentali da conoscere sulla Biennale di quest’anno che Tafter ha selezionato per voi:

1. Il tema
Common Grounds, Terreni Comuni il focus di quest’anno che il direttore così ha esplicato: “L’ambizione di Common Ground è soprattutto quella di riaffermare l’esistenza di una cultura architettonica costituita non solo da singoli talenti, ma anche da un ricco patrimonio di idee differenti riunite in una storia comune, in ambizioni comuni, in contesti e ideali collettivi. Siamo partiti dal desiderio di enfatizzare idee condivise al di là della creazione individuale, e ci siamo resi conto che questo ci imponeva di attivare dialoghi piuttosto che selezionare singoli partecipanti. Abbiamo iniziato chiedendo a un gruppo limitato di architetti di sviluppare idee che portassero a ulteriori richieste di partecipazione: a ciascuno abbiamo richiesto di proporre un progetto insieme a un dialogo che rispondesse al tema e mostrasse l’architettura nel suo contesto di influssi e di affinità, di storia e di lingua, di città e cultura. La lista finale dei partecipanti rappresenta una ricca cultura della differenza, piuttosto che una selezione di posizioni definite e dichiarate. Vogliamo dare risalto al terreno comune condiviso dalla professione, nonostante l’apparente diversificazione nell’attuale produzione architettonica. La condivisione delle differenze è essenziale all’idea di una cultura architettonica.”
119 architetti dialogheranno quindi su una visione comune della materia che sfugge al campanilismo per riappropriarsi del dialogo e della cooperazione.

 


2. Il Padiglione Italia
Curato da Luca Zevi, il Padiglione Italia avrà come tema “Le quattro Stagioni” del made in Italy: da Adriano Olivetti alla green economy come sfida alla crisi che colpisce il nostro paese e in segno di continuità con quello che è il tema generale della Mostra cioè i Common Grounds.
Le quattro “stagioni” si dipanano dalla prima, appunto, su Olivetti; la seconda sull’ “assalto al territorio” a partire dagli anni ’80, documentata da un video; la terza su “progetti architettonici d’eccellenza” dell’ultimo quindicennio; infine la puntata su imprese e Green Economy in vista dell’Expo 2015 a Milano.
Si inserisce appieno in questa filosofia l’opera che Michelangelo Pistoletto ha realizzato appositamente per l’evento: una grande sagoma dell’Italia lunga circa 8 metri, adagiata a terra e formata da materiali di riciclo, recuperati sul terreno della Biennale stessa. Una metaopera che parla del belpaese ma anche della Mostra di Architettura del Lido quindi e che vuole simboleggiare questa “Italia Riciclata”.

3. La Giuria
Nominati, per questa edizione, i seguenti giurati:

Wiel Arets (Olanda),architetto, teorico dell’architettura, urbanista, designer e docente presso la Universität der Künste Berlin, UdK;
Kristin Feireiss (Germania),giornalista, curatrice, direttrice del Netherlands Architecture Institute (NAi) dal 1996 al 2001 e fondatrice del Architecture Forum Aedes di Berlino di cui è co-direttore;
Robert A.M. Stern (USA), architetto, Preside della Yale University School of Architecture;
Benedetta Tagliabue (Italia), architetto, co- fondatrice insieme a Eric Miralles dello studio Miralles Tagliabue EMBT;
Alan Yentob (Gran Bretagna), Direttore Creativo della BBC e Honorary Fellow del Royal Institute of British Architects (RIBA).

Il Presidente della Giuria sarà nominato dagli stessi componenti durante la loro prima riunione.

La Giuria assegnerà i seguenti premi ufficiali:

Leone d’oro per la migliore Partecipazione Nazionale;
Leone d’oro per il miglior progetto della Mostra Internazionale Common Ground;
Leone d’argento per un promettente giovane architetto della Mostra Internazionale Common Ground.

La cerimonia di premiazione, si svolgerà contestualmente all’inaugurazione della mostra che avrà luogo mercoledì 29 agosto 2012 alle ore 11 ai Giardini della Biennale.

4. Paesi presenti
55 le nazioni presenti quest’anno con Paesi che per la prima volta partecipano a questo grande evento. Il benvenuto di quest’anno va infatti ad Angola, Repubblica del Kosovo, Kuwait e Perù.

5. Eventi collaterali
18 in tutto gli eventi collaterali che si snoderanno in tutti i luoghi toccati dalla Mostra e che saranno organizzati da pesi partecipanti. Tra questi vi segnaliamo:

50×50 VeniceGreenDream VGD 2012
Porto Marghera, Area Vega 2
dal 28 agosto al 25 novembre
50×50 Un sogno verde per Venezia 2012 è l’installazione di un campo inerbito. Un campo comune che rappresenti contemporaneamente un sistema di ordine architettonico e un processo di coltivazione della natura. Affrontare le trasformazioni urbane e territoriali sotto il profilo socio-economico, occupazionale e ambientale presuppone un radicale cambio di paradigma. Venezia e il suo waterfront costituiscono l’ideale campo di applicazione.
Organizzazione: Green City Italia
www.greencity-italia.com

A Better World
Serra dei Giardini, Castello (Viale Garibaldi)
dal 27 agosto al 25 novembre
Non poteva essere in nessun altro luogo se non in una serra. Alla base ci sono abilità e la vocazione. Anche la lotta e il divertimento, è lo scambio e l’uso di materiali regolari e le idee a produrre energia intelligente. Poi lectures, workshop, piccoli allestimenti di design trasformano lo spazio in un centro per tenerci con i piedi per terra.
Organizzazione: studio427
www.studio427.it

e, per finire, il tanto discusso:


Il Palais Lumière di Pierre Cardin a Venezia: una scultura abitabile
Concept Créatif International Pierre Cardin, via delle Industrie, Marghera
dal 29 agosto al 25 novembre
Il ‘Palais Lumière’ è un originale edificio immaginato da Pierre Cardin, prendendo ispirazione da tre fiori tenuti assieme da un nastro: esso rappresenta un concreto esempio di “scultura utilitaria”, in seno alla quale un individuo può tranquillamente vivere anche 24 ore al giorno. La struttura, di notevoli dimensioni ed ecosostenibile, è stata progettata per essere ipoteticamente collocata in un’area ben precisa di Venezia (Porto Marghera) che attualmente è alquanto degradata: la mostra inedita è per l’appunto volta a illustrare nel dettaglio questo straordinario progetto architettonico.
Organizzazione: Concept Créatif International Pierre Cardin
www.ccipierrecardin.com
www.palaislumiere.eu/biennalevenezia2012

Una delle tendenze più recenti nell’ambito delle amministrazioni cittadine è l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche e soprattutto sostenibili, in materia di miglioramento delle infrastrutture, dei trasporti e dell’ambiente. Le città, i luoghi dove trascorriamo la maggior parte del nostro tempo, per scelta di vita o per esigenze di lavoro e di servizi, puntano sempre di più ad una “intelligente” qualità della vita.

Che Napoli si presti alle sperimentazioni a tutto campo, è acclarato. Non a caso il grande marchio automobilistico d’oltralpe ha scelto il capoluogo campano come vetrina per una nuova mobilità eco sostenibile.

Infatti, Renault ha presentato a Napoli il programma per lo sviluppo delle mobilità elettrica, durante i convegni della MobilityTech (forum sull’innovazione tecnologica nella mobilità giunto alla settima edizione, che quest’anno si è svolto nella sua prima parte al Castel dell’Ovo a Napoli l’11 ed il 12 Giugno 2012). Questo programma si inserisce in un quadro di iniziative per la città di Napoli – oltre ogni prevedibile luogo comune – volte a restituire il territorio alla cittadinanza; in questa scia si ricordino i successi di #lungomareliberato, della ZTL e delle aree pedonabili, progetti fortemente sostenuti dal primo cittadino, Luigi De Magistris.

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Volendo riassumere in un unico concetto gli eventi che hanno animato la Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile, che si è tenuta a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno, si potrebbe mutuare il titolo di una famosa commedia Shakespeariana e dire che alla fine c’è stato solo “molto rumore per nulla”.

Lo spettacolo allestito a vent’anni di distanza dal famoso summit del 1992 ha messo in scena gli stessi attori e lo stesso canovaccio, senza prevedere nel frattempo un corso di aggiornamento al fine di garantire una performance migliore della precedente.

Ciò che traspare da questo incontro mondiale, che ha coinvolto 191 paesi ed è costato 150 milioni di dollari, è che la tutela dell’ambiente continua ad essere un argomento sussidiario, la cui reale trattazione appare sempre e comunque procrastinabile ad un momento successivo rispetto all’oggi.

Difficile sintetizzare meglio di George Monbiot la lezione emersa da Rio+20; il giornalista ha scritto sulle pagine di The Guardian che “la biosfera che i leader mondiali avevano promesso di proteggere si trova in uno stato di gran lunga peggiore rispetto a vent’anni fa. Non è il momento di riconoscere che hanno fallito? […] In quest’ottica la battaglia per proteggere la biosfera è la stessa battaglia che si combatte per la redistribuzione del reddito, per la protezione dei diritti dei lavoratori, per un governo efficiente, per l’uguaglianza […] Senza movimenti di massa, senza quel tipo di confronto necessario per rivitalizzare la democrazia, tutto ciò che ha un valore è cancellato dall’agenda politica. Ma noi non ci mobilitiamo; forse perché siamo irrimediabilmente sedotti dalla speranza”.

L’assenza dal summit di importanti premier e capi di Stato, tra i quali Barack Obama, Angela Merkel e David Cameron, segna un’ulteriore sconfitta delle tematiche legate all’ambiente e a modelli di crescita alternativi rispetto alle pratiche attualmente dominanti.

Come alcuni attenti e acuti osservatori della società contemporanea hanno affermato a proposito del dilagare della corruzione nelle pratiche di vita quotidiana, sostenendo che il problema da affrontare fosse soprattutto un problema culturale, anche per le questioni inerenti alla salvaguardia del nostro pianeta le criticità da superare hanno, in primo luogo, una matrice di tipo culturale.

Anche se è difficile da accettare, non abbiamo una seconda possibilità per salvare il nostro pianeta; tutti gli interventi possibili sono fuori tempo massimo e l’unica modalità di intervento ancora ammessa è provare a rimandare di qualche secolo, o magari millennio, il momento in cui la Terra collasserà, schiacciata dal peso dell’uomo. Temo che senza un cambio di paradigma – che deve riguardare tanto le tecniche di produzione quanto il sistema culturale in cui viviamo – tale momento rischia di essere pericolosamente vicino.

Vittoria Azzarita è caporedattrice di Tafter Journal

 

Il rischio che la cava di pozzolana di Corcolle diventi la seconda discarica di Roma a seguito della chiusura dell’ormai satura Malagrotta è piuttosto concreto; proteste e tensioni sulla scelta del sito individuato dal prefetto Giuseppe Pecoraro aumentano di giorno in giorno. Sono tante le voci che si stanno levando contro perché la preoccupazione che la discarica dei rifiuti solidi urbani vada a danneggiare la vicina Villa Adriana, patrimonio mondiale dell’umanità, è davvero forte. I favorevoli invece sostengono che la situazione rifiuti della capitale sia ormai giunta a livelli insostenibili e che il sito designato verrà sfruttato solo per un paio d’anni.

Ecco tutti i pro e i contro della temuta discarica

PRO

Giuseppe Pecoraro, prefetto commissario, è stato lui a scegliere Corcolle come sito idoneo all’apertura della discarica

Renata Polverini, Governatrice della regione Lazio

“Il sito di Corcolle non sara’ visibile da Villa Adriana e non turbera’ l’ambiente. E poi nel Lazio non abbiamo luoghi incontaminati dalla storia. In qualunque zona fosse ricaduta la scelta si potevano porre gli stessi problemi. Questo e’ il meno peggio. Non c’e’ un altro sito con le caratteristiche di ampiezza, di rapidita’ di realizzazione e di costi relativamente bassi”

CONTRO

Gianni Alemanno, sindaco di Roma “Per quanto riguarda Corcolle il prefetto deve dirci, con una sua decisione, se è la scelta definitiva. Mi auguro che lo faccia dopo un ultimo confronto con me, Ornaghi e Clini, che sono le autorità che hanno espresso forti perplessità e contrarietà all’ipotesi di Corcolle”

Ilaria Borletti Buitoni, presidente del FAI

“La vicinanza con Villa Adriana – si legge -, la preziosità del sito prescelto dal punto di vista archeologico, il rischio idrogeologico, l’opposizione dei residenti sono elementi questi che dovrebbero fare riflettere ma che invece non sollecitano nemmeno un ripensamento da parte della presidente della Regione Lazio: un comportamento questo non accettabile soprattutto da chi e’ stato eletto e avrebbe quindi il dovere di recepire le richieste dei propri cittadini”.

Associazione Italia Nostra

“Abbiamo recapitato al premier Mario Monti una lettera ufficiale firmata dal presidente Carlo Ripa di Meana con i punti più critici della sconsiderata ipotesi della discarica a Villa Adriana-Corcolle”.

-Ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi, che ha minacciato le dimissioni

“Quella di Corcolle non e’ una questione di secondo piano. Non posso ignorare i vincoli imposti sull’area della Soprintendenza. Ne’ possiamo permetterci un’ondata di critiche internazionali. Villa Adriana e il suo ambiente non vanno sfregiati”

Andrea Carandini che si è dimesso ieri dall’incarico di presidente del consiglio superiore dei Beni culturali

“Gentile signor ministro, la mancanza di una politica del governo verso la cultura già mi aveva sorpreso e deluso. Ma esistono per ciascuno di noi dei limiti di tolleranza civica e personale. Le ultime notizie sulla discarica prevista a Corcolle, straordinariamente gravi per la prossimità a Villa Adriana e alle quali non arrivo a credere, rappresentano la goccia che ha fatto traboccare il vaso”

 

In occasione della più importante manifestazione italiana legata al mondo del design e dell’arredo si è tenuta, il 20 ed il 21 Aprile, “Ri.U.So 01 Casa e Città per disegnare un futuro possibile”, la prima edizione del convegno dedicato alla Rigenerazione Urbana Sostenibile.

Intento della manifestazione è quello di riunire intorno allo stesso tavolo i maggiori protagonisti del settore al fine di creare un confronto necessario per poter agire in maniera responsabile su una tematica, quella della rigenerazione urbana, che si prospetta come uno dei possibili traini di crescita della nostra economia ma che, ove interventi di questo tipo non vengano fatti seguendo criteri di eccellenza, può creare ulteriori difficoltà e sprechi di risorse.

Fitto il programma degli interventi che si sono succeduti nella due giorni con esponenti di differenti settori di riferimento: da Carlo Cerami, consigliere di amministrazione fondazione Cariplo a Paola Delmonte, dirigente di Cassa Depositi e prestiti investimenti SGR.

Il Convegno si è concluso con una tavola rotonda alla quale hanno partecipato Paolo Buzzetti, presidente ANCE, Leopoldo Freyrie, presidente CNAPPC, Edoardo Zanchini, Vicepresidente nazionale Legambiente e Giorgio Squinzi , Presidente Confindustria, la cui presenza si è tuttavia limitata ad un intervento frettoloso e ad un altrettanto rapido commiato.

Il risultato che emerge porta ad una serie di riflessioni. Se da un lato, infatti, è encomiabile un’iniziativa di questo tipo dall’altro sembra affetta da alcuni vizi di fondo.

Certo, fa piacere sapere che organizzazioni portatrici di interessi differenti si uniscano per parlare di Social Housing e risparmio energetico dell’edilizia, così come è necessario conoscere i limiti di accesso al credito per poter studiare strategie che rispondano alle situazioni ambientali, ma la totale assenza di attenzione alla sfera del cittadino lascia interdetti.

In ogni mercato i beni vengono prodotti tenendo conto delle caratteristiche dei propri target di riferimento, ma questo non sembra preoccupare gli esimi esponenti intervenuti.

Il processo di Rigenerazione Urbana dovrebbe costituirsi come l’opportunità per un dato territorio di riqualificare zone che nel corso degli anni hanno manifestato la presenza di dinamiche distorte sotto gli aspetti sociale, culturale, economico e, quale conseguenza, di degrado urbano. Sembra quindi una contraddizione in termini voler agire sul sintomo per curarne le cause.

Per invertire i processi di degrado delle periferie urbane si rende necessaria l’attuazione di una serie di iniziative differenziate che vanno realizzate per i cittadini che le abitano. Se non si tiene conto di questo piccolo particolare si rischia di creare delle nuove periferie che si differenziano da quelle attuali soltanto per il basso dispendio energetico.

 

 

 

 

Non c’è pace per le isole Tremiti. L’ultima notizia riguarda la vendita all’asta di terreni edificabili. L’idea è del Commissario prefettizio delle Diomedee Carmela Palumbo, in carica dopo le dimissioni del sindaco Giuseppe Calabrese, con l’obiettivo di riempire le casse del comune con circa 4 milioni di euro.

A seguito della pronta reazione del WWF e di altre associazioni ambientaliste nonché degli stessi abitanti preoccupati per il possibile assalto alle isole da parte di costruttori, è intervenuta Angela Barbanente, assessore all’urbanistica della Regione Puglia, che ha bloccato, almeno per ora, la procedura avviata dal Commissario prefettizio, non esitando a definirla “illegale”.

Tutto questo avviene mentre è ancora in atto la battaglia, anche con ricorso al TAR, contro le ricerche petrolifere autorizzate dal Ministro dell’Ambiente del precedente Governo nei fondali del mare antistante alle isole.

Ma ci sono altre vicende che indicano inequivocabilmente che la lebbra cementizia non risparmia neppure le Tremiti come, ad esempio, la causa promossa dal Consorzio Orto del Paradiso contro il Parco del Gargano per la costruzione di una lottizzazione nell’isola di San Domino, oppure la contestata variante al Piano Regolatore Generale che non prevede la presenza di zone a destinazione agricola, favorendo un’ulteriore cementificazione delle aree libere.
In definitiva, quello che non si comprende è che una ulteriore espansione edilizia è assolutamente incompatibile con la fragilità dell’ecosistema dell’arcipelago. Semmai si può puntare sul recupero dei fabbricati esistenti.

Le Diomedee non hanno bisogno di nuovo cemento ma solo di eco turisti capaci di godere delle loro specie rare e sensibili e dell’ambiente naturale, lasciandolo però intatto per le future generazioni.

Carlo Fierro è Presidente WWF Foggia

Di fronte a un mondo che corre sempre di più verso il progresso e la tecnologia, l’unico modo per salvarsi è quello di tornare alla natura, conoscendone i suoi aspetti principali, e inseguendo l’innovazione sulla base dei principi di Madre Natura, un po’ come faceva Leonardo da Vinci molti secoli fa. È questo l’insegnamento che si può ricavare dalla nuova personale di Daniela Di Maro, giovane artista napoletana da sempre impegnata nei settori artistici delle installazioni interattive e della videoarte, la cui notorietà è stata enfatizzata dalla presenza di alcune sue opere all’interno dell’importante Videoart Yearbook, l’annuario della Videoarte italiana curato da uno dei massimi studiosi della disciplina, Renato Barilli.

La personale, organizzata negli spazi della galleria napoletana Dino Morra Arte Contemporanea e aperta fino al 12 Aprile, mostra già dal titolo, Cuprum, l’intenzione di lanciare un messaggio particolare, a metà tra il rispetto della natura e la ricerca del progresso tecnologico.

Il rame, infatti, è non solo l’elemento principale (presente in natura) dell’omonima installazione che apre la mostra, ma anche l’espressione più evidente di quel connubio tra natura e tecnica che arriva ad essere il motivo fondante della ricerca della giovane artista.
L’opera è costituita da cinque fogli sui quali è stata ricamata, con un sottile filo di rame e la tecnica dell’ordito, la figura di cinque piante, che hanno una particolarità: in natura sono estremamente velenose, talvolta anche solo al tatto, ma nell’omeopatia vengono utilizzate per curare alcune malattie. Pur essendo apparentemente innocue, quelle piante possono salvarci o rovinarci la vita, a seconda del loro utilizzo. Tuttavia, il cuore dell’opera è costituito dal rame: infatti, la sottile lamina utilizzata per disegnare le figure delle piante collega un pannello fotosensibile con delle resistenze, nella parte bassa del foglio, a un piccolo altoparlante nella parte superiore.
L’effetto della luce e della presenza/assenza in sala di spettatori, unito al lavoro puramente elettronico svolto dalle resistenze e al ruolo da conduttore termico del rame, fa sì che ognuno dei cinque altoparlanti produca un suono naturale diverso, dal frinire delle cicale ai grilli.
L’effetto di spaesamento
è completo e, a piena luce, sembra quasi di essere immersi in un folto bosco dalle mille insidie. L’interazione e la vicinanza degli spettatori all’opera contribuiscono ad arricchirne il senso, delicata, pregna di significati e realizzata grazie al prezioso contributo dei ragazzi del Laboratorio Creativo Geppetto di Milano.

La ricerca stilistica di Daniela Di Maro prosegue, poi, con altre due opere: Filo Conduttore, costituita da tre placchette di plastica trasparente, con il disegno “invisibile” di ragnatele, ottenute attraverso l’antica arte incisoria della puntasecca, appoggiate alla parete e illuminate dall’alto, in modo tale da proiettare, sulla parete, l’ombra delle stesse ragnatele e dando l’illusione che queste siano disegnate direttamente sul muro. L’opera che completa il percorso è data dal video Aracnometrica, in cui il gesto del tessere la tela da parte di un ragno viene rielaborato visivamente in chiave poetica, mettendo in risalto quanto quel lavoro sia condotto in modo certosino e preciso da un essere vivente così piccolo e, all’apparenza, insignificante. Il messaggio lanciato dall’artista verte proprio su quest’ultimo punto: spesso distruggiamo in un secondo un qualcosa che è stato creato con ore di fatica e che, per quel piccolo essere, costituisce tutta la sua esistenza, perché dalla tela il ragno trae il suo nutrimento.

La poetica messa in mostra all’interno della personale risulta essere estremamente sensibile nei confronti della natura e del mondo occidentale più spinto al progresso tecnologico, che spesso dimentica anche le basi più semplici delle regole naturali. Con le sue opere, Daniela Di Maro, che tornerà presto a Napoli per presentare la sua opera Anastatica sensibile (vincitrice della prima edizione del concorso “Un’Opera per il Castello”), intende evidenziare la ricerca di un equilibrio, nel mondo in cui viviamo, tra natura e progresso tecnologico, resa difficile dalla scarsa consapevolezza degli uomini occidentali dei rischi e delle potenzialità della natura.

 

Questo articolo esce in ritardo. Doveva uscire questa mattina ma poi, entrata nel mood della lentezza l’ho fatto riposare, come si fa con un risotto nel tegame.

Oggi, infatti, è la Giornata mondiale della Lentezza.

Il 26 marzo, sin dal 2006, si celebra infatti un evento molto particolare se pensiamo agli standard frenetici con cui ci ritroviamo a veder scorrere la nostra vita: è quindi la giornata della riflessione e della pigrizia, dell’assaporare ogni attimo come fosse l’ultimo, della riappropriazione dei contesti che ci circondano e che solitamente trascuriamo. E’ il giorno, insomma, in cui prendiamo le cose con più leggerezza e armonia, allegria e spensieratezza.

Ce la faremo? Molti di noi riusciranno in questo intento con poca fatica, altri mostreranno invece più difficoltà.

Da Nord a Sud, molte sono le città italiane, soprattutto metropolitane, in cui l’Associazione Nazionale “Vivere con lentezza” ha organizzato eventi e manifestazioni all’insegna della calma e della pazienza: a Milano, ad esempio saranno all’opera i “vigili della lentezza”, operatori municipali che, armati di Passovelox multeranno i passanti troppo frettolosi e consegneranno loro i “ComandaLenti”, consigli slow che dovranno applicare il giorno dopo; a Roma, invece, si organizzeranno aperitivi con letture di poesie e una lezione gratuita di yoga a Villa Borghese volta a concentrarsi sul sé e a rilassare mente e corpo.

E da domani, la manifestazione arriverà oltremanica, premiando gli abitanti londinesi del quartiere di Hackney che si sono dati da fare per migliorare la qualità della vita del proprio territorio con uno speciale contachilometri in grado di avvertire i ciclisti al superamento di una determinata soglia di velocità.

Le manifestazioni, sparse in Italia e all’estero, andranno avanti fino al 1° aprile, nel pieno ritmo lento che la Giornata celebra.

Se anche voi volete cimentarvi nei festeggiamenti di questa particolare ricorrenza, ecco i 14 ComandaLenti da seguire:

 

1) Svegliarsi 5 minuti prima del solito per farsi la barba, truccarsi o far colazione senza fretta e con un pizzico di allegria.

 

2) Se siamo in coda nel traffico o alla cassa di un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e usiamo questo tempo per programmare mentalmente la serata o per scambiare due chiacchiere con il vicino di carrello.

 

3) Se entrate in un bar per un caffè:ricordatevi di salutare il barista, gustarvi il caffè e risalutare barista e cassiera al momento dell’uscita(questa regola vale per tutti i negozi, in ufficio e anche in

ascensore)

 

4) Scrivere sms senza simboli o abbreviazioni, magari iniziando con caro o cara…

 

5) Quando è possibile, evitiamo di fare due cose contemporaneamente come telefonare e scrivere al computer…se no si rischia di diventare scortesi, imprecisi e approssimativi.

 

6) Evitiamo di iscrivere noi o i nostri figli ad una scuola o una palestra dall’altra parte della città

 

7) Non riempire l’agenda della nostra giornata di appuntamenti, anche se piacevoli, impariamo a dire qualche no e ad avere dei momenti di vuoto.

 

8 ) Non correte per forza a fare la spesa, senz’altro la vostra dispensa vi consentirà di cucinare una buona cenetta dal primo al dolce.

 

9) Anche se potrebbe costare un po’ di più, ogni tanto concediamoci una visitina al negozio sottocasa, risparmieremo in tempo e saremo meno stressati.

 

10) Facciamo una camminata, soli o in compagnia, invece di incolonnarci in auto per raggiungere la solita trattoria fuori porta.

 

11) La sera leggete i giornali e non continuate a fare zapping davanti alla tv.

 

12) Evitate qualche viaggio nei week-end o durante i lunghi ponti, ma gustatevi la vostra città, qualunque essa sia.

 

13) Se avete 15 giorni di ferie, dedicatene 10 alle vacanze e utilizzate i rimanenti come decompressione pre o post vacanza.

 

14)Smettiamo di continuare a ripetere:”non ho tempo”. Il continuare a farlo non ci farà certo sembrare più importanti.

 

L’ultima trovata che ha acceso i riflettori sulla famosa Isola di Capri è quella di pannelli pubblicitari galleggianti davanti alla Grotta Azzurra. Antro naturale antico, conosciuto fin da Tiberio che pose all’interno sculture ritraenti dei, è famosa per la sua colorazione azzurra dovuta ad un gioco di rifrazione della luce solare.
Ma, come tanti luoghi in Campania, ad un certo punto della sua storia recente, dopo secoli di tranquillità e giusto equilibrio uomo-natura, rischia di essere peggiorato dalla “mano” o meglio dalla “mente” umana.

Un progetto, per giunta già presentato due anni fa a cui Legambiente si oppose con successo, è stato riproposto in questi giorni per stendere una barriera galleggiante davanti all’ingresso della Grotta Azzurra, nello specchio d’acqua adiacente, comprensivo di cartelli pubblicitari. E’ tempo di crisi dicono dal Municipio del Comune di Capri, quindi bisogna far cassa, poi con i tagli governativi. E poi la barriera aiuterà i barcaioli ad avere un effetto “lago” davanti la Grotta.
Pace per il paesaggio, per la poesia dei luoghi oltre allo scientifico genius loci che ha permesso attraverso i secoli, il mito dei nostri luoghi più visitati, il vero patrimonio da mettere a sistema, non svilirlo per pochi spicci di pubblicità.
Da circa un secolo i barcaioli capresi con piccole lance in legno entrano nello stretto ingresso della Grotta Azzurra portando centinaia di migliaia di turisti per la visita di questa meraviglia, e da tempo vige la regola di assoluto divieto d’ingresso a nuoto e a motore nello specchio d’acqua adiacente, così da agevolare il lavoro dei marinai e per poter agevolmente visitare l’antro.

Qualche caso d’insubordinazione in verità ci fu, come quando Jacqueline Kennedy Onassis volle tuffarsi verso il tramonto nell’azzurro, mentre l’oste del barretto a terraferma l’aspettava con una grappa di limoni per riscaldarla, insofferente per le regole, ma tutto ciò di sicuro contribuì alla costruzione del mito di Capri. Oserei del nostro Golfo di Napoli, denso di storie recenti e antiche, dove l’attrazione non è data solo dalla natura, dal territorio, ma soprattutto da quell’equilibrio che l’uomo ha saputo trovare con questo territorio, con la costa ed il mare. L’uomo ha modificato le proprie attività modellandole al territorio, trovando un’armonia particolare che è la base della bellezza. Questo è un segno universale, riconosciuto da tutta l’umanità, ecco il turismo! Questo connubio uomo-natura è in pericolo? Si riuscirà a salvaguardare il delicato equilibrio con la sempre più presente dottrina della quantità, del consumo a tutti i costi e che tutto abbia un prezzo, che tutto abbia un valore economico-consumistico?

Il griffare la Grotta Azzurra è indubbiamente darle un prezzo, come con un tabellone pubblicitario in una delle nostre rinomate piazze in centro città: ma allora qual è la differenza? Quale è il confine tra accettabile e non accettabile esteticamente? Si tratta di un processo di banalizzazione dei luoghi, di non comprendere che un sito naturalistico di interesse comunitario (europeo), zona di protezione speciale e sito di alta valenza culturale italiana non può essere banalizzato con una pubblicità, che il nostro territorio ed il paesaggio non può essere inquinato per portare a casa una manciata di spiccioli. Ve lo immaginate il colosseo di Roma con un enorme cartellone pubblicitario per sempre? Perché non sopra i celebri “faraglioni di Capri”?
Noi pensiamo che ci siano altri modi per fare cassa, ci sono valori e patrimoni inviolabili che sono bisogni per questa e per le prossime generazioni. Perché anche il paesaggio e la bellezza dei luoghi sono bisogni umani.    

Il Prof. Nabil Pulita è Portavoce di Legambiente Circolo Isola di Capri.
Michele Buonomo è il Presidente di Legambiente Campania

Nelle prossime settimane il numero dei siti britannici appartenenti alla World Heritage List dell’UNESCO potrebbe subire una preoccupante riduzione a causa del probabile declassamento della Torre di Londra dallo status di patrimonio mondiale dell’umanità, titolo che detiene dal 1988. Le ragioni della  retrocessione vanno ricercate nel dannoso impatto che le nuove costruzioni architettoniche, dallo Shard di Renzo Piano al Doon Street Tower, producono sull’integrità visiva di quartieri storici come London Bridge e Lambeth. L’ambizioso progetto del “maestro della leggerezza” sembra in questa occasione non trovare possibilità di dialogo con la realtà storica del luogo e finisce per comprometterne il valore universale. Lo Shard rappresenta l’ultimo esito della ricerca tecnologica ed architettonica di Renzo Piano, per il quale progettare è ancora una della più grandi avventure possibili, sospesa tra coraggio della modernità e prudenza della tradizione. Tuttavia la mirabile struttura cristallina di vetro e acciaio, con i suoi 66 piani e 310 metri di altezza, non convince i funzionari dell’UNESCO che ne dichiarano l’influenza negativa sullo skyline londinese. La sua costruzione terminerà nel 2012, anno in cui lo stesso complesso di Westminster Palace potrebbe trovarsi nell’orbita del declassamento a causa del grattacielo di 43 piani previsto nell’area sud-ovest della città. In attesa del verdetto finale degli ispettori UNESCO rispetto allo status della Torre di Londra, è interessante analizzare le circostanze che in passato hanno determinato il declassamento definitivo della città di Dresda e della riserva dell’orice d’Arabia nel deserto dell’Oman.

Il caso di Dresda, la “Firenze dell’Elba”  rappresenta un precedente storico per gli eventi che oggi pongono Londra al centro del dibattito culturale poiché la ragione chiave della retrocessione fu un intervento architettonico che stravolse l’identità del luogo. Infatti tra il 2004 e il 2006 Dresda e valle dell’Elba furono inserite nella World Heritage List come parti integranti della stessa area geografica, urbana e rurale. Tuttavia nel 2009, il comitato dell’ONU fu costretto a cancellarle a causa della costruzione di un moderno ponte di quattro corsie che attraversava il fiume a pochi chilometri dal centro storico, trasformandone inevitabilmente l’originalità. Circostanze differenti spiegano il declassamento della riserva naturale e faunistica d’orice d’Arabia che, per scelta del governo Oman, subì la progressiva riduzione degli spazi e delle specie. Dal 1982 al 2007 gli esemplari diminuirono del 90%, parallela fu la revoca del loro status privilegiato. Attualmente sulla stessa linea si colloca la proposta dello IUCN d’inserire la biosfera Rio Platano in Honduras e la foresta tropicale di Sumatra in Indonesia nella World Heritage List in Danger. Alla lista, che oggi comprende 35 iscritti, potrebbero aggiungersi ben presto nuovi candidati come Mont Saint Michel in Francia, che rischia di essere deturpata dall’istallazione di vasti impianti eolici; ed i siti archeologici di Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli, minacciati dalla proposta di apertura di una vicina discarica. In attesa di nuovi sviluppi, è essenziale sottolineare che ogni tipo di relazione che coinvolge individuo ed ambiente non debba prescindere della salvaguardia del patrimonio preesistente.