cassandra_mibacIn un comunicato stampa ufficiale del 9 marzo “il Ministero per i Beni e le Attività Culturali rende noto che sta procedendo a una politica di riprogrammazione di risorse assegnate alle Direzioni Regionali e alle Soprintendenze negli anni precedenti e non ancora utilizzate”. “No tagli, ma rimodulazioni”, sottolinea Bondi.

Si legge solo tra le righe. Ma un fatto che mi ha colpito alla seconda lettura di questa notizia è il controllo che il Ministero svolgerà sulla capacità di spesa delle Direzioni Regionali e delle Soprintendenze. Cioè, l’allocazione delle risorse sembra sarà proporzionata alla capacità che negli ultimi anni ha mostrato ciascuna di queste amministrazioni, nel saper trasformare gli importi stanziati in sede di programma, in impegni di spesa e – poi – in spese effettivamente sostenute. Più risorse, a chi ha speso tutto quello che doveva. Per cosa, con quali effetti? Non sembra rilevante.

La capacità di spesa è un indicatore certamente utile a restituire una rappresentazione dell’efficienza amministrativa degli organi territoriali del Mibac (e, dunque, evviva le Direzioni che spendono velocemente!), ma si tratta forse di un dato che non basta a valutare l’efficacia dell’azione di direzioni  e soprintendenze e, dunque, di un’informazione parziale nel processo decisionale che porterà alla riallocazione finanziaria.  Esiste, è vero, la necessità di trovare metri di valutazione sintetici ed economici, e quindi andrebbe ben valutata l’opportunità di fare ricorso a sistemi di policy assessment particolarmente complessi; ma mi chiedo: quando riusciremo a porre le basi per una programmazione degli interventi pubblici, nel settore culturale, basata su un tentativo (almeno) di ponderare ex ante gli effetti di valore culturale  che tali intervento sapranno generare, se il focus continua ad essere sull’efficienza  attuativa e la velocità di spesa?

Marcello Minuti è economista della cultura