arena-verona_aidaAgli occhi di un profano del settore come me, la proposta del Ministro Bondi di eleggere a teatri nazionali la Scala di Milano e Il Santa Cecilia di Roma, e la risposta del Sovrintendente di Verona (di far divenire l’Arena, invece, teatro internazionale), suscitano alcune perplessità per due ordini di motivi. Il primo, terminologico e di sostanza: bisogna capire quali siano i requisiti essenziali per essere definito “teatro nazionale o internazionale” e, quindi, di quali benefici (si pensa subito a questi e mai ai doveri!) potrebbe giovarsi. Il secondo è l’insensatezza di una classificazione che mi suona ancora una volta come l’ulteriore attribuzione di un’etichetta apposta su di una istituzione, senza voler affrontare i problemi sostanziali che affliggono queste istituzioni. Da più di dieci anni, ormai, gli enti lirici nazionali sono diventate Fondazioni di diritto privato, ma non sembra che il radicale cambio statutario abbia portato ad una effettiva modificazione delle regole (interne e di sistema), finalizzate ad una più efficace allocazione delle risorse pubbliche che le sostengono e ad una maggiore partecipazione popolare alle loro attività. Cosa vuol dire, allora, essere “teatro nazionale e/o internazionale” se non si stabiliscono chiari e univoci criteri di valutazione di queste istituzioni e, una volta stabiliti, non vengono utilizzati per misurare la rispondenza dei risultati rispetto ai programmi stabiliti? Perché stiamo ancora a immaginarci gerarchie da piccola provincia dell’Impero se non siamo capaci di ampliare la diffusione di pratiche culturali verso un pubblico più vasto di nostri concittadini? Ancora una volta mi sembra che il vertice politico del nostro Paese si trastulli con falsi problemi e perde di vista l’essenziale bisogno di costruire un sistema culturale radicato e diffuso, mentre i responsabili delle strutture culturali, chiusi ciascuno nel proprio orticello, non riescono a proporre “dal basso” proposte condivise che vadano a colmare il vuoto istituzionale di cui si è detto.

Emilio Cabasino è ricercatore presso l’Ufficio Studi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali 

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