twitterNella premessa al libro di Rizzolatti sui “neuroni specchio” c’è una frase di Peter Brook che considero emblematica per una riflessione più attenta sull’attività di microblogging in relazione alla percezione condivisa di eventi pubblici: “con la scoperta dei neuroni specchio le neuroscienze avevano cominciato a capire quello che il teatro sapeva da sempre”.
Di che si tratta? Cosa sa il teatro? E perché è funzionale a comprendere la scoperta dei neuroni specchio? E perché mai tutto questo è funzionale ad evolvere l’approccio con le scritture connettive e immediate nel web?
Non vorrei partire da troppo lontano ma per essere chiari bisogna riconoscere che l’invenzione del teatro, nell’ambito della polis greca, 2.500 anni fa, ha rappresentato la tecnologia più funzionale alla diffusione dell’alfabeto che proprio grazie all’azione del corpo e la mimesi dei sentimenti ha creato le condizioni perché qualcosa potesse essere condiviso e compreso da migliaia di persone in una volta sola.
Il successo di quel modello (troviamo migliaia di teatri e anfiteatri sparsi per tutto il bacino del mediterraneo) ha permesso che si diffondesse una “mente pubblica” capace di arricchirsi, mixando informazioni ed emozioni. Attraverso il movimento di un corpo osservato, la nostra mente attiva un principio filogenetico di riconoscimento e di sollecitazione, il motore originario dell’apprendimento, per cui arriviamo ad imitare e a ricombinare informazioni per deduzione. E’ così che è stato decodificato l’alfabeto. Tutto ciò è valso per secoli, grazie ad un teatro che ha diffuso storie, intrecci, modelli di comportamento, elaborazioni psicologiche complesse, rivolto a innumerevoli platee che non avrebbero mai potuto leggere un testo.
Ma il dato più importante sta nel fatto che ciascuno produce il proprio teatro nella propria mente. Ogni spettatore rielabora l’esperienza della visione attraverso ciò che sa, ciò che cerca, filtra attraverso la propria autobiografia, il suo stato d’animo. E per acquisire informazione-emozione deve uscire fuori di sé per andare incontro all’altro. Questo è ciò che definiamo empatia.
Creare le condizioni perché questi sguardi teatrali possano emergere è ciò che il web permette.
Su questa intuizione già nel 1997 è nato un diario on line per la Biennale dei Giovani Artisti a Torino e nel 1999, nell’ambito della Biennale Teatro di Venezia, un diario scritto dai giovani spettatori delle scuole veneziane (www.teatron.org/diario ) quando la parola blog non esisteva ancora. Ora con twitter il gioco è ancora più semplice e immediato, ludico e partecipativo, secondo quella pratica di microblogging che può riportare nel web un’eco connettiva degli eventi.
Qualcosa è già accaduto in occasione del Napoli Teatro Festival (su twitter la tag è TEATRONA) e durante alcuni altri eventi dell’estate (come Drodesera e AgriCulture in Trentino) sarà possibile seguire il microblogging taggato con #TEATRON.

Tutto sarà comunque riportato sul blog www.performingmedia.org

Carlo Infante è libero docente di “Performing Media” nelle Università di Udine, Bologna, Lecce.