musei_per_tutti_RomaUna questione di buon senso, come Daniele Jallà la definisce, può anche sembrare una rivoluzione in un Paese attaccato come non mai alle etichette, ai territori e ai cavilli. Il Presidente di ICOM Italia traduce in una proposta quella logica elementare che potrebbe dare una sferzata vitale alla stasi burocratizzata della cultura italiana: perché non gestire in modo unitario e coerente il patrimonio culturale romano? Una città e una provincia che ospitano sul proprio territorio centottanta musei e un parco archeologico senza pari nel mondo sono costrette a soffrire la miopia quotidiana generata da una rigida compartimentazione gestionale e dalla conseguente impossibilità di agire progettualmente in un orizzonte di lungo periodo. E tutto questo in una fase storica in cui il campo culturale si intreccia sempre più strettamente a una molteplicità di industrie e settori, dal digitale al turismo, dai servizi sociali al disegno del tessuto urbano. Un’authority servirebbe, intanto, a far dialogare il patrimonio culturale di Roma e della sua provincia con il territorio, con la comunità (tanto residente quanto in visita), con l’economia; potrebbe ottimizzare una serie di processi decisionali, gestionali e operativi; attiverebbe dei canali efficaci e omogenei di attrazione e formazione della domanda; sorveglierebbe i rapporti attualmente scomposti tra formazione e accesso al mercato del lavoro. Ottima idea dunque, questa avanzata da Jallà e da ICOM Italia, purché – se qualcuno avesse davvero voglia di darvi corso – si evitassero le solite trappole italiane: il manuale Cencelli, il dualismo tra architetti e storici dell’arte, l’intrusione di imprese, organizzazioni sindacali, gruppi di pressione. Solo tecnici cosmopoliti e possibilmente fantasiosi, con un unico esame di ammissione: la prova di logica elementare.

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter.it