outletI centri commerciali stanno diventando i nuovi quartieri  del territorio.
La concentrazione di spazi e di prodotti; la cura dell’estetica: modelli stereotipati  che puntano su un’accoglienza di “ori superficiali” che omologa i soggetti  e  le scelte di consumo. Eppure questi centri sono frequentatissimi, tanto da aver creato problemi al piccolo commercio e destrutturato il rapporto tra infrastrutture urbane e servizi.
Sono puliti; c’è grande “rappresentazione” di merci; riparano dal freddo e dal caldo; offrono parcheggi quand’anche non siano addirittura accessibili con i mezzi pubblici; i prezzi di alcuni prodotti sono più convenienti. E oggi continua l’escalation: farmacie, prodotti finanziari, servizi vari che ne esaltano il carattere di brani di città.
Il tentativo dei centri commerciali naturali impiantati nei (piccoli) centri storici non ha dato spesso esiti migliori, soprattutto quando diventano dequalificate concentrazioni di botteghe che vendono paccottiglie di ogni genere surrettiziamente etichettate con  marchi territoriali.
Forse non siamo stati in grado (urbanisti e amministrazioni) di rispondere alla domanda di città; di rivisitare, nello specifico, il concetto di spazio pubblico (che nell’immaginario collettivo è quasi fermo alla piazza medioevale). Nei format dei  centri commerciali si manifesta la “povertà” della nostra società, l’asservimento a un “potere” urbano forte che si traduce nella mancanza di invenzione, incapacità di “manipolare” gli spazi, comporre valori e  reinventare funzioni: in tal senso, si potrebbe rivisitare l’offerta, magari anche attraverso la proposizione di architetture che, superando il “finto” – realizzazioni interessanti si propongono in varie città –   indichino una strada verso un diversa concezione del “bello”.

Manuela Ricci è Direttore  FOCUS, Centro di ricerca Sapienza, Università di Roma, sulla valorizzazione dei centri storici minori