Il Ministro della Cultura britannico Ed Vaizey ha recentemente proclamato Londonderry Città della Cultura del Regno Unito per il 2013. Nella short-list delle finaliste comparivano altre titolate città: Birmingham, Norwich, Sheffield, tutte selezionate per aver presentato progetti che, attraverso un ambizioso programma culturale, hanno il pregio di intervenire sull’intero processo di rigenerazione urbana, con importanti effetti economici e sociali.
Il programma ‘Città della Cultura’ è stato promosso dal Governo inglese (www.dcms.gov.uk) alla luce dei cospicui risultati prodotti dall’esperienza di Liverpool 2008 Capitale Europea della Cultura che, per la prima volta, ha previsto un importante apparato di monitoraggio e valutazione, messo a punto da un gruppo di lavoro dell’Università di Liverpool, guidato da Beatriz Garcia. La ricercatrice inglese, peraltro, aveva già fatto esperienza di impact assessment in occasione di Glasgow che, nel 1990, si era fregiata del titolo rilasciato dal programma ECoC dell’Unione Europea. I risultati dell’indagine, ancora in fase di analisi in considerazione degli impatti di medio termine prodotti dall’evento del 2008, sono consultabili sul sito www.impacts08.net. Si tratta di risultati di grande importanza che riguardano il sistema culturale, la riqualificazione urbanistica (infrastrutture, riconversione di aree dismesse, mobilità, ecc.), l’impatto economico ma anche gli effetti sociali, in termini di identità, immagine della città, partecipazione dei cittadini, ecc.
In effetti, il programma delle Capitali Europee della Cultura si è affermato nel tempo come uno dei ‘laboratori’ di sviluppo trainati dalle attività culturali tra i più interessanti a livello continentale e grande attesa sta suscitando, non soltanto tra gli addetti ai lavori, quanto sta accadendo nelle tre ‘Capitali’ del 2010: Istanbul, Pècs (Ungheria) e, soprattutto, Ruhr. Proprio il più famoso e ‘grigio’ bacino industriale nel cuore dell’Europa ha oggi completamente cambiato pelle, grazie ad un gigantesco progetto di riqualificazione ambientale, culturale, produttivo guadagnandosi il titolo di Capitale Europea della Cultura per il  2010. Investita da una profonda crisi economica, l’area mineraria della Ruhr ha individuato nelle produzioni culturali e nelle industrie creative un nuovo sentiero di crescita. Si tratta di un’ampia area che ricomprende oltre 50 centri urbani e imponenti complessi di archeologia industriale (l’antico stabilimento carbominerario di Zollverein, ad Essen, è stato recentemente inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco) ed è ora al centro di importanti progetti strategici di riconversione industriale, di riqualificazione urbanistica, di riorganizzazione dei servizi di offerta culturale, di stimolo alla creatività e all’industria creativa.
Questi temi, peraltro, sono già stati al centro delle riflessioni dei colloqui internazionali nell’ambito di Ravello LAB dello scorso anno, nel corso del quale sono state presentate molte esperienze di Capitali Europee della Cultura (Glasgow, Liverpool, Guimaraes, Ruhr), anche in vista della candidatura italiana prevista per il 2019.
Proprio in riferimento ai casi presentati e alla approfondita discussione che ne è seguita, tali esperienze sono parse di particolare interesse e, nelle ‘Raccomandazioni’ conclusive che Ravello LAB rilascia con l’intenzione che possano essere utili spunti per l’adozione di politiche ai diversi livelli istituzionali, è stato auspicato che il modello progettuale delle Capitali Europee della Cultura possa divenire la modalità ordinaria di intervento  nella pianificazione strategica dello sviluppo.
Anche alla luce della recentissima decisione del Governo britannico, la prossima edizione di Ravello LAB, in programma dal 21 al 23 ottobre, approfondirà ulteriormente i molteplici aspetti di policy e di progettualità legati all’esperienza del programma europeo delle Capitali Europee della Cultura.
La decisione del Governo britannico, infatti, conforta quanti ritengono utile adottare politiche attive che, proprio attraverso l’estensione alla scala nazionale del modello ECoC produrrebbe significativi risultati anche nelle Città italiane. L’esperienza maturata dalle 25 annualità del Programma Capitale Europea della Cultura dimostra come: l’approccio alla pianificazione strategica, alla progettazione integrata interistituzionale, al partenariato pubblico-privato e al coinvolgimento della società civile, richiesto dal modello delle capitali europee, sia in grado di innescare un percorso virtuoso di sviluppo a base culturale, sostenibile e di lungo periodo. In effetti, tale modello è in grado di promuovere un laboratorio di sviluppo che, a prescindere dalla città che di anno in anno si verrebbe a fregiare del titolo ‘Città italiana della cultura’ introdurrebbe progressivamente una virtuosa ‘cultura del progetto’ che, superando il ‘settorialismo’ dell’assessorato competente, rinnoverebbe radicalmente il volto delle città.

Claudio Bocci è Direttore Sviluppo e Relazioni Istituzionali Federculture e Consigliere delegato Comitato Ravello Lab