Quando un anno fa il ministro per i beni culturali, Sandro Bondi, nominò Mario Resca a capo della Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale la notizia rimbalzò su tutti i giornali sia per la novità dell’incarico sia per la figura scelta come leader. Piovvero polemiche e gli operatori del settore culturale assunsero posizioni contrastanti, dando vita a due schieramenti opposti: da un lato i sostenitori, fermamente convinti che un manager del calibro di Mario Resca fosse l’uomo giusto per cercare di risolvere le annose questioni che vessavano il nostro patrimonio culturale; dall’altro gli oppositori, che vedevano nell’ex amministratore delegato di McDonald’s Italia la persona meno indicata per trasformare la cultura in un asset portante dell’economia italiana.
Il 29 luglio il MiBAC ha reso noti i risultati dei primi 365 giorni di attività della Direzione Generale. I dati sembrano restituire un bilancio positivo delle azioni svolte, con un aumento dei visitatori del 12,2% ed una crescita del 6,4% degli introiti lordi derivanti dalla vendita di biglietti rispetto all’anno precedente.
Pur accogliendo con piacere il crescente interesse che gli italiani hanno manifestato nei confronti della cultura in questo primo semestre del 2010, permangono alcuni dubbi che mi inducono a non credere che sia tutto oro quello che luccica. Ci sono molte informazioni che i numeri diffusi dal MiBAC omettono di dare come ad esempio quali siano le strutture che hanno fatto registrare un effettivo incremento del numero di visitatori e quali quelle che, invece, continuano a dover fare i conti con una situazione di stallo se non addirittura peggiore. Perché non sarebbe corretto asserire che l’intero sistema mostra segnali di miglioramento se a stare bene fosse soltanto un’esigua minoranza. Credo che al fine di valutare in maniera critica, ossia approfondita e motivata, l’operato e l’efficacia della Direzione Generale per la Valorizzazione sarebbe stato più utile fornire un quadro completo e realistico delle cose fatte e di quelle ancora da fare – magari redatto da un osservatore esterno -, senza voler per forza assicurare che va tutto bene e che entro i prossimi tre anni i problemi che assillano i nostri beni culturali saranno solo un lontano ricordo.

Vittoria Azzarita è caporedattrice di Tafter Journal