La legislazione italiana sulle erogazioni liberali, a nove anni dalla sua approvazione, continua a dare risultati esigui. I 29.439.452,90 euro erogati dalle imprese italiane al settore sono circa l’1,7% dell’ammontare complessivo della spesa pubblica statale all’intero comparto. Nel 2009 la spesa pubblica del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ammontava a 1.718.595.044,00 (Fonte: Bilancio dello Stato). Non stupisce poi che proprio nelle regioni più ricche del Paese ed alle istituzioni più importanti vadano i più cospicui contributi. Ciò conferma che se da un lato l’investimento in cultura è considerato eticamente rilevante da parte delle imprese, dall’altro queste destinano, o sono costrette a destinare in un periodo di forte crisi finanziaria, poche risorse al settore, privilegiando nello stesso tempo le istituzioni che danno più lustro (almeno apparentemente) alla propria immagine ed al proprio comportamento etico.
Tuttavia bisogna fare qualche breve considerazione sulla normativa che disciplina la materia nel nostro paese: il complesso meccanismo che regola il sistema delle erogazioni liberali da parte delle imprese  è fin troppo prudente. Evidentemente l’accento sulla potenziale diminuzione delle risorse che affluiscono alle casse dello Stato è stata la preoccupazione più impellente del nostro legislatore pur non essendo effettivamente fondato tale timore. Come infatti emerge dai dati appena esposti la cifra complessiva che affluisce al comparto non sembra essere di entità “preoccupante” per l’erario. Ne è ulteriore testimonianza il fatto che l’importo complessivo delle erogazioni liberali per l’anno 2009 sia poco meno del 60% del tetto massimo stabilito dal decreto attuativo, rivelando così una discrepanza tra i “desiderata” del settore pubblico e l’effettiva volontà delle imprese di investire nel settore.
Di qui una breve considerazione generale sull’impostazione del nostro sistema di incentivazioni:  in tutti i paesi nei quali il settore privato investe in cultura le dimensioni del fenomeno sono estremamente contenute, non fanno eccezione neanche gli Stati Uniti, il sistema delle imprese è infatti orientato al profitto e non al mecenatismo. I mecenati sono solitamente individui, che nel nostro sistema di incentivazione possono detrarre solo il 19% di quanto donato, mentre in altri paesi le persone fisiche sono molto più agevolate. Infine i proventi del sistema di incentivi ed agevolazioni dovrebbero essere considerati una fonte di finanziamento aggiuntiva al comparto. In molti studi si verifica infatti che al decrescere del finanziamento pubblico decrescono anche le risorse private.
In definitiva, “si può portare il cavallo alla fonte, ma non si può imporgli di bere”.

Giulio Stumpo è economista