Da qualche giorno la rete propone un video nel quale un agricoltore inglese spiega al giovane figlio l’importanza di sostenere il finanziamento delle arti in Inghilterra.
La crisi economica che sta mettendo a dura prova i fragili bilanci dei paesi europei impone agli Stati membri una razionalizzazione delle spese pubbliche ed un loro impiego maggiormente “efficiente”. In questo scenario la cultura, chissà perché, è la prima voce di spesa che viene presa in esame. In effetti il settore culturale assorbe pochissime risorse pubbliche, soprattutto se confrontate con altre e più cospicue voci di spesa. Un Teatro non costa più della manutenzione ordinaria di uno svincolo autostradale. Un recente articolo del Guardian, sempre per rimanere in Inghilterra, paragonava i tagli della spesa per la cultura al taglio di mezzo litro di latte nel nostro carrello della spesa. E’ ovvio quindi che non risolviamo il problema del bilancio pubblico tagliando una spesa così esigua.
C’è però da chiedersi se i nostri agricoltori farebbero quel tipo di discorso ai loro figli! In altri termini le istituzioni culturali nostrane hanno una reputazione adeguata presso i cittadini tale da meritarsi il loro sostegno?
Il tema così posto mette in evidenzia ulteriori articolazioni: la trasparenza delle imprese culturali, il loro ruolo nel contesto socio-economico, la valutazione obiettiva del loro impatto sul territorio, la capacità di valutazione delle politiche culturali e la loro efficacia; tutti temi sui quali ancora poco ci si interroga.
I nostri agricoltori pensano forse troppo alle “quote latte” (che assorbono più risorse della cultura) e troppo poco al sostegno alle Arti di cui, tanto più oggi, abbiamo bisogno.
Giulio Stumpo è economista della cultura