La valutazione del Capitale Umano come “fattore determinante per lo sviluppo sostenibile e per la riduzione della povertà e della disuguaglianza” è stata una della tematiche proposte durante un seminario, tenutosi a Roma lo scorso 17 novembre, organizzato dal gruppo di lavoro del Progetto Istat-Isfol sugli Indicatori di capitale umano.
La tematica trattata ha così offerto un’occasione importante per fare il punto sulle metodologie di definizione e misurazione dell’Human Capital, applicate nel contesto nazionale e internazionale.
Per chi desideri muovere i primi passi sull’argomento può essere molto utile leggere il materiale proposto da questo ente (http://www.istat.it/istat/eventi/2010/human-capital/), al quale va riconosciuto non solo il merito di aver organizzato e ospitato l’incontro, ma anche di promuovere, insieme all’Isfol, un progetto finalizzato alla costruzione di un “conto satellite” della contabilità nazionale espressamente dedicato alla misurazione del Capitale Umano. Con questi termini si definisce, infatti, primariamente lo stock di capitale prodotto dall’istruzione degli individui e, se possibile, dall’apprendimento nel suo complesso (e del riflesso che ha sui fattori produttivi). L’interesse che tale tema può avere per chi si occupa di economia, politiche e management culturali non è affatto secondario. Se la cultura, come penso, va intesa soprattutto come ambito privilegiato di apprendimento permanente, non rimane che auspicare un proficuo dialogo tra gli esperti di queste discipline, finalizzato ad accrescere e a comunicare la consapevolezza del valore economico e sociale di attività assai poco valorizzate, nei fatti, dai nostri politici e dai nostri amministratori.

Emilio Cabasino è docente di economia della cultura all’Università della Tuscia