E’ una bella notizia sapere che anche Catanzaro abbia scelto di candidarsi come città italiana eleggibile a Capitale Europea della Cultura 2019. Questo “status” istituito ormai dodici anni fa dall’amministrazione europea, è stato opportunità di sviluppo per città meno note dei paesi dell’Unione. Essi hanno saputo dimostrare di non essere da meno delle loro capitali nazionali, almeno in termini di capacità di rinnovamento, identità e ricchezza culturale.
In questi anni tante città europee hanno colto l’occasione del titolo annuale, per ripensarsi, per rinnovarsi, creando occupazione, offrendo opportunità ai propri cittadini, riposizionandosi diventando destinazione turistica culturale d’eccellenza. Le amministrazioni comunali italiane sembrano aver colto l’occasione e sono numerose quelle che stanno esprimendo ufficialmente il loro interesse per la candidatura del 2019. Credo che il fatto che siano già più d’una non sia stavolta miope campanilismo, quanto sana competizione. Chi avrà il progetto migliore, non tanto dal punto di vista della spettacolarità, quanto della capacità di mostrare al mondo il proprio progetto di città e comunità, le essenze e le ricchezze del territorio, sarà il rappresentante italiano. I migliori casi di Capitale Europea della Cultura non sono stati quelli che hanno saputo costruire il calendario più denso di eventi, bensì coloro che hanno mostrato la capacità di coinvolgimento della società civile, di tutto il tessuto urbano e ne hanno fatto un momento di consolidamento e arricchimento collettivo, locale prima di tutto. I migliori casi sono le città che dal quel giorno sono cambiate, in meglio, per se stesse. 

Fabio Severino è vicepresidente dell’Associazione per l’Economia della Cultura