E’ di oggi la preoccupante notizia di un ulteriore taglio di 27 milioni di euro al FUS, già in precedenza notevolmente ridotto, cui hanno fatto seguito varie reazioni, per lo più di sdegno e diniego. C’è’ chi come Bruno Cagli, ha annunciato persino di abbandonare l’incarico da sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, mentre Paolo Protti, presidente dell’Agis, urla allo scandalo in una lettera indirizzata al Ministro Bondi.
Tramite il sottosegretario Giro, il Ministro, anche lui dimissionario, esprime la sua estraneità e contrarietà alla decisione presa dal Ministero dell’Economia, denunciando come tale politica imponga l’ennesimo grave colpo alle risorse destinate alla cultura.
La considerazione che tuttavia sento di dover fare è purtroppo ancor più amara: il paese sapeva già da tempo delle difficoltà in cui versava il nostro sistema culturale, senza che tuttavia sia mai stato attuato alcun intervento risolutivo.
Ritengo sia necessario, sulla base degli attuali assetti italiani, una riconsiderazione sostanziale del principio di sussidiarietà orizzontale e verticale, un incremento della funzionalità tra strumenti economici e giuridici a disposizione dei soggetti operanti, nonchè un reale tentativo di attuare una governance non solo assistenzialistica, bensì di ottimizzazione della produttività, con un conseguimento del massimo impatto socio-economico.
E’ altresì opportuno verificare il reale sostegno offerto dalle istituzioni pubbliche alla cultura intesa non in senso generico, ma nell’accezione ben più concreta di prodotto culturale, quale punto di incontro tra domanda reale e potenziale. L’Italia infatti si è a lungo preoccupata dell’offerta in ambito culturale, tralasciando la domanda, che necessita invece di stimoli nuovi e creativi. Solo con un’attenta analisi e interpretazione di quest’ultima si otterà invece un miglioramento dell’offerta, e il loro successivo incontro consentirà al sistema di uscire da questa dipendenza ‘ossessiva’ dai finanziamenti pubblici.