Qualche Ministro della Repubblica sostiene che “con la cultura non si mangia”; è tempo di bilanci e quello dell’Auditorium Parco della Musica di Roma offre lo spunto per riflettere sul ruolo della cultura nel nostro paese e sul suo impatto economico.
I dati di esercizio pubblicati ieri  evidenziano che il management della fondazione ha raggiunto, in un anno di profonda crisi economica e finanziaria, obiettivi di contenimento dei costi e di aumento ricavi compatibili con una gestione di lungo periodo. Nonostante il calo dei fondi pubblici e privati, di cui si lamentano la maggior parte delle istituzioni culturali, la Fondazione è riuscita a produrre più spettacoli dell’anno precedente e ha interessato un numero maggiore di spettatori. Due obiettivi questi che difficilmente sono conciliabili con l’equilibrio di bilancio. Questi risultati sono stati raggiunti anche grazie ad una forte diversificazione dell’offerta (lirica, cinema, musica di tutti i generi, teatro, danza, ecc.) ed evidentemente a efficaci politiche di comunicazione.
Ne conseguono due ordini di considerazioni: la prima riguarda la necessità di sfatare il mito del no profit come sistema produttivo nel quale gli avanzi di bilancio sono da considerare fattori non del tutto positivi; la seconda sulla necessità di valutare le aziende culturali non soltanto in base ai risultati di bilancio ma anche in funzione dell’impatto complessivo che la loro attività produce sul territorio in termini di crescita economica, di qualità dell’offerta culturale, di crescita culturale e sociale. Quest’ultima appare la frontiera di ricerca più aperta e più intrigante.
Giulio Stumpo è economista della cultura