La cultura non ha solamente un valore sociale, ma può dare la possibilità, se inserita e gestita nel modo corretto, di creare opportunità di sviluppo e di auto-sostentamento anche in quelle situazioni in cui lo Stato stesso è in difficoltà.
Parliamo del DAP, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Gli istituti penitenziari sono ormai allo stremo ed è ridicolo far finta di non rendersene conto, isolandoli come fossero estranei alla società, perché tali non sono.
Molti degli istituti penitenziari italiani sono situati in fortezze o edifici storici e molti degli ambienti circostanti sono dismessi. Sarebbe un cambiamento radicale di mentalità se gli spazi attualmente abbandonati venissero ripristinati mediante attività che, da un lato, coinvolgano i detenuti anche su contenuti culturali ampiamente intesi e, dall’altro, avvicinino il penitenziario alla comunità residente, valorizzandone l’identità storico monumentale, e posizionando le strutture all’interno dei circuiti turistici locali, mediante esposizioni permanenti/temporanee aperte ad un pubblico pagante in spazi adiacenti, non direttamente accessibili agli impianti carcerari.
Il DAP potrebbe quindi stringere accordi con imprese e banche locali che, attraverso un piano di rientro, possano investire sui singoli progetti, affinché la realizzazione e la gestione di questi nuovi spazi sia in grado di generare risorse economiche tali da coprire i costi di gestione e, a lungo termine, produrre utili da riversare sul territorio.
Per le imprese si tratterebbe di un ritorno d’immagine garantito e di un investimento etico nel sociale e nella cultura, per i territori una concreta opportunità di sviluppo a partire dagli istituti penitenziari, oggi senza finanziamenti e mal gestiti.

Si legga, al proposito della cattiva gestione delle carceri e del loro sovraffollamento, l’interrogazione dei senatori Donatella Poretti e Marco Perduca al Ministro della Giustizia

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter.it