La storia si ripete, purtroppo. Il Direttore del MACRO si dimette perché capisce bene che l’arte contemporanea non può dipendere da una Sovrintendenza ai Beni Archeologici di Roma; linguaggi diversi, competenze diversissime, studi diversi, dinamiche professionali agli antipodi. Per fortuna il nuovo Direttore, Bartolomeo Pietromarchi, è un professionista serio e preparato con un network internazionale adeguato agli obiettivi ambiziosi di Roma Capitale della Cultura.
L’arte contemporanea oggi vale il 4% del PIL di ogni città d’arte intelligente che appartenga all’emisfero del mondo evoluto, un emisfero metaforico ormai, visto che in Indonesia le banche e le imprese investono il 20% del loro portafoglio annuale in progetti culturali. Ma per quelli che spendono le giornate in Parlamento, quello è ancora Terzo Mondo. L’Indonesia pensa la stessa cosa di noi; se si evolvono le cucine,  si evolvono pure gli strumenti della crescita economica, e l’arte, anche quest’anno, chiude a + 130% sull’anno precedente. Mentre Tremonti taglia sugli investimenti alla cultura… Cecità imbarazzante, non c’è altro termine per definire la mossa.
Nel frattempo la comunità dell’arte, sottoscritto compreso, si mobilita per la prima volta nella storia di questa eterna città in letargo, e propone la creazione di una Consulta per il Contemporaneo. Grande iniziativa, meritoria e difficile, alla quale però manca un piccolo tassello:nata Martedì 28 Giugno al MACRO, la consulta è infatti priva di rappresentatività legale, perché votata da circa 200 persone di cui gli interlocutori diretti (Comune, Provincia, Regione, Musei, Ministero Beni Culturali) non conoscono nome e cognome.
In pratica, il rischio è che le Istituzioni non possono darci risposte perché non siamo un organismo che possa dimostrare di rappresentare istanze reali, legittimate e votate secondo criteri giuridicamente corretti.
Per cui da un lato assistiamo ad un meraviglioso quanto (all’estero) normalissimo movimento di persone e professionisti animati dalla stessa preoccupazione per Roma e per i suoi abitanti, non solo artisti e affini se stiamo ai numeri di cui sopra; dall’altra lo strumento scelto per tenere insieme le anime dell’arte romana è da mettere a punto, e rischia di fare il gioco di alcune Istituzioni svogliate e distratte che non amano, nè ameranno mai, l’autodeterminazione a decidere del proprio destino nei casi in cui le Istituzioni stesse siano impreparate a farlo perché rimaste indietro sull’evoluzione naturale delle cose. Nel caso della cultura poi, che è strumento di evoluzione in sè, l’assenza istituzionale è ancora più grave.
Ecco perché non bisogna fare errori; il buon esempio vale più di mille parole. Fare soltanto  buona mostra di sè, invece, vale molto meno di una singola mostra…

Francesco Cascino è art Consultant e Presidente dell’associazione Arteprima