Da quando ha smesso di essere una bella giovenca inghirlandata l’Europa non è mai esistita. Rimane nella volta celeste come satellite di Giove. Per il resto, hanno provato in tanti a renderla vera o quanto meno credibile, dimenticando che l’unico suo punto di forza è essere fertile e bellissima e quindi terra da conquistare o dove andare a vivere; ne sapevano qualcosa Thor e Ram, uno nordico, cupo e vigoroso, l’altro asiatico, sensuale e contemplativo. In Europa erano venuti per diffondere la propria visione del mondo, siamo tutti figli loro e tra i flutti di questo dualismo andiamo alla deriva da un po’ di millenni. Certo, qualche mappa c’è, dalle conquiste dell’Impero Romano a Carlo Magno, Carlo V, papi e sedicenti imperatori, dittatori e regine. Ci hanno provato i politici dell’Unione Europea, con lo slogan delle radici ebraico-cristiane, ma se qualcuno gli avesse fatto notare che sono entrambe radici mediorientali forse avrebbero sterzato; e poi, quali cristiani? Calvinisti, luterani, anglicani o cattolici romani? Si guardano tutti in cagnesco, e pur non avendo mai incontrato il loro Datore di lavoro sono convinti di averne capito tutto e di poter castigare i dubbiosi, come ai tempi dell’Inquisizione e del braccio secolare. C’è la moneta, e finchè dura c’è Schengen. Ma senza un nerbo politico e magari anche strategico la moneta è solo un fronzolo. C’è una gran nostalgia del passato, così mentre in Italia si continua a esercitare una presunta e dannosa furbizia in Francia e in Germania si rimpiangono le glorie trascorse tentando di dominare il continente a colpi di bond, visto che la Grossa Berta è in pensione da un secolo. Se fosse davvero coraggiosa l’Europa (intesa come territorio) dovrebbe soltanto spalancare le braccia al resto del mondo, cominciando davvero a ibridare il suo stanco ceppo biologico, a gettare nel cestino i suoi dogmi dissennati, l’ansia di eccellere, l’illusione di essere superiore. La realtà è altrove, e noi stiamo diventando il museo di noi stessi. Tra dieci anni la moneta unica più forte del mondo l’avranno forgiata i paesi che crescono, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica; il dollaro sarà un ricordo, l’euro un rimpianto. Ma noi che in Europa siamo nati e cresciuti forse riusciremo a liberarci dalle nostre stupide zavorre, e torneremo a esplorare il mondo (incluso il nostro) con occhio acuto, con mente curiosa, con aria ironica. E capiremo che la nostra vera ricchezza è l’apertura culturale, la versatilità, la velocità. Senza euro si vive lo stesso; il valore di tutta la storia, e del nostro futuro, è fatto di idee, di relazioni, di orizzonti, e soprattutto di quel coraggio che oggi si aggira per altri continenti.

Michele Trimarchi è Professore di Analisi Economica del Diritto all’Università di Catanzaro