Il 17 Ottobre 2003 si riunisce a Parigi la trentaduesima sessione della conferenza generale delle nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura. In questa sessione i membri convengono che il patrimonio culturale immateriale è fattore indispensabile per la garanzia della diversità culturale e deliberano di adottare questi principi e renderli inattaccabili: salvaguardare il patrimonio culturale immateriale, assicurarne il rispetto salvaguardandone comunità, gruppi e individui interessati, suscitare la consapevolezza a livello locale, nazionale e internazionale della sua importanza assicurandosi che sia reciprocamente apprezzato. Per molti anni, in Italia, i luoghi di produzione culturale sono stati anche i centri sociali, luoghi in cui si poteva produrre cultura e proporre idee al di fuori del sistema delle politiche territoriali pre-esistenti. Molti giovani sono quindi cresciuti in questi spazi e tanti, nel tempo, sono diventati grandi scrittori, artisti, giornalisti, etc. Hanno impregnato la società civile di senso di trasformazione, hanno arricchito il contesto culturale e soprattutto ci hanno dotato di nuovi scenari su cui confrontarsi. Negli ultimi anni questi luoghi, senza ombra di dubbio, hanno aumentato le loro ombre e le loro incoerenze, sicuramente indebolendosi; permettendo, alle volte, di essere strumentalizzati per scopi diversi da quelli per cui sono nati e continuano a vivere. In riferimento agli ultimi avvenimenti accaduti a Roma e per cui sono stati di nuovo messi al centro dell’attenzione, sono convinto che alcuni giovani siano stati manovrati (interessante verificare da chi…), ma nessuno mi potrà mai far credere che, in un paese che ha il maggiore livello di intercettazioni a livello planetario e in cui i fenomeni dei centri sociali sono conosciuti per dinamiche e relazioni, quello che è successo abbia colto di sorpresa l’establishment politico. Continuerò a vedere in questi luoghi territori di produzione culturale e integrazione sociale necessari per lo sviluppo democratico del nostro paese.

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter