In questi mesi Pompei è al centro di una vorticosa serie di tensioni: nuovi crolli, walzer di nomine e supercommissioni, scarico di responsabilità tra politica e amministrazione del sito, promesse di imminenti finanziamenti europei , conflitti per assicurarsene la gestione, promesse di nuove assunzioni,  e l’inarrestabile emorragia di risorse umane prodotta dai quotidiani pensionamenti. Non mancano infine le spinte alle privatizzazioni dei servizi e su di essi l’ombra delle grandi lobbies economiche pronte a sostituirsi a uno Stato che si presume non possa farcela da solo o che è stato deliberatamente ridotto a non farcela da solo per un profitto sicuro e a basso rischio.
E’ in un simile panorama che nascono pasticci come il bando emanato nel 2010 dall’allora Soprintendente Giuseppe Proietti, con il quale la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei intende affidare ad un unico gestore privato tutti i cosiddetti “servizi aggiuntivi” presso gli scavi di Pompei: marketing, accoglienza, informazione, orientamento, biglietteria, controllo accessi, guardaroba, prenotazione, prevendita, audioguide, whisper, didattica per le scuole, gestione sito internet e “visite guidate”, inserito nel bando in virgolettato e tra parentesi ad esplicare la curiosa ufficiale dicitura di “accompagnamento didattico per singoli e/o gruppi”, palesemente creata ad arte per aggirare le normative regionali e nazionali sul turismo e sulle professioni turistiche. Un bando su cui oggi piomba un’interrogazione parlamentare, presentata al Ministro Giancarlo Galan dalla Sen. Diana De Feo. E non a caso.
Attualmente a Pompei le visite guidate vengono effettuate da Guide Turistiche abilitate dalla Regione Campania, e riorganizzate in presidi, presso l’area archeologica, istituiti dal Commissario straordinario Fiori,  soltanto nel 2010.  Un’indagine statistica dello scorso settembre curata dall’Associazione Nazionale Archeologi insieme all’Associazione Guide Turistiche Campane sulle guide turistiche operanti a Pompei ha rilevato che in maggioranza si tratta di professionisti laureati in lingue o archeologia. Elevata è, in particolare, la presenza degli archeologi: il 54% laureati in Archeologia, e di queste oltre la metà (57%) in possesso di un titolo di studio superiore alla laurea. Si tratta in gran parte di giovani entrati in questo settore lavorativo grazie al cosiddetto Decreto Bersani che nel 2008 ha dato ai laureati in archeologia e in storia dell’arte l’opportunità di conseguire l’abilitazione allo svolgimento della professione di guida turistica e che di recente è stato abolito. Dunque con un provvedimento profondamente illiberale e travalicando le sue stesse tradizionali competenze, la Soprintendenza, con questo Bando, offre in blocco ad un monopolista privato un servizio sinora in regime di libera concorrenza, seppur coordinato da un regolamento emanato dalla stessa Soprintendenza. Il rischio è quello che questi liberi professionisti iperqualificati e con diversi anni di esperienza vengano sostituiti con giovani con contratti precari, insomma con lavoratori “usa e getta”, come avviene già in moltissimi musei e luoghi di cultura statali italiani, che si reggono sul lavoro precario e sottopagato dei co.co.pro o addirittura gratuito degli stagisti.
Pompei è solo la punta dell’iceberg di un mondo dei beni culturali in cui è in atto silenziosamente da anni un processo di privatizzazione sui generis. In questo caso, c’è in ballo un sito archeologico che ha circa 2 milioni e mezzo di visitatori e incassa circa 25 milioni di euro ogni anno. Un sito che non ha nemmeno bisogno di farsi pubblicità per raggiungere questi risultati, gli basta già la sua fama nel mondo. Pompei è insomma, per qualsiasi privato, un investimento a basso costo e a basso rischio, con profitti elevati, facili e sicuri.

Tsao Cevoli è presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi