La nuova manovra vale 32 miliardi di euro al lordo, 23 miliardi al netto: 20 sono nuove tassazioni, 12 miliardi sono di tagli alla spesa pubblica, di cui il 60% riguardano le proprietà come la casa, la ricchezza finanziaria, etc… La Manovra, la quinta di questo 2011, sarà immediatamente esecutiva perché contenuta in un solo decreto legge. Ma dietro quest’azione molti non riescono ad individuare la strategia per portare l’Italia non solo fuori dalla crisi ma anche riportarla ad essere competitiva a livello internazionale.
Effettivamente, almeno in apparenza, la manovra risulta tutto fuorché equa. I tagli ai vitalizi e al numero di parlamentari sono polverina agli occhi di fronte al vero provvedimento riguardante la revisione al taglio del finanziamento pubblico ai partiti e all’esenzione Ici (o Imu come si chiamerà) ai beni ecclesiastici di natura commerciale.
Ma soprattutto per l’ennesima volta non c’è una minima azione a sostegno di una politica efficace all’evasione fiscale. Anzi, se proprio andiamo a leggere tra le righe, alcuni provvedimenti adottati vanno sostanzialmente contro questi indirizzi: aliquota al 23% dal secondo semestre del 2012 non spingerà la classe imprenditoriale ad un forte cambio di mentalità, così come la tassazione sul rientro dei capitale dall’estero.
Importante commentare la differente percezione di questa manovra: i mercati finanziari hanno risposto in modo euforico: Milano a +2,91% con spread in forte calo fino a scendere abbondantemente sotto i 400 e Olli Ilmari Rehn, commissario europeo per gli Affari economici e monetari, che ha approvato in pieno l’azione del governo, commentando il pacchetto di misure come un nuovo approccio alla politica economica.
Nel nostro paese, al contrario, molti attori dello scenario politico e sindacale hanno commentato molto duramente il decreto e, nei prossimi giorni, le piazze saranno occupate dalla protesta dei sindacati che chiameranno a raccolta i loro aderenti. Ma tutto questo rientra nel gioco delle parti della politica e dei suoi attori. La cosa che maggiormente stupisce, però, è la percezione così opposta del sentire comune degli italiani e dei giudizi della politica internazionale.
Come se ormai fossimo incapaci di dare un giudizio sereno ai disegni e alla strategie del nostro paese. Forse un’osservazione equilibrata sarebbe dire che la manovra non è di certo espressione di ricette geniali ma neanche così pessima come alcune categorie sociali e ali del parlamento stanno in queste ore dichiarando.
La sensazione forte è che la manovra passerà, verrà chiesto al paese un ulteriore sacrificio, ma sarà difficile far credere alla nazione che tutto questo sarà sufficiente al rilancio della nostra economia, sempre più legata al sistema della finanza e delle sue lobby ( di cui Monti, non dobbiamo dimenticare, è uno degli esponenti di spicco) e sempre meno ispirata ad un principio di eguaglianza democratica.

Stefano Monti è direttore editoriale di Tafter