Non credo molto alle statistiche e all’ossessione di comparare tutto, di identificare e mitizzare le buone pratiche, soprattutto quando parliamo di fenomeni nuovi, complessi e polimorfici come Internet. Ciò non vuol dire assolutamente che sia soddisfatto del livello di adozione di Internet in Italia. Semplicemente non sono questo tipo di statistiche a ricordarmelo. Anche perché seguire questi confronti standardizzati vuol anche dire anche usare ricette standardizzate per recuperare le posizioni.

Due considerazioni a caldo. Il tessuto produttivo dell’Italia è diverso: La stragrande maggioranza delle imprese è piccolissima; ma ciò non ha creato un’industria locale capace di cogliere le sue specificità – non solo dimensionali (diffusa cultura artigiana, radicamento territoriale, …). Il dato critico non è la percentuale di utenti che usano la larga banda (spesso per fare che ?) ma il bassissimo rapporto fra spese IT e PIL. Senza IT la connettività è gadget (o puro contenuto – generalmente di intrattenimento) e non si lega – adattandosi – ai processi produttivi.

Esiste anche un lato oscuro del digitale di cui poco si parla: deficit di produttività, automazione alienante, privacy & security, crescenti consumi energetici. Non si tratta di demonizzare la tecnologia o trovare alibi, ma pesare con consapevolezza tutte le variabili, non solo quelle positive.

Solo con un approccio maturo al digitale – con una comprensione non solo delle sue magiche promesse ma anche dei suoi costi nascosti – si può costruire un piano di rilancio di Internet che sia soprattutto utile agli utenti (aziende e cittadini) e non solo ai fornitori ICT.

Andrea Granelli è membro della Fondazione Cotec per la cooperazione tecnologica e program manager per l’area “nuove tecnologie per i beni e le attività culturali e turistiche” di Industria 2015