Cambiare tutto per non cambiare niente, siamo alle solite. Dopo la sbornia giovanilista liberal imprenditoriale miseramente fallita davanti alla difficile prova di amici del quartiere, sexy assistenti e ministri senza minestra, ci aspettano i professori ingrigiti dalle stanze delle università. I conti non tornano, ma da sempre e per sempre i conti contano quanto dei marchesi senza corona, se non sono suffragati da esperienza, valutazione dei risultati e, soprattutto, sistemi intelligenti di sviluppo degli alti potenziali.
Gli alti potenziali, nel caso di specie, sono la cultura e i suoi operatori più meritevoli; quelli, appunto, i cui risultati sono misurabili e verificabili, a patto di essere preparati in materia o di saper scegliere, con metodo, i propri consulenti.
Il metodo nella vita dell’Homo Sapiens è tutto o quasi. Il metodo dice che, di fronte ai risultati eclatanti ed entusiasmanti del 2011 dei settori dell’arte contemporanea e della cultura come marketing territoriale, gli apparati statali (e statalisti) di questa poverissima Italia senza fantasia avrebbero dovuto studiare i fenomeni di cui sopra e ricavarvi le risorse per alimentare alcune Leggi finanziarie; due o tre per la precisione.
A parte la solita considerazione per la quale senza arte non c’è attitudine alla ricerca né altitudine di ambizione, c’è da riflettere sull’assoluta distrazione con la quale si osservano i nuovi business e i settori in via di sviluppo, e sulla distruzione di memoria e visione.
L’arte chiude ancora una volta in attivo, e le città d’arte guadagnano visitatori esterni e attenzione interna, che poi è l’obiettivo primario per seminare conoscenza. Invece di seguire i track record positivi, i professori mixano Dio e arte, Dio e business, Dio e potere,centrando l’unico risultato di rasserenare i Fedeli e riportarli al ristorante la domenica e al cinema il mercoledì. Una vita grigia come quella che fanno gli anziani quando sono a fine ciclo, quando fantasia e vivacità intellettuale sono un doloroso ricordo, e quando l’arte è solo status symbol, nel migliore dei casi. Mentre nelle migliori case le opere fanno da dispositivo di senso, allargano gli orizzonti e preparano al futuro.
Pensare di superare la crisi con metodi vecchi, con uomini vecchi, e con slogan vecchi e pericolosi, servirà solo a restaurare.
La fotografia è quella di una grigia giornata, in un anno come un altro: in cattedra solo e sempre quelli che fanno il giusto sufficiente per non fare troppo danno, e che se danno, non sanno quello che fanno.

Francesco Cascino è Presidente Associazione No Profit Arteprima