Il tema del sostegno alla vacanza “dei ceti meno ricchi ma più numerosi” ha un punto di partenza nell’autunno del 1948 quando il Touring Club Italiano, sulla scorta di una positiva esperienza del governo svizzero datata 1939, creò la Cassa Viaggi e Vacanze. Vediamo come funzionava: la CVV emetteva francobolli da 200 lire che incollati su apposite cartoline diventavano poi moneta turistica da spendere negli esercizi convenzionati (alberghi, ferrovie, ristoranti etc).
Il vantaggio di questa forma di risparmio stava nello sconto di prezzo applicato al valore nominale del francobollo, pari al 2 %, e nel fatto che i datori di lavoro aderenti al programma si facevano carico di un’ulteriore quota, a favore dei lavoratori, che andava dal 3 all’8 percento. L’esperienza pionieristica si concluse prima degli anni 70. Vita molto più breve sembrerebbe avere avuto la sua rivisitazione pubblica e contemporanea, i Buoni Vacanza, lanciata dall’ex-ministro Brambilla un paio di anni fa e sacrificata in questi giorni dal Governo tecnico sull’affollato altare del rigore di spesa. Il sistema, in scadenza a settembre 2012, ha di certo un tasso di complessità procedurale significativo, risponde(va) tuttavia a esigenze di incentivazione delle attività turistiche in periodi di bassa stagione, con benefici economici effettivi per i meno abbienti intorno al 50%. Quotando Flaiano, niente in Italia è più definitivo del provvisorio; possiamo allora ipotizzare che tra qualche settimana, ispirati dalla Pasqua, forse anche i buoni (vacanza) risorgeranno.

 

Massimiliano Vavassori è Direttore Centro Studi Touring Club Italiano