È questo il momento per pensare ai regali di Natale, di chiedersi quali bisogni più o meno reali abbia ingenerato in noi il mercato in questi ultimi mesi, e dunque di impegnarci a soddisfarli.
Tra tutto, sembra un imperativo possedere un lettore di ebook. Perché è figo, perché diventa argomento di conversazione, perché classifica chi lo regala e chi lo riceve tra i sapiens più sapiens.
Nella maggioranza dei casi rimane lì, intonso, proprio così come accade dei libri cartacei. Non è buono per accendere il fuoco ma può essere utile come vassoio, bacchettina da ping pong, oggetto da lancio, cornice. (Molti preferiscono il tablet, su cui si potrebbe leggere un libro, ma più utilmente si può giocare dandosi comunque la stessa aria intellettuale).
A me gli e-book turbano, lo ammetto. Non sono un nostalgico dell’odore della carta; butto o regalo i libri già letti, gli faccio le orecchie, li dimentico qui e là, li compro pure su Internet contribuendo con responsabilità alla chiusura delle librerie. Mi tranquillizzo solo se penso che siano un gioco, non un libro. Allora mi divertono i pulsantini o il touch, l’annotazione, la multimedialità, le modalità per rendere la lettura collettiva (quasi un ossimoro), l’assenza di una copertina che dica a tutti come me la spasso con Moccia o 50 Sfumature Di.
È comprensibile che a molti piaccia anche che grazie agli e-reader qualcuno sappia se/cosa/dove/quando leggono. Che editori e i provider li conoscano siano in grado di raddrizzare eventuali status di consumatori imperfetti.
E basta poi con quei sensi di soggezione verso le case piene di libri! Nelle potenzialità del reader sparisce l’unico elemento in grado di dare una minima idea di chi abiti in appartamenti standardizzati da arredatori svedesi. Consola poi la certezza matematica che cambieranno presto formato ai file per vendere nuovi supporti, ‘più leggibili’, ‘più libri del libro’, che si potranno comprare spendendo i soldi risparmiati dalla copia abusiva dei file ebook.
Ammettiamolo, dell’ebook ce n’era bisogno perché il libro tradizionale non andava molto bene così: non va ricaricato, nessuno lo controlla, non è schiavo dei formati. Se il libro te lo rubano sei quasi un uomo felice. Tutto questo ne fa un oggetto eversivo di suo.
Ora è più che probabile che qualche Ministero o la SPECTRE possano educare via software a migliaia di persone a leggere o non leggere tutto o qualcosa, magari solo “quel libro lì”, in “quel paese là”.
E poi, l’ebook è tuo, non è trasmissibile per via ereditaria e il puzzle delle letture preferite non farà parte di scomodi obblighi morali per i tuoi discendenti.
Occorrerebbe però coniare un nuovo termine per definire la lettura su e-book. Potrebbe essere che lì si “e-legge”, che poi come gioco di parole mi fa rabbrividire più di tutto il resto.

 

Samuel Saltafossi è sociologo della complessità