vecnobCapisco bene l’urgenza. Il Paese va a rotoli, Pompei va in polvere, le Imprese vanno all’estero, la Concordia va dove il mare luccica e siamo alle prese con l’ennesima emergenza democratica: la candidatura di Roberto Vecchioni al premio Nobel per la Letteratura.

Pare che gli accademici di Stoccolma debbano scegliere tra lui Bob Dylan, Leonard Cohen e Roberto Vecchioni. Come può essere accaduto?

Sconcertata, la lobby politica italiana si è data subito da fare per affossarne la candidatura e dunque ci sono buone chance che vada in porto. Il Pdl sta murando per protesta l’ingresso dell’ambasciata svedese con l’intera tiratura delle opere invendute di Bondi. Il M5S evidenzia come la Sindrome di Stoccolma non sia prerogativa dei propri deputati, felici prigionieri nel movimento. Il PD si interroga sulle regole, temporeggia, propone nuove primarie con le candidature di Michele Serra, Zerocalcare e Carla Bruni, poi chiede una sospensione costruttiva. L’ala renziana pare abbia detto “No, i Vecchioni no, vanno rottamati per definizione. Meglio i Giovanotti”.

È una reazione in fondo comprensibile: se si parla di letteratura si parla a vanvera perché altrimenti si dovrebbe leggere qualcosa, investire tempo nel comprendere le ragioni dei testi, le strutture, i riferimenti, le novità linguistiche e concettuali, togliendo l’attenzione dai comunicati stampa e dalle attività social.

In fondo, il paese non si è ancora ripreso dal Nobel assegnato a Dario Fo nel 1995 e un altro menestrello sugli allori potrebbe destabilizzare i mercati editoriali e spiazzare i talk show. A ricordarci che la cultura è libertà e che la libertà non ha casa sono proprio le proteste di chi usa il metro dell’ideologia per valutare lo spessore di un autore e la portata dei suoi slanci lirici.

Vecchioni candidato? Ma no. È che qualcuno deve aver chiesto “Ci sono candidati italiani?” Alla risposta: “Dall’Italia? Ma lì sono tutti vecchioni, altro che candidati” l’interprete Smilla ha equivocato e ora eccoci qui a immaginare che effetto possa fare un professore di liceo nell’Olimpo della Letteratura, con chitarra e cancellino.

Se penso a come il testo di “Chiamami ancora amore” abbia additato il re nudo e sfraccicato i cabbasisi del capobastone direi che il premio dai cittadini italiani Vecchioni l’ha comunque già ricevuto.

 

“Per il poeta che non può cantare

per l’operaio che non ha più il suo lavoro

per chi ha vent’anni e se ne sta a morire in un deserto come in un porcile

e per tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero

così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il pensiero

 

per il bastardo che sta sempre al sole

per il vigliacco che nasconde il cuore

per la nostra memoria gettata al vento da questi signori del dolore

 

Chiamami ancora amore

Chiamami sempre amore

Che questa maledetta notte dovrà pur finire”.

 

 

 

Samuel Saltafossi è sociologo della complessità