A woman's finger hovering over the delete keyA volte il passato può essere imbarazzante e creare ripercussioni nel presente. Nell’era dei social network, anche più del solito. Dal 2015, però, i minorenni californiani potranno cancellare foto, dati e informazioni ‘scomode’ facilmente. Come riportato da numerosi media in questi giorni è stata infatti approvata la cosiddetta ‘Eraser law’, la ‘Legge-gomma’, che permette di cancellare il passato digitale dei californiani under 18. La nuova normativa, più in dettaglio, riconosce ai minori di 18 anni il diritto di “ritirare o richiedere la rimozione di contenuti o informazioni scaricate da un sito web o applicazione”: una facoltà rilevante per eliminare dal web eventuali errori di gioventù, quelli che poi magari possono rovinare curricula da sogno e colloqui di lavoro solo per aver postato anni prima la foto della notte brava con gli amici.

La legge è stata emanata dal governatore della California Jerry Brown e entrerà in vigore il primo gennaio 2015, cioè il tempo necessario per consentire ai siti internet interessati di adeguarsi alla nuova normativa. Anche se Twitter e Facebook offrono già questa funzione sui loro siti web. “Gli errori di gioventù ti seguono per tutta la vita e le loro impronte digitali arrivano ovunque si va”, ha spiegato James Steyer , fondatore dell’associazione ‘Common Sense’. Ma i detrattori della legge protestano: “Oltre alla necessità di conoscere l’età degli utenti, i siti avranno bisogno di sapere se vivono o no in California”, sottolinea Stephen Balkam, presidente della ‘Online Family Safety Institute’.

La legge ha riacceso il dibattito circa una delle tematiche più delicate dei nostri tempi segnati dalla comunicazione globale: quella del rapporto tra il cosiddetto diritto all’oblio sulle reti di comunicazione elettronica e la libertà di informazione (sub specie informare ed essere informati). Il diritto all’oblio – soprattutto on line – è un fondamentale baluardo per la protezione della nostra identità persona-le (soprattutto digitale): è il diritto ad essere dimenticati non tanto per una quasi capricciosa volontà di impedire che si parli di noi, ma per evitare che informazioni risalenti, dati personali non aggiornati, fatti che appartengono al passato remoto (tutti facilmente reperibili sul web) determinino complessivamente un profilo della persona – attuale – non corrispondente alla reale identità e modo di essere dell’interessato. Se si pone difatti mente alle efficaci tecnologie e software di incrocio in tempo reale di una mole anche enorme di informazioni tratte dal web, si può intuire come sia reale il rischio di creare identità digitali delle persone con procedure di incrocio selettivo (ad esempio è in voga negli USA l’analisi delle pagine Facebook prima di svolgere colloqui di lavoro con gli interessati) che rivelano gli aspetti anche più intimi della persona, con il rischio di creare un profilo errato e inattuale. E’ una nuova tipologia di danno alla persona ed alla sua identità digitale (che ormai precede l’identità fisica reale nel mondo in cui viviamo).

E allora il diritto all’oblio è uno dei fondamentali diritti della Società dell’Informazione Globale del XXI secolo: è giuridicamente il diritto degli utenti – riconosciuto nel nostro Codice della privacy e rafforzato dal nuovo Regolamento UE sulla protezione dei dati personali che si applicherà dal 2016 – di richiedere ed ottenere (anche dai providers) che i propri dati personali siano cancellati e non siano più oggetto di trattamento laddove non più necessari in relazione alle finalità per cui erano stati raccolti. Il Regolamento UE sulla protezione dei dati personali in corso di approvazione stabilisce inoltre sul tema che spetterà ai social network l’onere di provare (e non all’utente dimostrare il contrario) che la conservazione di una certa informazione è necessaria (sono previste sanzioni economiche da 500 mila Euro all’1% del fatturato globale in caso di inottemperanza).

Come ha evidenziato Stefano Rodotà, che da tempo sottolinea l’importanza del diritto ad essere dimenticati, l’affermazione dell’oblio come diritto della persona è un elemento importante per quella che la nostra Costituzione definisce libera costruzione della personalità: essere prigionieri di informazioni del passato, magari secondarie può essere un ostacolo alla libertà. Ma lo stesso Rodotà ha anche segnalato i problemi applicativi di non facile soluzione pratica: in primo luogo bisogna garantire che questo diritto non diventi uno strumento di censura (si pensi all’oblio in rapporto ai blog o all’informazione giornalistica on line, vero nervo scoperto del rapporto tra due libertà ugualmente fondamentali, la libertà di informazione e la libertà di controllo sulle proprie informazioni); in secondo luogo c’è la difficoltà dell’applicazione pratica: una volta una volta che un’informazione entra in rete diventa difficile seguire il suo percorso. Vi è infine, solo per citare un ulteriore dei molti aspetti del dibattito, l’interesse dei grandi player dei mercati elettronici alle informazioni (ed ai profili) degli utenti: e se è vero – come ha affermato il Commissario UE Viviane Reding – che “i dati personali sono la valuta del mercato digitale”, ci si dovrà attendere una neanche tanto nascosta opposizione quando l’utente chiederà la cancellazione dei propri dati come forma di esercizio diretto dell’oblio (ora è possibile solo una diversa forma di opposizione al trattamento).

In conclusione, per tornare alla legge-gomma californiana, verrebbe da chiedere al Governatore della California se i delicatissimi profili sopra appena evidenziati possano essere gestiti consapevolmente da minori e se forse – sapendo che gli “errori di gioventù” si potranno ora cancellare facilmente – la Eraser-law non rischi di diventare una legge-incentivo alle sciocchezze on line.

 

Alessandro del Ninno è avvocato presso la Tonucci &Partners e professore universitario