Cresce sempre di più -nel mondo e in Italia- l’interesse verso le tematiche dell’Open Source e del Free Software. Le due espressioni, spesso utilizzate in modo intercambiabile, identificano i software non proprietari, a codice sorgente libero e non chiuso e segreto, oltre che non coperti da brevetto come i più diffusi (ai limiti del monopolio) programmi Microsoft o quelli, più di nicchia, di Apple.
Dal mondo dell’informatica, sulle ali della Rete, la filosofia Open Source ha finito per creare una vera e propria Open Culture/Open Society, un modello che rifiuta le concezioni proprietarie ed esclusivistiche del sapere e le tradizionali categorie di copyright. Fermento che si riverbera nel mondo dei blog, dei wiki, dell’open publishing, tutti strumenti al servizio della ricerca di vie alternative nell’informazione, nella produzione e trasmissione della cultura e delle opinioni. Al di fuori dei grandi circuiti mediatici televisivi e della carta stampata, sempre più omologati, a qualunque latitudine geografica, sotto qualunque proprietà  -pubblica o privata- e appartenenti a tutte le ideologie politiche.
Bill Gates, grande capo della Microsoft e bersaglio prediletto dei sostenitori del software libero, li ha definiti polemicamente ”˜commonist’, additandoli come un serio pericolo per l’impresa, l’innovazione, il progresso. In nome della tutela della proprietà  intellettuale, Gates non fa altro che riproporre la difesa liberale/liberista della proprietà  privata dei mezzi di produzione contro lo spettro del comunismo, identificando nel movimento dell’Open Source il nuovo pericolo politico e morale prima ancora che economico.
L’allarme lanciato dall’inventore di Microsoft contro i communist si configura come un tassello di un’imponente e dispendiosa campagna pubblicitaria volta a dimostrare che Microsoft costa meno di Linux (il sistema operativo libero inventato dal finlandese Linus Torvalds). Per la prima volta il colosso informatico americano dà  piena dignità  all’avversario Pinguino e questo dimostra come l’Open Source si stia trasformando: da fenomeno esclusivo di elites tecnologicamente agguerrite e minoritarie a fattore culturale e di opinione che riesce ad andare aldilà  della cerchia di addetti ai lavori.
Il fascino crescente delal filosofia “open” deriva dal suo tentativo di ”˜quadrare il cerchio’ come direbbe Dahrendorf, cioè di coniugare libertà  e condivisione, efficienza e solidarietà : la ricetta della pietra filosofale che continua dal secolo scorso ad attraversare la politica e la cultura.
L’Open Source nasce da hacker come Richard Stallman (sacerdote riconosciuto del software libero) che rifiutano di porsi dei limiti nella conoscenza dell’informatica e nella possibilità  di agire, giocare, sperimentare e anche sfidare i sistemi più segreti e apparentemente sicuri. Un gusto della libertà  molto americano, che sfiora i limiti dell’anarchia. Quella piccola dose di sana anarchia che ì che vena lo stesso, ottimista “sogno americano”. Una libertà  che si trasforma in condivisione, come afferma uno degli esponenti più intelligenti ed autorevoli della Comunità  Open Source italiana, il Prof. Angelo Raffaele Meo: “con una tecnologia modificabile ed acquisibile a basso prezzo, se non gratuita, diventa possibile pensare concretamente a politiche che ne limitino le discontinuità  territoriali nella difusione e nell’uso. Il sogno di ridurre il technological gap sembra più realizzabile attraverso la diffusione del software open source che non attraverso l’estensione su scala mondiale del software chiuso, prodotto da grandi imprese monopolistiche”.
La Grande Libertà  degli Hackers, l’Utopia della Solidarietà che anima, ad esempio gli Ingegneri Senza Frontiere, che introducono l’Open Source nel Kosovo o nei Paesi dell’America Latina, sono i segreti di questa nuova tensione morale e culturale che trascina molti giovani. In un tempo avaro di ideologie o anche solo di progetti politici che vadano oltre una buona gestione dell’esistente. Per questo l’analogia di Gates tra “comunismo grigio, burocratico e paralizzante” e la libera potenza creativa che si sprigiona dal movimento Open Source ci sembra non reggere. Non più del breve spazio di una trovata propagandistica. 

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Pier Luigi Tolardo, freelance del giornalismo on line, redattore di Zeus News.it. Collabora a Quinto Stato.it. Segue soprattutto i temi delle politiche delle Tlc e della Rete. Il suo Blog è www.zeusnews.splinder.com