L’esperienza di valorizzazione del patrimonio storico-artistico delle aree rurali della nostra penisola spinge al confronto con una serie di criticità che condizionano inevitabilmente l’operato dei responsabili e degli operatori culturali.
Se, da una parte, la varietà di territori rurali è tale da sconsigliare ogni forma di generalizzazione, tuttavia si è assistito negli ultimi anni al crescere delle aspettative circa le potenzialità turistiche dei beni e delle istituzioni culturali che in essi risiedono. Tale tendenza ha portato certamente effetti positivi: la comparsa delle prime sperimentazioni in fatto di sistemi/reti museali locali, l’organizzazione di iniziative di apertura e valorizzazione di beni privati come dimore storiche o antiche residenze di campagna, la promozione di un immagine diversa dell’ambiente rurale. La creazione, insomma, di un’immagine capace di attrarre target di pubblico tradizionalmente più legati alla frequentazione di ambienti urbani.
Tuttavia, l’illusione che per rilanciare turisticamente un territorio fosse sufficiente procedere con il restauro del castello, della pieve o dell’abbazia, ha determinato un’evidente discrepanza tra i risultati attesi e quelli effettivamente ottenuti. E lo dimostra la percezione di stridente contrasto che si prova quando, arrivando in una località , si confronta il bene culturale splendidamente recuperato con il contesto ambientale circostante, in cui ogni traccia del paesaggio storico risulta soffocata da un tessuto insediativo e produttivo omologante e anonimo.
Un altro segnale da non sottovalutare è rappresentato dall’atteggiamento di indifferenza o distacco che spesso si riscontra nella popolazione locale in relazione alla sorte del proprio patrimonio culturale. Eppure, stando ad un opinione ampiamente condivisa tra gli operatori, proprio le comunità locali dovrebbero rappresentare il principale destinatario di ogni politica di valorizzazione, opportunità insostituibile per favorire l’insorgere di una rinnovata coscienza della propria storia, dei propri valori, della propria identità .
Stando così le cose, è lecito chiedersi cosa non stia funzionando negli interventi sul patrimonio storico artistico effettuati in molte aree rurali.
Sicuramente un elemento di criticità è rappresentato dall’assenza di iniziative di coinvolgimento attivo della popolazione. Iniziative già sperimentate con successo in ambiti urbani -come le visite ai cantieri e gli incontri con i restauratori- solo lentamente stanno affermandosi anche nelle aree rurali, mentre prevale ancora l’idea che durante la fase di recupero e restauro -cioè quando maggiori sono i disagi arrecati agli abitanti- non sia necessario investire in comunicazione e promozione, concentrando piuttosto tutti gli sforzi solo in prossimità della conclusione dei lavori e dell’apertura del bene.
Tale orientamento non è casuale ma riflette una concezione distorta dello sviluppo turistico che sottovaluta un postulato di base: non è tanto il valore del bene in sé a connotare positivamente un’offerta culturale ma l’esperienza che il visitatore ne fa. E una comunità locale che si senta attivamente partecipe nel processo di valorizzazione del proprio patrimonio culturale rappresenta il principale fattore di successo per l’avvio di dinamiche di sviluppo locale sostenibile per il territorio. In quanto coinvolta, infatti, essa sarà sensibile al mantenimento e alla salvaguardia del paesaggio e alla qualità dell’arredo urbano, parteciperà alle manifestazioni culturali sentendole come proprie, si orienterà ad attività economiche legate alla storia dei luoghi (artigianato locale, prodotti eno-gastronomici) o ad una loro valorizzazione sostenibile (attività ristorative e ricettive attente alla qualità , servizi di incoming). Contribuirà, insomma, a creare quell’atmosfera di spontanea e genuina partecipazione che risulta di gran lunga più appagante per il visitatore e vantaggiosa per la località ospitante.
Se questo oggi non succede nella maggior parte del territorio italiano, non è un buon motivo per rassegnarsi limitandosi a sterili lamentele. Fuori dalle città esiste uno straordinario patrimonio non solo culturale ma anche umano che ha tutte le carte in regola per rappresentare nel prossimo futuro un fattore di sviluppo. Non solo per la nazione ma anche in una prospettiva europea. A condizione, però, che ogni strategia di valorizzazione ponga al centro della sua attenzione il territorio e la sua complessità e non il singolo elemento. Per quanto eccezionale possa essere il suo valore storico-artistico.

Riferimenti:
www.marcovaldo.it