Il settore dei beni culturali è da tempo un campo privilegiato di sperimentazione per l’applicazione delle nuove tecnologie. In particolare assistiamo ad un crescente interesse e sviluppo del cosiddetto edutainment (education + entertainment), ovvero quell’insieme di “prodotti” che nasce con il preciso scopo di facilitare la trasmissione delle conoscenze tramite l’intrattenimento, comprese quelle relative al settore scientifico e culturale.
Prendiamo il caso dei musei: la loro particolare natura ne fa uno dei luoghi che maggiormente possono beneficiare dello sviluppo di un comparto di progetti/prodotti di edutainment. Il museo è infatti un’istituzione dalle molteplici funzioni: dall’acquisizione e conservazione di opere d’arte, alle attività di ricerca e comunicazione. Attività , quest’ultima, che contempla diversi fini e ancora più vari strumenti, contribuendo, se ben condotta, al successo dell’istituzione presso il suo pubblico.
Ma un museo si preoccupa anche di dilettare: dunque, si colloca sul mercato del tempo libero. Le modificate condizioni di vita, le aumentate disponibilità di reddito, il fatto stesso che la fruizione di cultura sia assunta a status symbol, hanno causato una certa crescita dei consumi culturali, distribuita però sull’intera gamma delle offerte. Il museo, dunque, è oggi in concorrenza con una proposta culturale vasta e sfaccettata. Per questo, l’applicazione di strategie di marketing, che sappiano insieme diversificare e promuovere l’offerta culturale verso vari tipi di pubblico, diventa importante.
In questa cornice generale, i progetti ed i prodotti di edutainment possono assolvere efficacemente ad una triplice funzione: consentire al visitatore di vivere nel museo un’esperienza di apprendimento piacevole; conferire un valore aggiunto alla visita in termini di interattività ; contribuire all’attività di comunicazione e promozione del museo stesso.
Oggi, soprattutto in Italia, assistiamo ad uno sviluppo pieno di contraddizioni nel campo delle nuove tecnologie applicate ai beni culturali. Questa problematica sorge probabilmente da un errore di prospettiva, che nasce dal considerare l’ICT (Information and Communication Technologies) e i suoi prodotti più come uno strumenti tecnici che come veicoli di contenuto.
Se un errore di prospettiva c’è stato, la “colpa” può essere ascritta ai produttori ”“ che spesso sono le imprese produttrici di videogiochi (come Sega, Nintendo o Sony) ”“ i quali hanno puntato più sull’offerta di “giochi didattici”, più o meno interattivi, che su prodotti che fossero effettivamente basati sulla ricerca e quindi in grado di offrire un effettivo contributo alla conoscenza del bene culturale.
Le nuove tecnologie invece, date le loro caratteristiche di interattività e la loro capacità di riprodurre, seppur in maniera schematizzata, il reale, si dovrebbero porre come prioritario l’obiettivo di consentire un apprendimento “attivo e partecipato” da parte dei fruitori, diventando così strumento di sostegno alle politiche educative, e non solo quelle scolastiche. Per questo, e per quanto detto prima, i prodotti dell’ edutainment dovrebbero a pieno titolo essere considerati come una specifica offerta del settore dell’insegnamento a distanza (e-learning), e come tali destinati non solo e non prioritariamente al pubblico dei più giovani. Veniamo all’aspetto di comunicazione: i prodotti dell’edutainment sono infatti un utile e potente strumento a sostegno non solo dei processi di acquisizione delle conoscenze, ma anche della capacità di comunicazione e promozione. Notiamo che è sempre più facile trovare nei siti web dei musei una sezione che faccia ricorso a questi prodotti per stimolare la visita di nuovi potenziali fruitori, mettendo a disposizione del pubblico un’offerta più articolata (per fasce di età, livelli di istruzione, ecc.). Questo “valore aggiunto” potrebbe servire a superare una riconosciuta debolezza dei musei, affiorata nel momento in cui sono diventati la destinazione di sempre maggiori flussi di domanda. Parliamo dell’assenza di adeguati strumenti per la trasmissione delle informazioni, mancanza che li rende meno idonei a comunicare conoscenze e valori ad un pubblico sempre più ampio e diversificato per provenienza, livelli di istruzione, e aspettative, in una parola un pubblico molto più esigente.

Riferimenti:
http://idearium.org/d/node/view/32
www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-i-3/infante.htm
www.civita.it/portale/Annuario/2004pag01.asp