Nell’epoca dei low cost e del viaggiare facile -anche se non troppo sicuro- anche l’arte mette le ali ai piedi. Tra una meta e l’altra si fa universale ed abbraccia con calore aree da tempo escluse. E, allo strapotere culturale di Europa e Stati Uniti, si aggiungono nuovi lidi. L’Oceania, l’Est Europeo, affrancato dalla caduta del Muro e, finalmente, le frange più ricche di Asia, Africa ed America Latina. Ma questa è un’altra storia.
Sta di fatto, però, che la scoperta effettiva di nuove realtà e la situazione socio-economica attuale, rendono necessario un confronto con il sistema internazionale. D’uopo l’abbattimento di frontiere e regionalismi di sorta. Che avviene in primis sul web, esempio virtuale ed immateriale di Museo immaginario, così come l’aveva congeniato Andrè Malraux nel suo Cranio d’Ossidiana, collezione ideale e globalizzata, in cui individuare pezzi provenienti da ogni dove, quasi una raccolta di souvenir d’alto lignaggio. In secondo luogo nella realizzazione di mostre cosiddette itineranti. Che fronteggiano, innanzitutto, necessità di natura economica, rendendo possibili eventi culturali importanti anche in realtà piccole, grazie alla cooperazione di più spazi espositivi; migliorando di volta in volta e muovendosi con un pacchetto di strumenti e informazioni al seguito, già acquisiti, tale da lasciare sempre meno spazio alla casualità . Infine, rispondono allo spirito dell’epoca e rappresentano una sfida. Esibire, in contesti compositi, lo stesso nucleo di opere può portare a risultanze molteplici e complesse.

Un altro elemento originale della contemporaneità è la formazione di veri e propri cartelli museali. Il Guggenheim, con le sue sedi collocate nell’emisfero Occidentale, o la Tate, versione autarchica inglese, sono un esempio di come il mercato dell’arte non possa permettersi alcuna introspezione e, anzi, debba aprirsi e farsi universale. Ma se vogliamo prenderla alla lontana, il nomadismo in arte ha avuto tra le sue prime teorizzazioni quella operata con la Transavanguardia. Nella realizzazione delle opere e nell’assoluta sregolatezza nella scelta di riferimenti, in contesti storici e geografici eterogenei. Ma anche perché si presenta organicamente come movimento sovranazionale, grazie alla nascita di focolai spontanei in Italia, Germania, Francia, Spagna, America, per citare i più importanti. In quegli anni Lucio Amelio, uno dei maggiori sostenitori del movimento nel Bel Paese, porta la sua collezione Terrae Motus ad Ercolano, presso Villa Campolieto, a Parigi, al Grand Palais, a Boston, all’ICA, fino all’attuale sistemazione nelle sale della Reggia vanvitelliana di Caserta, dal 1994 in poi. In un’Italia ricca d’arte, ma da sempre asservita all’importazione di opere coeve dall’estero, questo movimento esogeno è un’assoluta novità . Nasce anche da noi quella che Achille Bonito Oliva definisce “la generazione con il passaporto“.
Più vicina al tema romantico del Viaggio in Italia, la manifestazione organizzata dal 1996, e conclusasi quest’anno, dall’Associazione Arte Continua di S. Gimignano, Arte all’arte. Una kermesse dislocata in molteplici location della Toscana che prevede il pellegrinaggio dello spettatore nei diversi santuari della contemporaneità creati in loco da personaggi di calibro internazionale (presupponendo quindi uno spostamento duplice, dell’artista come del fruitore), come Tobias Rehberger, Tacita Dean, Ilya Kabakov e Jimmie Durham, solo per fare qualche esempio.

Ma la Summa del legame tra creatività e viaggio è ben lungi da questi esempi nostrani -che sottolineano un’aspirazione a varcare i confini riconfermata dalle due ultime Biennali veneziane, dall’attività di Francesco Bonami a Villa Manin, Jen-Hubert Martin e Roberto Pinto al Pac- e porta il nome di Manifesta. Nata anch’essa nel 1996, con cadenza biennale e l’ambizione di rappresentare un vasto spettro di implicazioni politiche, culturali, filosofiche dell’Europa odierna, tramite il lavoro di artisti emergenti, Manifesta, organizzata da un team di curatori cosmopoliti, ha avuto la sua origine a Rotterdam. Ha viaggiato, con la sua anima pan-europeista, attraverso il vecchio continente giungendo a Lussemburgo (1998), Lubiana(2000), Francoforte (2002), San Sebastian(2004). Nicosia è in attesa di ospitare l’edizione del 2006.

Non è un caso che la Biennale europea abbia visto la luce solo quattro anni dopo la redazione del trattato di Maastricht. L’arte ha risposto celermente allo zeigeist. Ma erano anni di entusiasmo. Oggi frenato da un movimento d’introversione profonda. La messa in discussione degli accordi di Schengen, le nuove disfide teologiche, l’evoluzione del terrorismo internazionale creano un’inversione di tendenza. Diventando volontà di difendere i confini, ridisegnare il territorio, ricreando uno spazio privato, personale, in cui la tradizione, sia questa popolare o religiosa, detta le regole del vivere comune. Malgrado ciò l’arte permane sulle proprie posizioni transnazionali. La prolificazione delle Biennali nei paesi in via di sviluppo lo ratifica. E se ciò non dovesse bastare, resterebbe pur sempre la rete globale di Internet…

Approfondimenti:
www.italica.rai.it/galleria/zoom/amelio.htm

www.arteallarte.org/default.htm
www.guggenheim.org/default.htm
www.tate.org.uk/default.htm

Santa Nastro, nata a Napoli nel 1981, ha conseguito la laurea e un master di critica d’arte presso l’accademia di Brera con tesi ” Lucio Amelio.La rivoluzione siamo noi”. Attualmente si occupa d’arte contemporanea per le testate Exibart ed Espoarte. Ha pubblicato su il Corriere della Sera e curato eventi. S’interessa di arte visiva, nuovi linguaggi, cinema, video ed arte in rete. Vive a Milano.