“Uno specchio in cui la popolazione si guarda per conoscersi, dove cerca la spiegazione del territorio al quale è legata dalle generazioni che l’hanno preceduta. Uno specchio che questa popolazione tende ai suoi ospiti per farsi meglio comprendere, nel rispetto del suo lavoro, dei suoi comportamenti, della sua intimità . Un’espressione dell’uomo e della sua natura, un’espressione dei tempi, un’interpretazione dello spazio. Un laboratorio, nella misura in cui esso contribuisce allo studio storico e contemporaneo di questa popolazione e dei suoi mezzi. Un luogo per la conservazione , nella misura in cui contribuisce a custodire e dare valore al patrimonio naturale e culturale della popolazione. Una scuola, nella misura in cui coinvolgere la popolazione in progetti di studio e di salvaguardia, sollecitandola a conoscere e farsi carico dei problemi del proprio futuro”.

Siamo negli anni ’70 e George Henri Rivière, antropologo e storico del paesaggio francese, definì per la prima volta il termine Ecomuseo quale specchio di una comunità  e di un territorio. Oggi, a circa trent’anni da quella definizione ci troviamo ad assistere ad una rapida diffusione degli Ecomusei in tutte le parti del mondo.
L’Ecomuseo rappresenta un territorio, i suoi abitanti, l’ambiente in cui vivono, la cultura, le tradizioni che hanno ereditato dal passato, che amano e desiderano trasmettere. E’ un museo che può nascere dovunque per sola volontà  della gente che desidera ricercare le proprie radici e stabilire la propria identità  per rivalutarla.
Documentare e conservare la memoria storica di un territorio, nelle sue manifestazioni materiali e immateriali, è solo il primo passo; comunicare l’identità  e i valori del proprio territorio diventa il passo successivo e fondamentale.
Gli Ecomusei, o musei dell’identità , sono divenuti oggi un tassello importante nel processo di trasformazione della cultura. La domanda di identità  territoriale è più forte proprio alla luce di una nuova esigenza di comunicazione, un passo indispensabile nella costruzione di una Europa comune.
Il Piemonte è fra le Regioni Italiane all’avanguardia in tema ecomuseale. Si è dotata ne 1995 di una Legge per la promozione degli ecomusei, ha incaricato l’Ires, il suo ente di ricerca, di effettuare un’indagine sugli ecomusei presenti nella regione e, nell’ottobre del 2003, ha organizzato a Biella il primo Incontro Nazionale degli Ecomusei. In tale occasione sono state raccolte idee, proposte, sensazioni ed opinioni che testimoniano la realtà  reticolare viva degli ecomusei italiani ed è stata proposta l’idea di far nascere degli ecomusei urbani legati alla società  contemporanea.
Nel mese di novembre i 27 Ecomusei del territorio piemontese hanno ricevuto la Certificazione di Qualità  Herity, l’organismo internazione per la gestione di Qualità  del Patrimonio Culturale. Il marchio di qualità  indicherà  attraverso l’assegnazione di un punteggio la conservazione, la comunicazione e i servizi offerti. Lo sviluppo di un ecomuseo è un processo che influenza fortemente gli abitanti di un territorio, coinvolgendoli e responsabilizzandoli; creare una rete di ecomusei significa sviluppare nuove interazioni e sinergie tra gli abitanti di territori distinti.
La ragion d’essere di una tale tipologia museale nasce innanzitutto da un cambio di prospettiva. Da un nuovo modo di considerare il “bene culturale”. Non più soltanto un’emergenza monumentale all’interno di un territorio, ma un insieme ampio che comprende tutte le attività umane e i segni ad esse connessi. Il museo non è quindi più soltanto un luogo chiuso in cui conservare una selezione di preziose testimonianze artistiche e di civiltà, ma si allarga ad abbracciare un intero territorio, con le sue tradizioni, il suo particolare meccanismo di insediamento, le sue infrastrutture.

www.ecomusei.net
www.osservatorioecomusei.net