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Primogenito di padre haitiano e madre portoricana, Basquiat inizia la sua carriera sui muri del Greenwich Village. Le composizioni, tra poesia e pittura, firmate “SAMO” :Same Old, same Old Shit, la solita vecchia merda – sono un distillato dei temi che ripeterà in seguito: sfruttamento, odio razziale, oppressione.
La misteriosa poesia di strada e gli aforismi con il simbolo del copyright che ironicamente invocano la protezione della legge per un’ attività illegale, non passano inosservati: minacciosi e infantili colpiscono subito il popolo degli artisti di Soho e TriBeCa e i redattori del Village Voice.
La vita ”“ Basquiat ”“ se la guadagna vendendo, davanti al Moma, cartoline e magliette che disegna (ne compra una lo stesso Warhol), e suona nei club, clarinetto e sintetizzatore con i Gray al Mudd Club e al 57. Ma a 17 anni, dopo l’ennesima fuga da casa, dice al padre, dal quale non si sentirà mai apprezzato: “Un giorno diventerò molto, molto famoso”.
Il gallerista Cortez organizza nell’81 una grande collettiva di graffitisti “New York New Wave”; Basquiat espone 15 opere ed è lì, al PS1,che comincia la sua inarrestabile corsa al successo. Un’orgia commerciale, gestita esclusivamente da mercanti d’arte bianchi, in pochi anni, cambierà radicalmente tutto: la vita di Jean Michel, il profilo dell’arte mondiale, e lo scenario architettonico di Downtown.
Nel racconto di Storyville ci sono le testimonianze affettuose di Edo Bertoglio, il regista che lo diresse nel film Downtown ’81, il ricordo del gallerista Pasquale Leccese che lo accompagnò nelle passeggiate notturne per i parchi durante il suo soggiorno milanese e l’indirizzo del curatore, Gianni Mercurio che racconta perché le opere di Basquiat vanno diritte al cuore.
a cura di www.storyvilleonline.com
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