Ospite del Romaeuropafestival, con lo spettacolo vsprs, Les Ballets C. de la B è un collettivo che conta su diverse figure chiave, sebbene il fondatore sia il coreografo Alain Platel. Dopo averlo fondato nel 1984, Platel già dopo qualche anno si spinge al di fuori collaborando con altre compagnie, chiedendo anche a agli altri componenti del gruppo di fare lo stesso. Risultato? L’acquisizione di diversi punti di vista e di identità artistiche molto varie, alle volte contrastanti: un’eterogeneità che si condensa miracolosamente in un unico stile, marchio di fabbrica di Les ballets, che viene percepito come omogeneo sebbene anarchico ed eclettico. Uno stile in qualche misura post-realistico ”“secondo quanto espresso dallo stesso Platel- in cui gli artisti hanno a disposizione solo una manciata di elementi coi quali giocano definendo trama e spazi vuoti utilizzando linguaggi artistici diversi: dall’opera, alla scultura, alla letteratura. Mimo, arte circense, pedagogia e impegno sociale, infatti, si fondono nel teatro di Les Ballets, ambasciatore culturale dell’ Unesco-IHE, Institute for Water Education.
Metafora dichiarata del mondo contemporaneo, flusso di influenze provenienti da diverse culture, luogo esasperato di comunicazione che rischia di ostacolare la reale capacità di comprensione tra persone, la compagnia durante lo spettacolo pretende di utilizzare anche gli spazi occupati dal pubblico muovendosi in platea e mimando qualcosa che può essere molto vicino alla realtà pur non essendolo affatto. Un sistema di collective management che coinvolge tutti, dai coreografi alla direzione; il collettivo amministrativo e quello artistico sono infatti mondi quotidianamente comunicanti.
La forma organizzativa comprende da una parte il cosiddetto General Meeting, in cui sono rappresentati i componenti dell’organizzazione, dall’altra il Consiglio direttivo, che ha la responsabilità delle attività della compagnia verso l’esterno ed il governo. Esiste una forte interazione con il team artistico a cui vengono lasciati vasti spazi d’azione. Ogni singolo componente lavora allo stesso livello di tutti gli altri. Ciascuno, sebbene con funzioni diverse, si muove verso uno stesso obiettivo, con l’esatta consapevolezza della direzione da prendere. Un ecosistema aperto in cui spesso bisogna fare posto ad altre persone, un metodo di lavoro forse destabilizzante ma anche rivitalizzante. Un’organizzazione non rigida in cui non si lavora necessariamente in armonia, ma nella quale tensioni e critiche sono permesse perché tutto possa essere riconsiderato. In poche parole un vero caos creativo nel quale ciascuno si fa carico dei propri compiti e delle conseguenze derivanti dalle proprie responsabilità .
L’eterogeneità all’interno della compagnia come specchio della flessibilità della struttura: una struttura che è sempre al servizio della creatività , e non il contrario.

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