E’ sera. Seduta davanti al mio occidentalissimo portatile, ripenso alle emozioni vissute e ai tanti incontri avvenuti, ai primi giorni qui, a Dakar. L’inizio del lavoro è stato quantomeno bizarre, un po’ come noi italiani secondo i vicini di casa marocchini. Perdute le valigie e quindi senza abiti, Tiziana ed io decidiamo di affrontare la follia di Sandaga, alla ricerca di pantaloni possibilmente non troppo da turisti; lasciamo il mercato con un abbigliamento a tinte forti e un invito per l’inaugurazione di una mostra di pittura.
Così, semplicemente e “alla senegalese” parte tutto ciò che non abbiamo programmato in Italia, e che va ulteriormente ad arricchire il nostro progetto e allargare la rete di collaborazioni. Al vernissage presso l’Assemblea Nazionale scopriamo l’Associazione Am Art e gettiamo le basi per una collaborazione; grazie a Barkinado Bocoum, prendiamo contatti con Mohamadou Ndoye “Douts”, pittore e autore del premiato film d’animazione “Train Train Medina”.
Stabiliamo un giorno per un appuntamento presso il suo atelier. Presentiamo il nostro progetto, raccogliamo l’entusiasmo di Douts e, chiacchierando nel suo salotto, arriviamo a parlare di un murale visto nei dintorni della Grand Mosquée. Con nostro grande stupore, veniamo a sapere che, in questo strambo paese, i graffitari firmano i lavori con il proprio numero di telefono; ingrandendo una fotografia, risaliamo all’autore di quel dipinto, lo chiamiamo e ci facciamo raggiungere. In meno di venti minuti e imprevedibilmente, Moussa Fall diventa nostro partner, portando con sé entusiasmo e determinazione. Questa è sicuramente la terra dell’imprevedibile, del nascosto e delle grandi opportunità . Il nostro progetto è stato compreso, capito e difeso; fortunatamente o meritatamente.
Ho lasciato l’Italia con la convinzione che questo fosse il luogo giusto da cui partire per parlare di Luoghi Impossibili e iniziare un lavoro pubblico e critico, ma sapevo che lavorare su terreno africano non sarebbe stato semplice; sapevo quanto il Senegal fosse particolare. Sapevo che, qui, si deve avere pazienza, costanza e soprattutto essere ricettivi e pronti ad accogliere sollecitazioni improvvise, cambi di programma, messe a soqquadro di piani organizzativi, sorprese non sempre positive. Qui bisogna tenere il livello di guardia alto e, contemporaneamente, aprire cuore e cervello, lasciandosi sempre un pochino scoprire. A volte, rischiando.
Sento ancora la rabbia e l’insofferenza accumulata nei confronti di coloro che in qualche modo hanno tentato di sfruttare la nostra presenza qui, per motivi più o meno personali, più o meno puliti.
In qualsiasi caso, tutto quello che abbiamo vissuto ha fatto scuola e, ora, ci permette di ricordare con il sorriso i momenti vissuti. Stiamo facendo programmi a lungo termine.
Stiamo già pensando ad un ritorno.