I monasteri sono stati luoghi di pensiero e non di rado di esclusiva pratica religiosa, di conservazione, addirittura, di determinate ortodossie; al massimo, sono stati punti di riferimento politico-territoriale per le popolazioni che vivevano in territori divisi e spesso in conflitto tra loro.
Il progetto europeo Interreg III C “Mo.No.Pi.” si è proposto, nella sua prima fase di realizzazione, conclusa nel dicembre 2006, di analizzare proprio l’aspetto della gestione di grandi patrimoni culturali, quali certamente sono i monasteri. E’ noto quale sia il ruolo positivo che queste strutture hanno spesso avuto per una crescita culturale per le genti ad esse vicine.
Oggi guardiamo con grande interesse ad una evoluzione significativa. Valutare le “buone pratiche” dei monasteri significa entrare dentro queste strutture, significa mettere in relazione ciò che si fa dentro con quello che accade fuori, insomma viene offerta la possibilità  di realizzare un circuito virtuoso tra amministrazioni pubbliche e bene religioso. Questa metodologia di ricerca ha rappresentato indubbiamente una novità : da una parte, i monasteri sono stati considerati come luoghi da studiare e, eventualmente, da prendere a esempio dal punto di vista dei metodi di gestione e del rapporto con il territorio circostante.
Dall’altra, ogni monastero è stato studiato e analizzato per elaborare nuove ipotesi di gestione e di sviluppo, e in particolare per verificare se, e in che modo, queste strutture possano diventare un volano di sviluppo per il territorio di appartenenza.
Il Lazio, da questo punto di vista, si trova in una posizione privilegiata: nel territorio laziale tutti i monasteri sono attivi e hanno ancora un ruolo significativo, al contrario di quanto avviene in altre zone. Per esempio, in Germania le strutture monastiche rimangono in piedi, ma senza più nessuna finalità  religiosa. In un quadro più allargato, c’è la speranza che la valorizzazione dei monasteri europei, come si è proposto il progetto Mo.No.Pi., possa contribuire a svolgere un ruolo positivo tra le confessioni religiose e il mondo contemporaneo. Riuscire in questa operazione non è certo cosa semplice né immediata, ma è quello che si sta tentando di fare sviluppando il tema in una fase successiva al termine dei lavori.
L’intenzione sarebbe quella di approfondire gli argomenti trattati dal progetto, sia con la creazione di un “Osservatorio europeo dei monasteri”, che – ci si augura – possa rientrare nella prossima stagione di programmazione comunitaria, sia come ricerca che possa aggiungere sostanza e prospettive alle tematiche trattate, travalicando anche i confini di tempo del progetto.
Qualsiasi operazione culturale, in cui si è creduto e lavorato, mettendo a frutto e a confronto conoscenze e metodologie, non deve, infatti, concludersi con la sua scadenza temporale: se le attività  svolte servissero solo a impegnare risorse ed energie “a tempo”, si rischierebbe di perdere di vista l’obiettivo ultimo e più largo della progettazione europea, che pone il “lavorare insieme” come strumento fondamentale non tanto per uno scambio di esperienze tra paesi, ma con il fine di contribuire a una crescita comune che ci veda davvero cittadini di una stessa Europa.