Fra i nodi irrisolti del rapporto tra sviluppo, territorio e risorse nella regione Lazio vi è indubbiamente la debolezza di una identità  regionale che non rappresenta la varietà  e la versatilità  dei contesti e resta schiacciata su Roma, capitale e capoluogo.
Ne derivano oscillazioni delle politiche del territorio fra ipotesi di decentramento e subitanei ritorni al centro. All’ombra di Roma (o forse al suo riparo?) il Lazio toscano, il Lazio umbro-marchigiano, il Lazio abruzzese-molisano”“campano non hanno fra loro relazioni, se non attraverso la capitale-capoluogo che tiene le fila. Ma il collante che impedisce la disarticolazione non produce integrazione.
Roma ha sostenuto il Lazio in termini di risorse e occupazione, di servizi ordinari ed emergenti, e in termini di immagine: diversamente, la regione non esisterebbe. Ma tale condizione, legata alle storiche esigenze di rappresentazione del ruolo della capitale, appare da tempo insoddisfacente per entrambi i contraenti, la capitale – capoluogo e i territori oltreroma: la metropoli costretta a una funzione di sostegno che confligge con l’aspirazione a proporsi come città  di qualità , internazionale e globale, i territori del Lazio che galleggiano nella ambiguità  fra protagonismo e calcolata dipendenza che avvilisce le identità  e comprime le potenzialità  di uno sviluppo locale autocentrato.
In entrambe le condizioni c’è una difficoltà  a “rischiare” nuovi sviluppi e a risolvere l’endemica contraddizione fra aspirazioni e interessi radicati delle comunità , e interessi dei loro rappresentanti: se la preponderanza di Roma comprime le realtà  subregionali e quindi l’idea di una regione plurale, dall’altra parte la debolezza delle identità  territoriali è sempre più condizione soggettiva, riparo anche culturale nel quale i localismi possono prolungarsi rinviando sine die il confronto con le nuove condizioni della competizione territoriale. Varie iniziative sono state realizzate, e alcune sono ancora in corso, in conformità  con gli obiettivi “fissati” di sviluppo locale e di coesione sociale: conformi, ma non sempre coerenti, soffrono spesso di irrisolte mediazioni fra convinzione e mera opportunità , fra nuove ipotesi della cooperazione locale e vecchie pratiche di gestione localistica di rapporti, reali o immaginari, con il centro regionale.
La cultura dello sviluppo locale è, paradossalmente, ancora e soprattutto un patrimonio del centro e di alcune élite. Quanto dello sviluppo locale, infatti, è andato oltre l'”occasione” di contingenti vantaggi di programmazione, quanto è entrato stabilmente dentro la cultura ed i meccanismi di autogoverno locale? Quanto nella pianificazione e gestione ordinaria del territorio? Quanto nella soluzione cooperativa di relazioni intercomunali riferite a medesime risorse e problematiche territoriali? Ancora poco, rispetto ai tempi più che decennali decorsi dalle prime esperienze.
Vi sono, è vero, difficoltà  oggettive, punti di riferimento e supporti che mancano. Lavorare a superarli consentirebbe nuove relazioni con le realtà  territoriali dell’Italia centrale e prospettive diversificate di sviluppo, gestibili in sede di nodi subregionali e non vincolate alla onnipresente mediazione dell’area romana. Nuove aperture, espressione dei caratteri multiformi del Lazio, che darebbero un ruolo e un senso nuovi allo sviluppo locale. L’equilibrio, irrisolvibile nei confini geografici regionali, può dunque trovare una nuova dimensione nell’ambito macroregionale, se vi sarà la convinzione che lavorare al rafforzamento dell’aspetto policentrico significa allo stesso tempo porre le condizioni di nuove qualità della città metropolitana romana e di una regione aperta, non più residuo dello stato pontificio con qualche aggiunta, o della Roma imperiale del ventennio.