“Persone connesse, persone che si esprimono”, forse questa definizione di Luca de Biase (direttore di Nova) è quella che meglio permette di capire l’essenza del Web 2.0. Ma cos’è il Web 2.0? Un’etichetta che nel 2004 O’Reilly coniò per dare un nome a quei cambiamenti che stavano modificando lo spazio virtuale. Il principio fondamentale di questa forma evoluta di internet è “il web come piattaforma”: l’uso di software che non vanno scaricati sul proprio pc, ma utilizzati on line e, dunque, creano un traffico in rete sempre maggiore, ovvero “persone connesse”.
Queste nuove tecnologie (xml, javascript, css, ajax, etc.) hanno reso la rete partecipativa permettendo a tutti gli utenti, non solo ai tecnici, di riversare contenuti, incontrarsi, “esprimersi” e diventare fonte di sviluppo e crescita dello stesso sito/software che utilizzano. Esempi di questo nuovo approccio sono, tra gli altri, i famosissimi Google, Wikipedia, ovviamente i blog.
I risultati? I siti diventano servizi, i dati si trasformano in informazioni e gli utenti in autori. Infinite sono le opportunità  del web 2.0 nell’ambito dei beni culturali: amplia le modalità  di accesso, consumo e studio, sia per le grandi istituzioni che per le piccole realtà .
A livello europeo è partito il progetto BRICKS (Building Resurces for Integreted Cultural Knowledg Service) una piattaforma, in modello open source, per la creazione di biblioteche digitali dove professionisti dell’Ict, curatori di istituzioni culturali, etc. possono partecipare alla community di sviluppatori. La nuova era del web si basa sulla filosofia della partecipazione diffusa e del sapere condiviso, dunque anche le realtà  minori hanno ampio raggio di azione; basti pensare al progetto Open Alexandria, promosso dall’associazione LiberLiber, il cui scopo è realizzare una biblioteca telematica di contenuti culturali liberi (dalla musica, alle fotografie, ai libri,…) attraverso una piattaforma multimediale, accessibile e implementabile dai grandi centri di ricerca come dai singoli volontari.
Altro esempio tutto italiano è quello di Storiaindustria, sito dedicato alla memoria industriale del Nord Ovest in cui la community di utenti-autori, tramite la WikiRedazione, può contribuire inserendo contenuti originali e modificando quelli esistenti. Esperimento non classificabile, ma certamente intrigante, per la flessibilità  delle sue prospettive, è l’archiviazione della memoria del suono: grazie agli upload degli utenti, vengono archiviati i suoni del paesaggio urbano.
Ritornando alle caratteristiche di questa rete evoluta, non si può non menzionare il real time: tramite strumenti facilmente utilizzabili (come wordpress e feed) i contenuti vengono pubblicati, classificati, indicizzati nei motori di ricerca e diffusi immediatamente. La presenza di tutti questi contenuti porta alla nascita di social network, gruppi di persone con interessi comuni che condividono pensieri, conoscenze, link ai siti di loro interesse e che si rivelano fonte di informazioni, divulgatori e “ricettori” di argomenti di nicchia.
Il web 2.0, dunque, per un universo come quello legato ai beni culturali, perennemente alla ricerca di fondi, sponsor e quant’altro, è un’occasione imperdibile, anche per la possibilità  di effettuare campagne promozionali a costo zero. Infatti molti sono i siti, compresi quelli di settore come il blog culturale della Regione Lazio, che permettono di far conoscere a un ampio spettro di utenti le proprie attività  e i propri servizi.
Sta ora agli addetti ai lavori utilizzare al meglio le opportunità  che la rete offre.

Riferimenti:

www.xyz.reply.it/web20/