Intervista a Patrizia Asproni, Presidente di Confcultura

Fondata nel 2001, Confcultura è l’unica organizzazione italiana rappresentativa delle imprese private che gestiscono i servizi per la valorizzazione, fruizione e promozione dei beni culturali.
La sua Presidente, Patrizia Asproni, ha offerto a Tafter uno scorcio della sua visione dello stato dell’arte relativo alla gestione del patrimonio italiano, evidenziando prospettive di crescita e debolezze di una realtà ancora, in parte, contraddittoria.

Qual è la sua percezione della concezione oggi diffusa presso i vertici delle istituzioni culturali pubbliche in merito alla necessità di una collaborazione tra pubblico e privato nella gestione dei beni culturali?
Ritengo che oggi sia il pubblico che il privato siano arrivati a credere che la collaborazione fra i due comparti sia indispensabile per portare avanti la gestione dei beni culturali, e, di conseguenza, la loro valorizzazione. Credo che le Soprintendenze, le Direzioni dei musei, ma anche le Direzioni regionali (che adesso sono investite di maggiori poteri) abbiano capito che l’apporto del privato è stato fondamentale: la maggiore efficienza ed efficacia di intervento del privato ha portato ad un maggiore introito per i musei, con un forte contributo al loro funzionamento.

Alla luce dell’accordo che è stato recentemente firmato tra Confindustria e Confcultura, che affrontava, in particolare, il tema della visibilità del patrimonio italiano all’estero: ritiene che tale visibilità rappresenti un problema?
L’accordo è importantissimo perché la visibilità del patrimonio presso i paesi stranieri dipende anche dalla sua gestione. Quello che le imprese italiane che operano all’estero hanno potuto riscontrare, è che il primo biglietto da visita per l’immagine dell’Italia è il nostro patrimonio di beni culturali. Le imprese italiane, anche quelle che non operano specificatamente nel settore, hanno quindi capito che i beni culturali sono un valore aggiunto che offre un vantaggio competitivo che nessun altro paese può eguagliare. Non possiamo prescindere da quel che siamo stati, dal nostro passato, dal nostro patrimonio, per posizionarci in quello che siamo oggi e in quello che saremo in futuro.
Il genio di Leonardo da Vinci, che nel rinascimento ha inventato l’aereoplano e il sottomarino, oggi si ritrova nella creatività dei nostri designers, delle nostre aziende, un valore che difficilmente potrà essere imitato.

Il project financing applicato al settore culturale: sa fare una valutazione delle possibilità di applicazione effettiva che esistono in Italia da qui a 10-15 anni?
La possibilità del project financing per i beni culturali è una norma che è stata introdotta molto recentemente, da un anno circa, nel Testo Unico degli appalti. E’ stato un passo molto importante perché ha dato la possibilità al privato di intervenire dove lo Stato non trova le risorse. E’ un cambiamento di punto di vista, che dà al privato la possibilità di proporre un progetto integrato e articolato, e allo Stato la certezza della selezione migliore. Il project financing è inoltre un istituto perfetto per i piccoli musei o siti “minori”, quelli cioè che fanno più fatica a trovare risorse.

In merito all’attività di lobbying applicata alla gestione dei beni culturali: qual è la sua posizione su questa realtà ?
Il concetto di lobbying in senso anglossassone fa parte delle culture avanzate. Quando il lobbista rende chiaro il suo obiettivo, si tratta di una attività più che legittima. Purtroppo in Italia lo confondiamo spesso con l’”inciucio”, che è tutta altra cosa!

Quanto ritiene che l’Italia sia lontana dall’eccellenza in materia di gestione di beni culturali? Esistono esempi di eccellenza, a suo parere?
La legge Ronchey, che ha permesso la nascita delle strutture di servizio nei musei, risale, come sappiamo, al 1993 come emanazione e al 1996 come prima applicazione. Se pensiamo che i servizi all’interno dei musei in Francia, per esempio, esistono da 150 anni; se pensiamo che i musei americani sono nati con i servizi, è ovvio che siamo veramente all’inizio di questo percorso, con tutti i limiti del caso. Stiamo faticosamente trovando la strada giusta per offrire al pubblico musei e servizi efficienti, e credo che potremo trovare “una via italiana” all’eccellenza.