Il paradigma del Web 2.0 si è oramai pienamente affermato, grazie alle caratteristiche di dinamismo e interazione della rete, con una massiccia diffusione dei social network e della condivisione di file e conoscenza on line. Esempi di questo approccio sono i famosissimi Google, Wikipedia e, ovviamente, i blog. E proprio dalla blogosfera, capofila quella Usa, la stessa definizione comincia a suscitare qualche resistenza e si inizia a sentenziare la fine del fenomeno.
La maturazione del web starebbe sfociando nel cosiddetto Web 3.0, noto anche come Web semantico. Con il termine Web Semantico si intende la trasformazione della Rete in un ambiente in cui i documenti pubblicati (pagine HTML, file, immagini, e così via) sono associati ad informazioni e dati (metadati) che ne specificano il contesto semantico in un formato adatto all’interrogazione, all’interpretazione e, più in generale, all’elaborazione automatica. Con l’interpretazione del contenuto dei documenti che il Web Semantico propugna, saranno possibili ricerche molto più evolute delle attuali, basate sulla presenza nel documento di parole chiave, ed altre operazioni specialistiche come la costruzione di reti di relazioni e connessioni tra documenti secondo logiche più elaborate del semplice link ipertestuale. Infatti, attualmente, non sempre la Rete ci porta dove ci attenderemmo e le difficoltà  d’orientamento sono significative quando siamo alla ricerca di qualche cosa e non sappiamo dove reperirlo. Scorrere una lunga quantità  di elenchi alla ricerca dell’informazione desiderata è ormai pratica quotidiana, soprattutto quando la ricerca interessa un termine piuttosto comune.
Diffusa è la percezione del web semantico come un precursore della tanto temuta intelligenza artificiale, per la capacità  delle pagine di avere “personalità ”; ma più semplicemente si tratta di una marcatura dei documenti, di un linguaggio gestibile da tutte le applicazioni e dell’introduzione di vocabolari specifici, ossia insiemi di frasi alle quali possano associarsi relazioni stabilite fra elementi marcati. Insomma, lo scopo è far assomigliare il web meno a un catalogo e più a guida ragionata.
Tim Berners-Lee, co-inventore del World Wide Web insieme a Robert Cailliau e primo teorizzatore del ‘Semantic Web’ per la prima volta nel 2001, ha sottolineato che uno degli elementi fondamentali del web semantico sarà  la compresenza di più ontologie.
Quale vantaggio per noi utenti? Difficile fare previsioni. A partire dai grandi nomi del cyber-business, molti sono i soggetti che intendono sfruttare al meglio l’efficacia degli algoritmi dei “page rank”. Google, per esempio, tramite il finanziamento di progetti come il KnowItAll all’Università  di Washington, apre le strade del futuro. Una delle tecnologie allo studio, battezzata Opine, si pone come estensione diretta e ragionata del classico user generated content: estrarre e aggregare recensioni o consigli per specifici prodotti pubblicati su vari siti. Lo stesso veterano delle ricerche sull’intelligenza artificiale, Daniel Hillis, ha fondato Metaweb Technologies. L’azienda sta migliorando applicativi già  sviluppati per agenzie militari e di intelligence statunitensi, un po’ come ai tempi del Darpa pre-Internet, e il sito non specifica quali servizi vada approntando, se non che stanno costruendo un’infrastruttura migliore per il web. Analogamente, Radar Networks prevede di rilasciare il primo pacchetto commerciale entro la fine del 2007, adeguato alla “prossima frontiera per la ricerca, la pubblicità , la distribuzione di contenuti e il commercio”. Oltre al citato Google, a dar man forte a simili start-up c’è anche Big Blue, il cui centro ricerche nella Silicon Valley si concentra su sofisticati sistemi di data-mining; uno di questo, il famoso Web Fountain, ha consentito di determinare in anticipo i brani musicali più venduti studiando l’andamento di vari social network affollati da giovani e studenti di college. Il trend è giovane ma assai convinto, nonché trainato da forti interessi commerciali. Anche nel settore dei beni culturali il web semantico preannuncia applicazioni che lasciano prospettare grandi novità.
Lo stesso Tim Berners-Lee si fa portavoce del sistema CIDOC Conceptual Reference Model, creato per il trattamento semantico delle informazioni sui beni culturali, che si sta avviando all’emanazione come standard ISO ISO/PRF 21127. The CIDOC CRM ha l’obiettivo di promuovere la condivisione di conoscenza del patrimonio informativo culturale, fornendo un struttura semantica comune e condivisa in cui ogni informazione può essere “mappata”. La ricerca mira ad individuare un linguaggio per esperti di domini e programmatori per formulare interrogazioni per un sistema informativo e diventare una guida che fornisca modelli concettuali. Si propone di essere, quindi, una sorta di “collante semantico” necessario alla mediazione tra risorse differenti del patrimonio informativo del settore culturale, come quelle su musei, archivi e biblioteche. Non ci resta che aspettare.

cidoc.ics.forth.gr
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