Metti una immensa tenuta barocca di 200 mila metri quadri lasciata all’incuria e al saccheggio per più di mezzo secolo; metti l’interessamento di istituzioni locali e nazionali che hanno elaborato piani di intervento ed elargito finanziamenti che ne permettessero il recupero funzionale e architettonico; metti il più barocco tra i registi contemporanei, che è anche acuto filologo e archeologo, ed ecco gli ingredienti che hanno permesso il ritorno alla vita e allo splendore di quella che, nel lontano 1996, l’allora Ministro dei Beni Culturali Walter Veltroni definì “una Versailles abbandonata”.
La protagonista di questa vicenda è la Reggia di Venaria, una dimora di villeggiatura voluta dal duca Carlo Emanuele II di Savoia, situata alle porte di Torino. Commissionata nel 1658 all’ingegnere ducale Amedeo di Castellamonte la sua costruzione si protrasse però, non senza interruzioni e modifiche al progetto originale, fino al 1765 quando raggiunse l’apice dell’espansione architettonica e della vitalità . La gloriosa residenza di caccia e di piaceri era destinata però ad attraversare anche momenti meno felici, se non di completo oblio. Abbandonata e defraudata delle sue ricchezze durante la Seconda Guerra Mondiale quella che un tempo era una reggia di sfolgorante bellezza, già alla metà del XX secolo appariva ridotta a un rudere pericolante. Ci sono voluti 8 anni di lavori, 200 milioni di euro e una costante supervisione delle fasi di recupero per restituire la Venaria al suo antico splendore, con la differenza che ora essa è rinata come impresa culturale destinata a ospitare molteplici pubblici e a offrire loro svago e impegno culturale.
La dimora sabauda ha riaperto infatti le porte al pubblico il 13 ottobre 2007 con La Reggia di Venaria e i Savoia. Arte, magnificenza e storia di una corte europea, una monumentale esposizione realizzata dal Castello di Rivoli che ripercorre i secoli d’oro della dinastia tra Cinque e Settecento. La mostra conta circa 400 tra dipinti, opere d’arte e oggetti preziosi provenienti da collezioni private, da raccolte pubbliche e da musei internazionali tra cui il Prado, il Louvre, l’Hermitage e la Gemà¤ldegalerie di Berlino.
Accanto alla mostra ufficiale, fatta di oggetti materiali, di tangibili documenti di un’epoca e di uno stile, si colloca una testimonianza imprevedibile e, a suo modo, innovativa. Si tratta del contributo offerto da Peter Greenaway, l’eccentrico e poliedrico artista gallese che per l’occasione ha fuso la propria passione storico-filologica e la propria verve creativa realizzando un film che evade dalle sale cinematografiche e si insinua in quelle della corte sabauda. Si tratta di Peopling the Palace, un lungometraggio girato in gran segreto e finanziato per 1 milione di euro dalla regione Piemonte. Proiettato sulle pareti di alcune sale della reggia, è un tentativo di descrivere gli ambienti secondo la loro originaria destinazione d’uso. Le cucine, le sale da pranzo o le stanze da letto improvvisamente riprendono vita grazie a una moltitudine di personaggi virtuali. Dame, stallieri, nobili e cuochi si muovono nello spazio descrivendo azioni quotidiane e familiari, in più mettendo in mostra i vezzi segreti di una classe votata al potere. Da questo punto di vista Peopling the Palace è molto più di un film: è un’opera d’arte contemporanea in cui lo schermo cinematografico si sovrappone e si mescola allo spazio libero delle odierne installazioni multimediali, dando vita a un linguaggio ibrido che sta a cavallo tra pittura e video arte. Con duecento pagine di sceneggiatura e 170 scene tutte girate in interni, l’intervento di ri-popolazione virtuale della Venaria si inscrive in un più ampio interesse storiografico che Greenaway aveva iniziato a realizzare sin dal 1982 con la presentazione a Venezia del film Il mistero del giardino di Compton House.
La passione per la ricostruzione meticolosa delle scenografie, dei costumi e delle mode del tempo si ritrova anche in Prospero’s Books del 1991 – una ri-lettura in chiave magica e mitologica de La Tempesta di Shakespeare – e nel recente Nightwatching in cui il regista si accosta alla vita del pittore Rembrandt.
In ultimo è interessante ricordare che per tale progetto Greenaway si è avvalso della collaborazione di numerosi giovani selezionati attraverso il progetto di formazione 10×4, promosso dalla Mediateca e dal DAMS di Torino in collaborazione con l’Associazione Volumina, di cui Greenaway è presidente onorario.