La Festa Internazionale del Cinema di Roma, la cui la prima edizione ha avuto luogo nell’ottobre 2006 ad opera della sola Fondazione Musica per Roma, quest’anno è stata promossa dalla Fondazione Cinema per Roma, nata lo scorso 13 febbraio 2007 su iniziativa della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Roma e della Fondazione Musica per Roma (a cui si aggiungeranno la Regione Lazio, la Provincia e il Comune di Roma in qualità di soci fondatori).
Inserita in un ampio calendario di iniziative che prevede di restituire alla città capitolina l’antico primato nella programmazione culturale del Paese, la seconda edizione della Festa si è conclusa con l’assegnazione del Marc’Aurelio d’oro al miglior film in concorso, Juno del regista canadese Jason Reitman. L’elegante cerimonia di premiazione, impreziosita dal concerto diretto dal maestro Ennio Morricone nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium, ha dato spazio anche a importanti riflessioni circa l’attuale stato di salute dell’industria cinematografica italiana.
Il clima festoso della kermesse romana è stato infatti “interrotto” dalla proiezione di una video-lettera, realizzata dal movimento dei 100 Autori (www.100autori.it), che ha voluto riportare l’attenzione degli spettatori ”“ uomini d’affari e di spettacolo, nonché giornalisti e critici ”“ sui problemi della cinematografia nostrana. In primo luogo è stato messo in risalto lo scarso sostegno finanziario e normativo che lo Stato italiano garantisce, in nome della tutela del patrimonio e della pluralità , a un’industria che in stato di salute è in grado di impiegare migliaia di lavoratori nel proprio indotto, creando reddito sia diretto sia indiretto. L’industria cinematografica paga ogni anno allo Stato 450 milioni di euro contro i 50 che riceve, nonostante rappresenti un settore produttivo in grado di generare uno tra i più alti moltiplicatori economici: da questo punto di vista quella cinematografica è paragonabile a industrie come la FIAT, che in proporzione ha ricevuto dallo Stato un sostegno pari a 10 mila anni di finanziamento al Cinema.
In secondo luogo, l’attenzione dei 100 Autori è caduta sul potere dei network televisivi, i quali attualmente rappresentano gli unici attori in grado di condizionare la politica culturale del Paese imponendo non solo i propri target di produzione, di diffusione e di fruizione ma condizionando le abitudini stesse della popolazione.
La scossa polemica giunta in chiusura del festival ha così messo in evidenza le anime reali e quelle potenziali della manifestazione romana. Da una prospettiva puramente cinefila, l’ancor giovane kermesse post-veneziana ha mostrato le sue aspirazioni da grande festival disponendo sul campo una notevole quantità di film (più di 200) distribuiti nelle diverse sezioni del programma. Accanto alla sezione IN CONCORSO, che rappresenta l’anima competitiva della manifestazione, la maggiore risonanza mediatica è stata raccolta da PREMIERE, una sezione non competitiva dedicata alle grandi anteprime internazionali e al red carpet delle star. Nonostante la chiara vocazione spettacolare il festival ha saputo riservare grande attenzione a pellicole sperimentali, programmate nella sezione EXTRA, e al mondo dei ragazzi, con la selezione internazionale di film della sezione ALICE NELLA CITTA’.
A margine della BUSINESS STREET, l’esclusivo circuito in cui produttori e distributori hanno promosso accordi intorno ai prodotti audiovisivi presentati in concorso, quella di Roma è stata soprattutto una grande festa popolare capace di non ridursi a un meeting di soli appassionati e addetti ai lavori. La grande partecipazione di pubblico – 600 mila visitatori, 110 mila biglietti emessi per le proiezioni a pagamento e più di 7 mila accreditati – ha rappresentato inoltre un importante indice per misurare il grado di accoglienza riservato alla neonata competizione romana, la quale si è dovuta ritagliare un proprio spazio tra le programmazioni del Festival di Venezia (che si tiene a cavallo tra agosto e settembre) e quelle di Torino (a metà novembre), suscitando non pochi dubbi e polemiche circa la sua effettiva necessità. Di fronte agli attacchi il festival ha giocato le sue carte migliori dimostrando sin da subito una solida struttura organizzativa e una chiara vocazione: ridurre il disavanzo che esiste in fatto di programmazioni culturali tra la città di Roma e le città del nord Italia, prime tra tutte Milano e Torino. Tale compito viene condiviso anche dal prestigioso scenario in cui la Festa del Cinema è stata collocata: l’Auditorium Parco della Musica. Il complesso multifunzionale dedicato alla musica, realizzato da Renzo Piano con una struttura che ricorda la forma di tre casse armoniche, è divenuto nel giro di pochi anni il principale luogo della propulsione culturale ed economica della città. La sua dislocazione, la sua capacità ricettiva, la sua bellezza architettonica e la sua ricercatezza ingegneristica lo rendono il posto ideale, accanto a quello simbolico rappresentato dalla Casa del Cinema, per ospitare una manifestazione cinematografica a vocazione internazionale. La sua fortuna nasce da un preciso indirizzo conferitogli dagli amministratori e dai soci fondatori della Fondazione che ne gestisce la struttura: offrire uno spazio permanente per la promozione di eventi culturali (in ogni sua forma) e artistici all’interno della città eterna, conferendo dinamicità e arricchendo le già ampie prospettive internazionali di quella che non è una città come le altre, ma un enorme museo a cielo aperto. Insomma quella della Festa del Cinema e dell’Auditorium sembra essere un connubio perfetto, destinato a durare nel tempo.
In altre parole la Festa del Cinema di Roma, oltre ad essere uno strumento per la creazione, la promozione e la valorizzazione del cinema, della cultura cinematografica e dell’audiovisivo, è stata un grande evento pubblico e mediatico situato nel cuore della città.
La kermesse romana dovrà ora dimostrare di saper costruire una sua solida identità, di saper elaborare una propria “formula” a partire dai punti di forza e dal contesto in cui si colloca. Dovrà individuare il ruolo esatto della proposta culturale che intende promuovere in un panorama come quello italiano dove esistono già manifestazioni internazionali importanti, e porsi interrogativi come a quali condizioni è salutare preferire la risonanza mediatica dei divi alla qualità delle pellicole da selezionare, o come è possibile creare presupposti pedagogici per l’innescarsi di circuiti virtuosi in cui offerta culturale e pubblico possano co-evolvere nella direzione di una crescita del livello culturale dell’intero Paese.
Ad essa va, comunque, riconosciuto il merito di avere aperto un dialogo inatteso fra artisti, operatori del cinema e Governo su problematiche finora tenute lontane da manifestazioni come questa. La video-lettera dei 100 Autori oltre ad aver dipinto il quadro sbilenco della cinematografia italiana, ha prodotto seri effetti – diretti, indiretti o soltanto collaterali – sulla Finanziaria 2008, nella quale è stato introdotto per la prima volta il cosiddetto tax shelter che rivoluziona il metodo dei finanziamenti privati all’industria cinematografica. Grazie a questo intervento, chi investirà nelle produzioni cinematografiche nei prossimi tre anni, godrà – ad esempio – di un reddito d’imposta del 40% per un investimento massimo di 3 milioni di euro.
La Festa del Cinema di Roma ha, così, individuato almeno una delle potenzialità inespresse di un festival che, oltre a offrire svago divertimento e cultura, dovrebbe rappresentare il luogo ideale in cui meditare sulle emergenze da risolvere per rendere migliori le città che abitiamo e, in prospettiva macroscopica, il mondo intero.