Marginalità come situazione in cui si viene a trovare chi infrange norme sociali e codici di comportamento stabili e non violabili all’interno di una comunità , ma anche come condizione opposta a quella di centralità , polo dialettico di definizione di un territorio in divenire. L’artista danese Jens Haaning opera fin dall’inizio del proprio lavoro all’interno di queste dinamiche sociali che sono diventate anche il punto di partenza del workshop che ha tenuto nella città di Arezzo con i giovani artisti di Networking 2007.
Come preparare un workshop tenuto da Jens Haaning? Semplice, è sufficiente un orologio con un timer che segni lo scadere di ogni ora di lavoro. Soltanto questo è servito all’artista per avviare il lavoro.
Il timer, che segnava un’ora di lavoro trascorsa, interrompeva bruscamente la discussione: lo scorrere del tempo ed il richiamo alla fisicità della situazione presente irrompeva sulla scena deviando e riconfigurando continuamente il dibattito. Per i partecipanti il primo impegno del workshop è stato il dover cercare in città e riportare presso il luogo di incontro un esempio di “printed matter”, ovvero stampati provenienti da pagine di giornali, riviste, libri o poster che in qualche modo rappresentassero indizi del territorio aretino e di come questo è vissuto dai suoi abitanti. Ogni artista ha raccolto i materiali più vari – flyer, fogli di preghiere, pubblicità , quotidiani – che potessero, a loro parere, essere testimoni e portatori di significato di una particolare realtà della città e raccontare come il territorio urbano è immaginato e descritto. Al ritmo scandito dalle lancette e dal timer è stata intrapresa una lunga conversazione sulle condizioni di centralità e marginalità presenti nella città di Arezzo e, più in generale, sulle dinamiche che nella contemporaneità creano tali condizioni all’interno di un territorio.
Quali sono gli elementi urbani e sociali che possono definire uno spazio sociale? In che modo queste caratteristiche vengono comunicate e percepite dalla gente? Quali sono le condizioni di esclusione sociale in cui una persona si rende conto di appartenere a un contesto marginale? Cosa crea marginalità sociale in un contesto globale? Un luogo dove contemporaneamente l’idea di centralità e quella di marginalità si scontrano è stato individuato nella chiesa: uno spazio ospitante una determinata comunità di persone che, forte della propria identità religiosa, tende ad assumere un ruolo sociale inclusivo ed esclusivo allo stesso tempo. Dal proposito di riconsiderare questi rapporti è nata Cathedring, una riproduzione commestibile della Cattedrale di Arezzo che, durante l’apertura al pubblico del workshop, è stata protagonista di un particolare momento conviviale. Il potere aggregante della chiesa di Arezzo è stato sintetizzato e, in qualche modo, riconsiderato in un’opera che si lascia aperta a molteplici livelli di lettura. La medesima complessità semantica è riscontrabile nelle altre opere realizzate durante il workshop: in questi casi, come nell’opera di Haaning, è risultato che il ruolo delle pratiche artistiche sia rintracciabile nella capacità di suscitare domande complesse piuttosto che nel prescrivere soluzioni. Soluzioni, peraltro complesse, come quelle del progetto Proposte architettoniche per Arezzo, dove il paesaggio aretino raffigurato su semplici cartoline postali viene reinterpretato tramite il taglio e l’asportazione dei monumenti significativi. Al contrario di Cathedring, dove l’opera si realizza prima per accumulo, per poi lentamente decostruirsi, in questo caso si procede per sottrazione.
La città, mancante dei suoi monumenti più importanti, che ne stabiliscono l’ordine di importanza nell’ambito di una gerarchia storico/artistica, diviene irriconoscibile ma, contemporaneamente, pronta a ripensare se stessa fino in fondo. La cartolina-feticcio ha questa volta come centro d’attenzione gli edifici ‘secondari’ della città.
Per altri, invece, la periferia aretina evoca altre periferie esistenti in altri luoghi: è il progetto Ucraina, in cui l’omonima scritta viene proiettata sui dolci colli toscani antistanti Villa Severi, sede del workshop: ennesima versione della famosa scritta presente sulle colline di Hollywood e della sua versione cattelaniana in Sicilia, questa volta però rovesciando il paradigma di un sogno di là da venire.
Un progetto che “riflette” sulle medesime geografie mediatiche è Sono un’artista italiana, realizzato mediante l’applicazione di etichette con la scritta “Sono un’artista italiana e sono molto felice di vivere a Berlino. A Berlino attualmente abito vicino ad una chiesa” su piatti e bicchieri di plastica utilizzati per il buffet. L’inaugurazione è così divenuta uno strumento attraverso il quale poter condividere con gli intervenuti la scelta di un’artista toscana che ha deciso di trasferirsi a Berlino.
Segna l’etica stradale è il progetto per un’istallazione urbana in cui, in prossimità di una curva sulla striscia bianca esterna della carreggiata, viene posta la scritta “Vivi al limite”. Un intervento che ha un significato positivo, se lo si guarda dalla parte interna della striscia stradale, ma anche potenzialmente negativo. Le norme sociali di una comunità sono nello stesso tempo un mezzo di stabilità e integrazione sociale ma anche di controllo.
Scream, è stata invece una performance appositamente realizzata per l’inaugurazione,  pensata per generare reazioni inaspettate nel pubblico. Le persone sono state investite dalla forza d’urto di singole parole come “Distraction, Odio, Colori, Amore e Multiculturalità” gridate da una delle artiste partecipanti.