Considerando il quadro di norme e valori di una società come un punto di equilibrio tra istanze talvolta divergenti, è facile comprendere come per alcuni tali norme possano essere percepite come una limitazione alla propria libertà . E’ proprio da questa constatazione che è nato il progetto Border Rescue (2004) di Social Impact. Il collettivo artistico austriaco di Linz ha percorso e mappato durante giorni di cammino il confine austriaco-ceco per tracciare i percorsi per l’immigrazione sicura in Europa. Il confine quindi come alveo protettivo da un punto di vista ma, se visto dall’altra parte, anche come limitazione. Ed è proprio ponendosi dal punto di vista dell’altro che Social Impact ha descritto i confini dell’Europa per renderli valicabili in maniera sicura senza rischiare la vita in passaggi avventurosi oppure remunerando organizzazioni criminali. Da questa ricerca è nata la pubblicazione di una guida e la sua omologa versione online scaricabile gratuitamente. La guida contiene le cartine del confine con sopra segnati i passaggi con la descrizione dei punti di riferimento da seguire per orientarsi lungo il percorso. E45 /// on the Situation of the Sex Workers Along the E55, 2005 è un altro dei principali progetti di Social Impact con cui, a partire da un’emergenza sociale, il gruppo cerca soluzioni innovative. Il progetto dopo una fase di indagine sui bisogni emergenti delle prostitute che lavorano lungo la E55, l’autostrada che attraversa l’Europa centrale, ha progettato, realizzato e distribuito una guida grazie alla quale le prostitute possano lavorare in sicurezza. La guida contiene indicazioni riguardanti la lingua, perché spesso si incontrano clienti tedeschi con prostitute provenienti dalla Repubblica Ceca, e tecniche di approccio messe a punto da psicologi criminali per relazionarsi con il cliente cercando di evitare difficoltà e pericoli.
Con il medesimo approccio, ricco di analisi sociale e di capacità di intervento territoriale, è stato realizzato il workshop di Social Impact nella città di Livorno con i giovani artisti di Networking 2007.
Il workshop ha preso avvio da una ricognizione diretta della città seguita successivamente da un riflessione collettiva. Le molte idee proposte, continuamente trascritte e discusse, hanno trovato tre linee di analisi principali su cui poi si sono strutturati differenti progetti: l’idea di confine come processo continuo di definizione del sé, la cultura rom, il consumo come potenziale momento di livellamento delle differenze etniche.
Individuati gli ambiti di intervento, la parte principale del workshop è stata dedicata alla definizione dei progetti da realizzare. Le idee su cui lavorare proposte dai partecipanti sono state sottoposte a un processo di analisi attraverso una serie di interrogativi che Social Impact pone sotto l’idea di “responsibility”. Questa serie di domande riguardano l’obiettivo del progetto, da chi a chi viene proposto, la ricerca e le competenze necessarie per realizzarla, gli amici e gli oppositori alla sua realizzazione, le ostruzioni, l’audience allargato, i partecipanti coinvolti e le forme di comunicazione, i benefici auspicati per gli attori coinvolti e i cambiamenti aspettati in termini di comportamenti sociali e di empowerment non-gerarchico e democratico. La complessità di analisi attraverso cui l’idea iniziale viene passata al vaglio arricchisce il progetto rendendolo sempre più efficace ed efficiente rispetto ai propri obiettivi. E’ attraverso questo ordine del discorso che sono stati elaborati i progetti poi presentati durante l’opening finale. 110 RomA è il titolo di un magazine riguardante la cultura rom. L’obiettivo è quello di far conoscere la cultura rom andando oltre gli stereotipi comuni. Il magazine, realizzato dagli stessi rom, contiene varie rubriche legate alla moda, al cibo, ai modi di vivere e alle leggende metropolitane che riguardano il popolo rom. 110 è il numero dei rom che vivono a Livorno, un numero quanto mai esiguo rispetto al tanto clamore che spesso la loro presenza suscita. Sulla copertina del numero zero della rivista c’è l’immagine di Santa Sara, la santa dei rom.
Un progetto parallelo a 110 RomA ha sperimentato la possibilità di realizzare una serie di interviste a persone rom chiedendo loro quali domande volessero porre agli italiani e viceversa chiedendo agli italiani quali domande volessero fare ai rom. Le domande montate in un video una dietro l’altra e presentate poi in una piazza della città hanno creato una piattaforma di discussione pubblica in cui ogni passante era chiamato a dare risposta in prima persona. C’è uno spazio di comunicazione oltre le reciproche rappresentazioni che differenti gruppi sociali possono dare dell’altro? Com’è possibile creare e percorrere tale spazio di relazione in maniera non-autoritaria?
Il progetto La nascita di un regno riguarda la tendenza a costruire steccati intorno a sé per separasi dal resto e riuscire a definire un io contrapposto ad un altro. Il semplice gesto di scavarsi un fossato intorno ai propri piedi rappresenta e chiarifica in maniera ironica questa modalità di azione.
Good advice invece si concentra sul consumo di beni e le dinamiche sociali connesse come punto di osservazione che potenzialmente sospende le differenze etniche o di provenienza. Il progetto era nato dall’idea di indagare le differenze negli stili di consumo da nativi e migranti nella città di Livorno. Dopo le prime interviste all’uscita del supermercato è apparso chiaro come la larghissima parte degli utenti, non importa di quale nazionalità fossero, cercava i medesimi beni da acquistare con simili standard qualitativi. Cosa succederebbe se venisse pubblicata una guida ai migliori acquisti tra i negozi e i supermarket livornesi seguendo le indicazioni date dai migranti?