Le vicende legate alla nascita e all’attività del Sistema Museale Umbro sono state oggetto, negli ultimi quindici anni, di numerosi studi che hanno documentato le varie fasi del progetto e, in alcuni casi, hanno tentato una interpretazione delle informazioni raccolte. Infatti, il Sistema Museale dell’Umbria è il primo caso sul nostro territorio di istituzione di questa forma di collaborazione tra musei, di cui sono stati spesso sottolineati il successo, la dinamicità e la capacità di ideare e proporre iniziative sempre nuove.
Sono però spesso sfuggite alle analisi dei vari studiosi le motivazioni che hanno portato alla nascita e allo sviluppo del sistema fino alla sua attuazione, l’impegno su vari fronti ”“ dalla formazione al coinvolgimento degli operatori, alla individuazione di un percorso di leggi e atti a supporto dell’operazione ”“ e il ruolo, determinante, svolto dalla Regione Umbria in tal senso.
Il lungo percorso che ha consentito la nascita del Sistema Museale Umbro ha preso avvio nel 1972 con il trasferimento dei musei locali dell’Umbria dalla competenza amministrativa dello Stato a quella della Regione dell’Umbria. Le condizioni in cui versavano i musei locali erano peggiori di quanto si potesse immaginare: molte opere d’arte si trovavano accatastate nei depositi, in pessime condizioni di conservazione, prive di catalogazione e spesso anche di inventari, le stesse sedi dei musei apparivano fatiscenti ed in alcuni casi perfino pericolanti. Fu compito della Regione provvedere alla ristrutturazione degli edifici, al recupero delle opere, al loro restauro ove necessario, alla loro catalogazione. Nel 1990 venne approvata la legge regionale n. 35 che disciplina la nascita e la creazione del “Sistema Museale Umbro”, individuando gli interventi necessari al ripristino di molti musei e le principali attività di cui il sistema deve farsi carico. Si ritenne necessario provvedere, in prima istanza, ad un censimento dei musei locali i quali potevano accedere al Sistema soltanto se rispettosi degli standard scientifici e gestionali previsti. Tuttavia, questa operazione rappresentò soltanto il primo passo in direzione dello sviluppo di una politica culturale di efficacia globale che ha come fine ultimo la conservazione del patrimonio culturale nei luoghi in cui ha avuto origine ed è rivolta tanto all’istituzione museale quanto al territorio circostante. Infatti, nel 2003 la Regione ha approvato una legge che ha abrogato la precedente del 1990 e che consente aperture non irrilevanti nei confronti di una visione complessiva del patrimonio culturale. Già nel suo oggetto, tale norma lascia intravedere le sue finalità , cioè, da un lato una nuova regolamentazione del Sistema museale regionale, dall’altro la salvaguardia e valorizzazione dei beni culturali connessi. Cioè, ci si sta muovendo in una direzione che sembra accomunare, negli ultimi anni, le intenzioni di alcune regioni italiane che hanno scelto di valorizzare le relazioni tra i beni culturali mettendo in luce il sottile continuum che li unisce.
La presenza, sul territorio, di numerosi musei locali ma anche di monumenti, di chiese, di palazzi pubblici o privati per i quali la contiguità geografica o storica o più ampiamente culturale ha svolto un ruolo determinante non può più essere considerata in modo riduttivo, semplicemente segnalandone la presenza o sottolineandone il valore ma, al contrario, deve divenire il nodo centrale per la valorizzazione complessiva dell’intero patrimonio culturale. Quindi, il sistema museale si apre all’ingresso di tutti i beni culturali del territorio in una prospettiva di integrazione e di valorizzazione reciproca che potrà finalmente restituire una visione unitaria del patrimonio regionale, mettendone in luce il carattere di continuità storica e culturale.

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