Non è un mistero che oggi l’arte contemporanea è di gran moda, tanto di moda che numerosi sono gli amministratori locali che pensano sia sufficiente infilare qualche strano oggetto in un atrio per dimostrare la propria modernità . Contemporaneamente, ma sul versante opposto, vige tra gli addetti ai lavori la tacita convinzione che le proposte di qualità passino necessariamente attraverso quei pochi luoghi nati con la specifica vocazione di indagare la creazione artistica contemporanea.
In Italia l’arte contemporanea conta ancora troppo poco, sposta ancora troppi pochi soldi perché questa sensazione sia palpabile, ma all’estero, dove la situazione è in alcuni casi differente, la si sente nell’aria. Così a Parigi, indiscussa capitale dell’arte, sembra che le buone pratiche legate al contemporaneo non possano che arrivare dal Centre Pompidou o dal Palais de Tokyo e s’ignorano o quasi altri progetti che, proprio perché provenienti da mondi “altri” rispetto a quello in parte incomprensibile dell’arte contemporanea, possono invece avere maggiore autenticità e magari rischiare qualcosa in più in termini di coinvolgimento del pubblico. Prova ne sia l’ultima esposizione del Petit Palais. Spesso snobbato dal turista in quanto surclassato per fama dai più celebri musei nazionali del Louvre e d’Orsay, il Petit Palais ha sede sugli Champs-Elysées e raccoglie antichità e arte europea dal Medioevo all’inizio del Novecento. Il 6 ottobre scorso, in concomitanza con Nuit Blanche, ha inaugurato la mostra Intrusions au Petit Palais. Il titolo ha colto perfettamente lo spirito dell’esposizione: si è trattato infatti di una vera e propria “intromissione” di opere contemporanee all’interno dell’allestimento della collezione permanente. L’occhio del visitatore di dipinti ottocenteschi ha vissuto così di reale sorpresa nel trovare, tra un Courbet e un Delacroix, il panorama di un’isola ghiacciata di un mare del nord, o a fianco di una scultura di donna mollemente adagiata un elefantino di legno che si accinge a salire su un rullo. L’appassionato d’arte contemporanea si è mosso invece divertito, alla ricerca dell’ennesima intrusione, che poteva celarsi in una vetrina del bookshop così come in mezzo ai vasi greci. Collocate all’interno del contesto di un museo di belle arti, queste opere di giovani artisti hanno goduto quindi di un duplice valore aggiunto: da un lato si sono offerte alla vista di un pubblico verosimilmente neofita rispetto all’arte contemporanea e dall’altro hanno acquistato nuove chiavi di lettura, proprio grazie al confronto con opere del passato. Se l’idea di accostare antico e contemporaneo non è invenzione del Petit Palais (si veda l’esperienza ormai triennale delle mostre denominate Contrepoints del Louvre), l’esperienza di Intrusions è stata comunque decisamente innovativa. Per quel che riguarda la fruizione, è apparso finalmente concreto l’obiettivo di portare il visitatore “verso” l’arte contemporanea, obiettivo puntualmente espresso dai curatori e altrettanto puntualmente non raggiunto. Gli strumenti adottati sono stati semplici ma efficaci. Tanto per cominciare la mostra è stata gratuita e, sempre gratuitamente, si potevano ricevere la brochure dell’esposizione, fare visite guidate e scaricare i podcast di tre possibili percorsi di visita. Non male per un museo di belle arti. Inoltre, tutte le opere in mostra appartengono allo Fmac, Fondo municipale d’arte contemporanea, che raccoglie lavori di artisti che vivono nella capitale. Un modo quindi, queste “intrusioni”, per portare l’arte contemporanea a vasti pubblici e allo stesso tempo per far conoscere gli artisti del proprio territorio. I risultati, anche in termini quantitativi, non hanno esitato ad arrivare: la mostra è stata prolungata di un mese, con un pubblico che ha raggiunto quasi le 80.000 presenze.

www.petitpalais.paris.fr